Trauma e speranza: dal Meeting di Brno un messaggio che cammina

Non chiudere gli occhi davanti alla terribilità della guerra nel cuore dell’Europa orientale come davanti alla tragedia in Terra Santa dopo l’infamia del 7 ottobre 2023. L’edizione 2024 dell’ormai storico appuntamento di incontri, spettacoli, conversazioni nel capoluogo storico della regione della Moravia, ha testimoniato con forza il bisogno umano di continuare a seminare seppur su territori minati e sconnessi. Una sfida affascinante, difficile, urgente alla tentazione di rassegnarsi. Un racconto, in presa diretta, di chi ha vissuto l’esperienza di giornate traumatiche e speranzose.


19 luglio 2024
Ricomposizione e pacificazione
di Walter Ottolenghi

Meeting Brno 2024 La marcia della riconciliazione verso Brno

A metà strada tra il Baltico e il Mediterraneo e tra Mosca e la Costa Atlantica le terre céche sono da secoli il luogo dove le tensioni che percorrono l’Europa dai quattro punti cardinali scatenano le loro conseguenze. Come se vi trovassero un magnetismo che attrae a sé quanto vi gira intorno in una spirale che parte dai lembi estremi del continente e trascina tutto ciò con cui viene in contatto nel suo cammino verso il centro. Spesso si è trattato di eserciti agguerriti, di ideologie divisive. A volte, però, anche di messaggi che portavano luce di conoscenza e di bellezza. Così, accanto alle macerie e al sangue versato, tra distruzioni materiali e morali, trovava spazio anche la capacità di una raffinata sintesi culturale i cui segni sono stati chiaramente leggibili nel tempo e sono presenti ancora oggi. Spesso frettolosamente assimilati   da una superficiale lettura in una generica koinè centroeuropea, che pure esiste ma che qui trova il suo significativo fulcro.
Questo per sottolineare quanto significativo sia parlare e riflettere di trauma e speranza in questi luoghi dove l’Europa ha più volte saputo dare il peggio ma anche il meglio di sé. Dove questo tipo di conversazione svolge un ruolo cruciale di ricomposizione e pacificazione dei ricordi ancora vivi, oltre che incistati da secoli nella memoria collettiva nazionale, di orrori vissuti, di torti fatti e subiti, di libertà negata. Ma anche di una dignità consapevolmente conservata e difesa, nonostante tutto, e di un’aspirazione ad elevarsi al di sopra della melma dei momenti bui della storia.

Un format che riconcilia

Da qui, del resto, è partita l’evangelizzazione del mondo slavo, quando nel IX secolo i santi Cirillo e Metodio vennero accolti dal sovrano della Grande Moravia per portare l’annuncio cristiano ai popoli slavi valorizzando la loro originalità linguistica. Già questo primo innesto di respiro europeo non mancò di provocare l’ostilità del confinante impero carolingio, che aveva mire di espansionismo culturale tramite il clero germanico come premessa di una successiva assimilazione politica. Si può dire che da allora in poi non vi è stato grande conflitto europeo di natura territoriale, religiosa o ideologica che non abbia coinvolto questi territori, con l’eccezione a occidente dei confronti che hanno riguardato l’Inghilterra e a oriente di quelli riguardanti l’impero turco. Buone ultime, naturalmente, l’occupazione da parte della Germania nazista tra il 1938 e il 1945 e il regime comunista instaurato nel 1948 con un colpo di stato “protetto” dalle truppe sovietiche stanziate nel paese in seguito agli accordi di Yalta tra le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale.
La scoperta di atrocità contro la popolazione civile di lingua tedesca, composta ormai esclusivamente da donne, anziani e bambini, commesse nella propria città, come in altre parti del Paese, alla fine del conflitto e tenute nascoste per oltre cinquant’anni dal regime filosovietico è all’origine delle iniziative di riconciliazione pubblica dalle quali è poi nato il Meeting internazionale di Brno, dopo l’incontro dei suoi animatori col “format” del Meeting di Rimini.
La riconquista della libertà e della democrazia dopo il crollo del comunismo non poteva infatti essere un processo compiuto senza la riconquista della verità, anche se questa aveva l’amaro sapore di una vergona nazionale, e di gesti concreti di pace, aldilà dei protocolli diplomatici.

l’arrivo a Brno della marcia della riconciliazione

La “Marcia della riconciliazione”

L’episodio della “Marcia della morte”, come è stato chiamato l’esodo forzato verso la frontiera austriaca di migliaia di persone fragili e malnutrite, a piedi e in pieno inverno, che ha causato migliaia di morti sepolti in fosse comuni poi occultate, ha potuto essere indagato solo dopo il ritorno della libertà e della democrazia. Si è così arrivati alla ricerca in territorio tedesco e austriaco dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime, proponendo un gesto comune di riconciliazione e la riscoperta di una possibilità di fratellanza e speranza condivise.  Come segno tangibile di questa volontà si è deciso di ripercorrere insieme, ogni anno, l’itinerario della marcia in senso contrario, per 32 chilometri dal campo delle fosse comuni al centro della città di Brno. La “Marcia della riconciliazione” si svolge ininterrottamente a partire dal 2015, coinvolgendo anche le autorità politiche e amministrative dei tre Paesi, che oltre a patrocinare l’iniziativa assicurano la loro partecipazione personale, marciando e prendendo la parola al termine del percorso nei giardini della grande abbazia agostiniana dove quasi due secoli fa padre Gregor Mendel poneva le basi della moderna genetica. Il gesto trova poi la sua conclusione nella partecipazione alla Messa bilingue (quest’anno trilingue, con l’aggiunta dell’italiano per motivi che si diranno) celebrata nella cattedrale dei SS. Pietro e Paolo dal vescovo di Brno, attualmente Pavel Konzbul.
Attorno a questo evento si è sviluppata una volontà di riflessione più ampia non solo sui fili che legano il passato al presente, ma anche sulle dinamiche e le sfide proprie del tempo presente stesso, le sue complessità e pure la sua bellezza. Con allargamento a contributi sempre più internazionali. Nasceva così il Meeting di Brno, giunto alla sua nona edizione, che per una decina di giorni all’inizio dell’estate coinvolge la città con una serie di eventi: dibattiti, mostre, musica e spettacoli, workshop, visite guidate e marce, con la partecipazione di personalità della cultura, della politica e delle chiese e, naturalmente, di tanti giovani e di un variegato pubblico appassionato ed attento.
Il tema del trauma e della speranza scelto quest’anno ha trovato spunto dall’attualità del pogrom del 7 ottobre del 2023 in Israele e della successiva tragedia di Gaza, ma il discorso si allarga a un panorama generale del mondo contemporaneo dove traumi collettivi e traumi personali si intrecciano in un viluppo che può apparire inestricabile. Del resto la guerra in Ucraina è a poche centinaia di chilometri e risveglia anche qui fantasmi di passate invasioni, il ricordo traumatico più vicino di generazioni ancora viventi. Cioè il ’68, la ferita di una speranza schiacciata da un esercito che parlava russo.

David Macek presenta Walter Ottolenghi della Redazione del Centro Culturale di Milano e di .CON al Meeting di Brno

Lo scopo della storia

A Brno il Meeting di quest’anno si è posto l’obiettivo di non cedere alla tentazione di sottrarsi alla fatica di guardare il trauma in faccia, per quello che è. Viviamo tutti, a qualsiasi latitudine e longitudine della nostra Europa, quella dei 27 e degli altri due o tre di fatto integrati nel club, la partecipazione a una sorta di esorcismo collettivo che nella ritualità dell’indignazione e della presa di distanza verbale o anche delle manifestazioni di piazza più o meno violente sancisca la nostra purificazione da mali che “devono” appartenere a una realtà aliena, dai quali salvarsi marcando le distanze e le differenze. Peccato che non solo la geografia ci ponga al centro fisico dei maggiori driver di avanzata del male, ma la nostra stessa storia è portatrice della sua traccia, non sappiamo bene quanto profondamente interrata e quanto efficacemente tenuta a bada.
Nella presentazione del programma 2024 troviamo scritto: “Il passato con cui non ci confrontiamo distorce il presente”.  “Se lasciamo il male, la colpa morale, nel passato, possiamo essere certi che ci prenderà più tardi (Benedetto XVI)”. “Il passato non è mai chiuso e finito una volta per tutte. Vi ritorniamo, cioè, portando il suo significato al futuro attraverso noi stessi… Lo scopo della storia non è dato una volta per tutte, viene sempre creato di nuovo. Il nostro compito è prendere parte alla sua creazione e quindi anche assumercene la responsabilità (Zbyněk Hejda, Tabu’ nella storiografia ceca)”. “Vogliamo essere parte della creazione di questo senso della storia”.
E proprio da questa creazione del senso, nelle parole sentite e negli eventi vissuti nelle giornate di Brno, scaturiscono il seme e il volto della speranza.  Ci può e, a volte, ci deve essere un percorso di metabolizzazione del trauma, un cammino terapeutico che guarisce il trauma personale e un cammino di coscienza collettiva per superare i traumi storici, di cui purtroppo non tutti sono sempre capaci.
Ci può però anche essere una speranza, una forza pacificante, che è già presente nel momento in cui si vive l’esperienza del trauma. Ed è quando la scoperta, la consapevolezza del significato fanno già parte di quell’esperienza. «E ‘n la sua volontade è nostra pace: ell’è quel mare al qual tutto si move ciò ch’ella cria o che natura face» (Dante, Paradiso, III).
La potente testimonianza del messaggio video del Cardinale Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, proiettato nel duomo di Brno al termine della Messa di riconciliazione, non ha nascosto o minimizzato le difficoltà e le complessità di un cammino di pace in Israele e nei territori circostanti. Pure la luce della pace non manca: “A Gaza ho incontrato una comunità (cristiana) serena. Non ho sentito nessuna parola di odio o di risentimento”. “La speranza viene dalle persone, dagli incontri…. Persone che hanno la coscienza che l’altro è parte di sé…”. Là dove il trauma è più tragicamente e fisicamente presente la speranza vive e brilla ed è questo l’annuncio che cura e salva ed è una primizia della pace. Il link per questa importante testimonianza, in italiano, è il seguente:     
Poutníci k naději / Pellegrini di speranza (youtube.com)
oppure https://www.youtube.com/watch?v=-56_FD8uGRo&t=16s

don Francesco Ricci con Josef Zverina

Havel, Tischner e noi

Non poteva poi mancare la presentazione della seconda edizione del libro “Quando c’era la cortina di ferro” (a cura di Walter Ottolenghi e Franco Realini, edizioni Biblion, 2024), testimonianza collettiva di riscoperta comune della speranza tra le due Europe a partire dagli anni ’60 del ‘900 nei Paesi dominati da regimi comunisti. Dove l’oscurità del trauma era vinta dall’incontro tra nuovi amici accomunati dalla consapevolezza di vivere già, insieme, un’esperienza di liberazione dal male capace di aprire prospettive nuove e imprevedibili, non pianificate dagli ingegneri sociali di tristi e fallimentari ideologie. Proprio in terra céca Václav Havel aveva prospettato la potenza di una rivoluzione esistenziale fondata sulla forza della speranza e della dignità, mentre nella vicina Polonia Jozef Tischner illuminava il pensiero con l’energia etica della Solidarietà, bella, umana e invincibile. È stata, naturalmente, una grande emozione parlare di queste esperienze davanti a una generazione erede ideale di quella stagione e ritrovare la stessa immediata sintonia e comunione. Come essere trasportati in una dimensione fuori dal tempo fisico, proprio in quel mare al qual tutto si move ciò ch’ella cria o che natura face.
La nuova edizione contiene, tra l’altro, la lettera scritta recentemente dal movimento polacco Luce e Vita a CL in occasione del 50° anniversario del primo incontro (1973) tra don Giussani e padre Blachnicki. L’incontro tra i due movimenti fu molto ricco per entrambi e li accompagnò nella comune simpatia e amicizia con Karol Wojtyła, spesso ospite dei momenti di incontro. Un frutto di questa vicinanza fu l’organizzazione del primo Convegno dei Movimenti nella Chiesa, nel 1981 a Roma alla presenza dell’ormai Giovanni Paolo II. Nuova anche la testimonianza di alcuni episodi della preparazione del convegno e della vicinanza a Solidarność, così come una riflessione sul recente conferimento della Croce di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica di Polonia a don Francesco Ricci (alla memoria) “in riconoscimento dei suoi meriti eccezionali nel promuovere la cultura polacca e per la sua attività a favore della trasformazione democratica in Polonia”. Don Francesco, compagno e profeta, padre e fratello della nostra avventura ne rimane una pietra angolare. Rocco Buttiglione, che spero mi perdonerà la citazione “rubata”, alla Franciscan University di Steubenville ( Ohio) ha recentemente parlato di Ricci dicendo che era prete per vocazione e di mestiere faceva il contrabbandiere di idee e di speranza.
Percorrere i sentieri del contrabbando di idee e di speranza è l’avventura affascinante che accomuna tutti i piccoli e anonimi costruttori di pace. Forse i grandi e potenti costruiranno le loro autostrade, o forse no. I senza potere costruiscono continuamente i loro fatti, che intanto esistono e, anche se nessuno può sapere a cosa porteranno, bastano per farci alzare la testa a contemplar le stelle.
E l’italiano nella Messa? Un omaggio a una piccola ma significativa partecipazione italiana al Meeting, dove i più giovani e validi si sono anche cimentati nella marcia di 32 chilometri. Una vivace testimonianza è stata pubblicata sul sito clonline:
https://it.clonline.org/storie/mondo/2024/06/28/meeting-brno

Gli italiani al Meeting di Brno, con David Macek, Veronika Smyslová e Gabriela Tibenská