Ruggeri, papa Francesco e i bambini

L’infanzia calpestata è una verità terribile. Le guerre non risparmiano i più piccoli. Immagini tremende entrano nelle nostre case. Questo è un mondo che li bombarda. In tutti i modi. La responsabilità degli adulti è enorme. Ne ha parlato papa Francesco. Ce lo ricorda una nuova canzone di Enrico Ruggeri che ci invita a non dimenticare il tragico bombardamento di una scuola elementare nel quartiere di Gorla, a Milano, avvenuto il 20 ottobre 1944.  Ma già tutto è scritto nel Vangelo. E Gesù taglia corto indicando la strada da seguire. Altrimenti…


14 febbraio 2025
L’intelligenza del cuore
di Enzo Manes

20 ottobre 1944, quartiere di Gorla, Milano, a un soffio da Sesto San Giovanni. Quel giorno il cielo si fa cattivo, aerei degli Alleati buttano di sotto bombe su bombe. La scuola elementare “Francesco Crispi” viene centrata. È una strage, soprattutto una strage di bambini. Ne morirono 184, insieme a quei piccoli 14 insegnanti ed altre 6 persone. Lì c’è un monumento che ricorda quell’offesa e la terribilità della guerra. Anche se il ricordo, a onor del vero, è piuttosto sbiadito. 

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella presente a Gorla-Milano nell’80esimo anniversario

“Ma la notte li penso ancora vivi”

Nell’ultimo album del cantautore Enrico Ruggeri che si intitola “La caverna di Platone” vi è un brano che ricorda quella tragedia: “La bambina di Gorla”. Si tratta di una ballata, quasi una ninnananna. Le parole sono di una ipotetica scolaretta sopravvissuta al cielo brutto sopra Gorla che ha scaricato a terra una tempesta di fuoco. Ruggeri le fa dire così: «Ero solo una bambina, che era fuori dalla scuola e in mezzo a tante voci mi son ritrovata sola. I compagni mai più visti se non dentro a certi sogni, nei pensieri e nei disegni, coi colori che ora non ritrovo più. Ma la notte tutto mi ritorna in mente, quelle corse in senso opposto a quel correre di gente. Non ho visto Dio tra gli angeli ed il fumo. Dopo un attimo non c’era più nessuno”. E poi ancora: “Ero solo una bambina che era fuori dalla scuola, ma di tutto ciò che è stato non ho fatto mai parola. I compagni seppelliti nel racconto della storia, ne rimane la memoria un giorno all’anno, nel brusio della cittàMa la notte io li penso ancora vivi, son rimasti dei bambini negli archivi della mente».
Il cantautore milanese, con il riaccendere l’attenzione su quel fattaccio nella forma poetica che gli è propria e per una circostanza familiare che non può dimenticare (suo madre era maestra all’elementari Crispi e si salvò perché il 20 ottobre 1944 era libera dall’impegno scolastico) ricorda a ciascuno di noi che la guerra non guarda in faccia proprio a nessuno e tra le vittime civili i bambini non vengono di sicuro risparmiati. Quel che succede in Ucraina e in Terra Santa, in altre regioni del mondo, è uno sfregio quotidiano. Per tacere dell’insulto alla ragione provocato dall’utilizzo dei bambini soldato. E della vergogna per quelli inghiottiti in questi anni dal Mediterraneo.

Siria, bambina

«Ascoltiamoli!»

Troppo spesso i più piccoli non hanno scampo. Troppo di frequenta la loro vita viene interrotta (si può dire che l’aborto è la prima interruzione?) per progetti di morte. «È importante ascoltare: dobbiamo renderci conto che i bambini piccoli osservano, capiscono e ricordano. E con i loro sguardi e i loro silenzi ci parlano. Ascoltiamoli!». Così recentemente papa Francesco a conclusione del summit mondiale sui diritti dei bambini dove ha annunciato al riguardo la preparazione di un’Esortazione Apostolica. E ha aggiunto: «Padre Faltas (Ibrahim Faltas è un francescano egiziano, vicario della Custodia di Terra Santa, ndr) ha detto una parola, una frase che mi piace tanto: ‘I bambini ci guardano’. Anche è stato il titolo di un film famoso. I bambini ci guardano: ci guardano per vedere come noi andiamo avanti nella vita».
Il papa ha richiamato un film di Vittorio De Sica realizzato tra il 1942 e il 1943 ma uscito nelle sale nel 1944 per via delle vicende belliche. Quella pellicola rappresentò un punto di svolta; dal genere della commedia scacciapensieri si passava a una trama assai drammatica, un anticipo della lussureggiante stagione del neorealismo.
Con questa opera iniziava la collaborazione di De Sica con Cesare Zavattini. Nell’opera di De Sica c’è un bambino che guarda il dissolversi della sua famiglia. Il suo sguardo è un giudizio. Il suo sguardo è dolore. La grande scrittrice americana Flannery O’Connor evidenziava come «gli uomini diventano quello che vedono». Insomma, per seguire il ragionamento di O’Connor, che adulti saranno quelli che guardano cose così?

@Nino Migliori – Portatore

Ripresa di elementare umanità

La responsabilità dei genitori, dei “grandi” è enorme. Gravida di conseguenze laddove si offendono i bambini. Perché si possono bombardare in molti modi. Negli adulti le fantasie violente non difettano. Allora conviene proprio ricordare che i più piccoli fra noi ci guardano, ci puntano a loro modo gli occhi addosso. E quel che vedono, purtroppo, il più delle volte è sconfortante. E noi li guardiamo? E come li guardiamo? Al capitolo 18 del Vangelo di Matteo (versetti 2 – 6) Gesù chiama a sé un piccolo fanciullo. E, prima di tutto riferendosi ai discepoli, pronunciò queste parole: «In verità io vi dico: Se non cambiate e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete affatto nel regno dei cieli. Chi, pertanto, si abbasserà come questo piccolo fanciullo, è lui il maggiore nel regno dei cieli. E chiunque accoglie un bambino come questo nel nome mio, riceve me. Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare».
Scandalizzare, bombardare, violentare. Non ci può essere civiltà, spettacolo vero di vita, senza una ripresa di elementare umanità. Già: i bambini ci guardano…