Tutto chiede salvezza in questo mondo scoppiato

Il distopico attrae.
È un genere che funziona.

Il tema della sopravvivenza nella condizione della catastrofe, del deserto che è in noi e fuori di noi, porta alla questione di fondo: come ci si può salvare dall’approssimarsi di uno stato di cose futuro altamente negativo? Nella propria esperienza di esodo quotidiano conviene familiarizzare con la domanda di salvezza. Che genera amicizia, confidenza, luoghi familiari. Vale la pena incominciare a vivere la condizione del salvato in qualsiasi situazione. Come suggerisce lo scrittore Daniele Mencarelli.


4 novembre 2022

La catastrofe. Pare venga giù tutto. Virus, guerre, intemperanze nel mondo e del mondo. Crisi chiama complessità. E complessità chiama crisi.

La letteratura e il cinema del distopico si sono portati avanti col lavoro. Un lavoro sporco, qualcuno deve pur farlo per anticipare quel che verrà.  Tuttavia, questo 2022 che corre verso il suo termine sembra il contenuto di uno di quei libri, di quelle serie televisive, di quelle pellicole che conducono l’umanità sul limitare del precipizio. Adrenalina come se piovesse, pioggia acida naturalmente. Terra desolata senza Eliot. È la sceneggiatura che si è fatta realtà o la realtà che si è fatta sceneggiatura?

Non tutto è demoni

Il distopico è un genere che fa presa; attrae perché in esso vi è solo la previsione, la descrizione, la rappresentazione di uno stato di cose futuro altamente negativo come descrive la Treccani? Attrae perché ci si specchia in quella negatività di cui l’uomo è vittima e carnefice al tempo stesso? O c’è dell’altro?

Magari la condizione di essere sopravvissuti alla catastrofe (l’avvio di un esodo nel deserto) fa emergere il desiderio elementare, messo troppo in disparte, di una vita da spendere con balbettante soddisfazione e giudizio; una spesa nuova dove si cammina (l’esodo non è esperienza una tantum) iniziando a comprendere che il vivere ha a che fare con l’interrogativo della salvezza. Che il sopravvissuto è un salvato. Sorprendentemente un salvato. Nella carne e nell’anima. Così si continua ad essere umani.

Il proprio esodo può avvenire in qualsiasi condizione. Nella più estrema come nella più banale. Al riguardo il filosofo francese Fabrice Hadjadj (lo incontreremo al Centro Culturale di Milano il 21 novembre) – arrivato al cattolicesimo dopo un tragitto nei territori del maoismo – ha ricordato una famosa espressione dell’intellettuale tedesco Theodor Adorno fondatore della Scuola di Francoforte: come è possibile scrivere poesie dopo Auschwitz. E gli rispondeva indirettamente, senza presunzione che «ho l’audacia di pensare che se ne possano scrivere prima, dopo e anche durante». Così è.

Nei campi di concentramento come nei gulag. Nei luoghi del “precipitato”, della catastrofe di un indicibile che va detto, segnali di vita, pulviscoli di salvezza.

Non tutto è demoni, anche se i demoni sanno giocare con una certa maestria la loro partita come il poeta Baudelaire esprime ne “I Fiori del male”.

Nel TSO la vita non si ferma

Si diceva che il proprio esodo può avvenire in qualsiasi condizione.

Daniele Mencarelli, scrittore, ha vissuto la condizione del Trattamento Sanitario Obbligatorio nel 1994 per un’esplosione di rabbia. Il TSO potrebbe essere il posto della catastrofe. Ha raccontato quella esperienza lunga sette giorni nel libro “Tutto chiede salvezza” (Mondadori) e ora in una serie televisiva in onda sulla piattaforma Netflix.

Quel luogo è inospitale. Quella stanza un inferno di volti e letti sfatti.

Come sopravvivervi? Lui e i compagni di stanza sono sul punto del precipizio. Il futuro promette solo l’assenza di speranza. Altro che salvezza. Ma gli uomini malati ci sono. In quella stanza obbligatoria la vita non si ferma. Arranca, ma si muove. Quegli uomini scompaginati rendono quell’inferno un luogo. L’inospitale diventa lentissimamente ospitale. Un luogo, ecco. Generato da un’amicizia che affiora nei modi di cui l’uomo è ancora sorprendentemente capace.

È l’amicizia che fa di un luogo un luogo di amicizia. Mencarelli non pettina il pelo per il verso del pelo. La realtà dei minuti è dura, drammatica, spesso asfissiante; condizione di sopravvissuti dentro la catastrofe di un presente desertificato.

L’ha vissuta lui così, l’ha poi raccontata così. Ma quella parola, vera, che abbraccia l’ha esplicitata nel titolo: “Tutto chiede salvezza”. Nella condizione del Trattamento Sanitario Obbligatorio, roba da matti insomma, la salvezza non è solo fuori dall’edificio. È in quella stanza, nella corsia, nei cuori del personale sanitario malato anch’esso. Mencarelli spera che il Dio della salvezza sia in quel luogo divenuto centro affettivo, amicale, confidenziale. Una roba da amici. Una roba da matti. Una roba salvata sul limitare del precipizio.

Non è ancora venuto il momento della resa alla catastrofe. Tutto chiede salvezza in questo presente che mette paura. In questo mondo scoppiato. Con l’uomo che non è finito. Qui, nel distopico, ovunque.    


Fotografie
1 – © Diego Loffredo, Napoli 2022 – https://www.istagram.com/diegoloffredo74
2 – Dalla serie Tv Netflix Tutto chiede salvezza
3 – Dalla serie Tv Netflix Tutto chiede salvezza
4 – © Diego Loffredo, Napoli 2022
5 – © Diego Loffredo, attore e suonatori, Napoli 2022