Una domanda da 30 e lode

Università, esame di psicologia clinica, ultima domanda del professore: “Quale amore non è amore?”. Quesito fuori registro. Inaspettato. Spiazzante come tutte le domande che toccano la vita vera. La risposta? Non può essere di circostanza. E allora si fanno i conti con la verità della relazione di libertà tra sé e l’altro da sé. Un cammino di bellezza. Che non taglia via nulla     


28 marzo 2025
Amore e non amore
di Lorenzo Buggio

Copyright William Albert Allard

Vi invito a fare un salto indietro nel tempo, tornando ai giorni in cui ero uno studente universitario, iscritto alla laurea triennale. Nonostante non siano passati decenni, qualche anno è trascorso, ma quel ricordo è ancora vivido nella mia memoria.
Parlo dell’esame di psicologia clinica, uno dei momenti più impegnativi e significativi del mio percorso. Il giorno dell’esame ci trovammo in un’aula enorme, con quattro tavoli disposti ai lati. Ogni tavolo era presieduto da un docente o da un assistente, pronti a interrogare gli studenti chiamandoli uno alla volta.
Quando arrivò il mio turno, la prima domanda fu semplice e risposi con sicurezza. La seconda, più complessa, mi vide comunque riuscire a spiegare ciò che sapevo. Poi arrivò la terza domanda. Il professore mi guardò con un sorriso appena accennato e disse: “Voglio farle una domanda particolare. Se accetta e risponde correttamente, può puntare al 30 e forse alla lode. Se sbaglia, concluderemo l’esame con un voto più basso. È d’accordo?” Accettai, convinto che mi sarebbe stata posta una domanda tecnica, magari su una diagnosi complessa o una teoria clinica avanzata. Invece, il professore mi spiazzò con una domanda inaspettata: “Quale amore non è amore?

Copyright W. A. Allard

“Vedere la perfezione nell’imperfezione stessa”

Fermiamoci un attimo su questa domanda. Non voglio rispondere subito, ma lasciarla sospesa per qualche momento, come una nota che ci spinge a riflettere.
Il primo punto che voglio sottolineare è che, per definire cosa non è amore, dobbiamo prima capire cosa sia veramente l’amore. Mi piace partire da una frase del filosofo sloveno Slavoj Žižek, che in un’intervista afferma: “Every true lover knows that if you really love a woman or a man that you don’t idealize him or her. Love means that you accept a person with all of his failures, stupidities, ugly points and nonetheless the person is absolute for you. Everything like that makes life worth living, when you see perfection in imperfection itself (…)”. Traduzione: “Ogni vero amante sa che, se ami davvero una donna o un uomo, non lo idealizzi. Amare significa accettare una persona con tutti i suoi fallimenti, le sue stupidità, i suoi lati sgradevoli e, nonostante tutto, considerarla assoluta per te. È proprio questo che rende la vita degna di essere vissuta: vedere la perfezione nell’imperfezione stessa“.
Perché partire da questa frase? Perché riassume perfettamente un concetto che, nella società moderna, sembra essere stato dimenticato: il vero amore non è l’amore per un ideale, ma l’accettazione del reale dell’altro. Sempre di più la nostra società ci spinge a creare idoli, modelli perfetti a cui aspirare, cercando di eliminare la vera persona che si ha di fronte. Se qualcuno dovesse dirmi: “Per me sei tutto”, il mio primo istinto sarebbe quello di scappare. L’amore, infatti, non può essere totalizzante, non può annullare la soggettività dell’altro. Quando questo accade, ci troviamo di fronte a una forma d’amore distorta, come quella fatta di dipendenza, ossessione o controllo. E qui ci muoviamo già verso una prima risposta al quesito: se amare significa riconoscere l’altro per ciò che è, il contrario dell’amore è la negazione dell’altro. Per trovare degli esempi di questo fenomeno, ci basta pensare ai numerosi casi di femminicidio o agli amori tossici che soffocano le persone, uccidendole invece di farle crescere. Rispetto a ciò, già Dante, nella Divina Commedia, condanna infatti Paolo e Francesca non tanto perché il loro era un amore adultero, quanto perché il loro amore non li ha condotti a costruire qualcosa, ma invece a perdersi nella perdizione priva di crescita e costruzione. E quando si può iniziare a costruire qualcosa?
Secondo Wilfred Bion, importante psicoanalista del secolo scorso, l’uomo ricerca qualcosa — più precisamente la conoscenza — quando si rende consapevole della propria mancanza. Se però non percepiamo una mancanza, non cercheremo mai nulla per colmarla. Questo punto, se declinato nelle relazioni, ci porta a vedere l’altro come un semplice oggetto di soddisfazione dei nostri bisogni, che, nel momento in cui perde tale funzione, può essere distrutto o buttato via, come una gomma da masticare che perde il suo sapore.

Copyright W. A. Allard

Chiedere aiuto

Giunti a questo punto, posso finalmente svelare la risposta alla domanda del professore: Quale amore non è amore? La risposta è: l’amore che uccide.
Non dobbiamo pensare solo all’amore violento nel senso più letterale del termine. L’amore che uccide è anche quello che non nutre, che distrugge invece di far crescere, che annulla l’identità dell’altro. Non è un caso, penso, che il mio inconscio abbia riportato a galla questo ricordo proprio durante la settimana (dall’8 al 15 marzo) dedicata alla prevenzione dei disturbi alimentari.
Molte persone che lottano contro questi disturbi, dalla mia esperienza, esprimono una richiesta profonda a chi sta loro intorno: quella di essere viste per quello che veramente sono, al di là di qualsiasi performance, apparenza o capacità. Chiedono dunque di essere amate da un amore autentico, che non richieda di sacrificarsi per essere accettate. Concludo lasciando uno spunto di riflessione, lo stesso che il mio professore mi diede firmando il mio voto: “Ricordi: quando un amore diventa così intenso e soffocante da impedirle di seguire realmente il suo desiderio, potrebbe essere il momento di chiedere aiuto“. E forse, in questa frase, c’era la vera risposta alla sua domanda.