“Quando salite sul tramvai…”. Grazie, don Giussani

Vent’anni fa la morte del sacerdote ambrosiano, fondatore di Comunione e Liberazione. Un uomo che ha comunicato un interesse senza pari per tutto, un amore a tutto, una voglia di incontrare tutti nell’incontrare ciascuno. Che ha presentato Gesù Cristo in tutta la sua novità. Pubblichiamo l’editoriale uscito in quei giorni su “Tramvai”, allora il periodico del Centro Culturale di Milano. E, come invito ad una lettura più approfondita e ricca di spunti per il presente che viviamo, offriamo di seguito un prezioso intervento che don Giussani fece al CMC col significativo titolo “Dal senso religioso a Cristo”


14 febbraio 2025
Editoriale

don Luigi Giussani

Eravamo ragazzi di diciannove, venti, ventun anni. Voi lo sapete bene quanto si può essere vecchi, già a quell’età. Già tutti proiettati verso la futura carriera, verso il futuro successo. Avere vent’anni, o cinquanta, o settanta che differenza fa, se i pensieri son sempre gli stessi?
Per non essere vecchi già a vent’anni bisogna che succeda qualcosa. Qualcosa che fa deflagrare la gioventù e la fa vivere per sempre.
Avevamo venti, ventun anni e fondavamo radio, giornali, centri culturali. Perché ci era successo qualcosa: qualcosa che non si poteva tener dentro. E questo qualcosa aveva un nome, un nome antico che d’un tratto ci si presentò in tutta la sua novità: Gesù Cristo.
Come aveva potuto, quel nome antico, risuonare all’improvviso in tutta la sua novità? Come poté d’un tratto mettere dentro i nostri corpi una tale voglia di fare, per cui tutto acquistava dignità e meritava di essere studiato e amato? Quell’energia che non si spegne, che non si consuma – come ci ha dimostrato Giovanni Paolo II fino all’ultimo istante della sua vita?
Fu grazie all’incontro con una persona, don Luigi Giussani.

@Lucia Laura Esposto Lulae11003

La vera rivoluzione

È stato l’incontro con lui a farci essere veramente, profondamente giovani. La nostra giovinezza è cominciata nell’incontro con quell’uomo, e non è più finita, anche se ora quell’uomo è morto. Un interesse senza pari per tutto, un amore a tutto, una voglia di incontrare tutti, un’apertura di cui le nostre povere persone sarebbero state incapaci se quell’incontro non avesse cambiato per sempre la nostra vita.
Don Giussani. Il suo amore per noi. L’interesse profondo che lo animava per ciascuno di noi, uno per uno. Un interesse che veniva percepito anche da chi non lo ha mai potuto conoscere personalmente, perché ne vedeva il riverbero su altri volti, altre persone, altri caratteri.
Lui ci ha sempre detto che la vera rivoluzione non si fa scendendo tutti in piazza armati di fucile, perché la rabbia non cambia il mondo. La vera rivoluzione comincia la mattina, quando salite sul tramvai, dal modo in cui guardate la gente che si trova lì e che non avete mai visto prima.
La coscienza di un Destino – Gesù Cristo – che mi rende intimo anche al più sconosciuto dei passeggeri su quel tramvai: questa è la rivoluzione.
È grande il dolore per la sua scomparsa. Eppure quello che è accaduto attraverso l’incontro con lui continua ad accadere.
E noi, a cinquant’anni come a venti, continuiamo, tutte le mattine, a salire sul tramvai con la stessa ingenua baldanza, con la stessa speranza, con lo stesso gusto della vita.
Grazie, don Giussani.

Vent’anni dopo. L’incontro continua…

Quel grande dolore è oggi, da tempo, la grande gioia, sempre più indicibile, perché quel giorno è un inizio nuovo. Possiamo dire oggi, come la tradizione insegna, Dies natalis, per la semplice ragione che tutto si sta trasformando sotto i nostri occhi, da tempo. La sua intercessione ci sta trascinando al cuore del vissuto, allora e oggi. È il desiderio di vivere fin come ha vissuto lui -che non potremmo altrimenti partendo soltanto dai suoi “arrivi”, della sua fede, del suo pensiero, della sua lealtà, della sua carità, della sua decisione e …. simpatia assoluta. Come ha vissuto lui. Cioè con povertà.
Ripeteva spesso negli ultimi tempi. “Voi ritenete che la differenza o sproporzione tra me e voi sia che io voglio più bene al Signore, sono più affezionato… No. È che voi non pensate nello stesso modo!”. Perciò vivendo come ha vissuto. Chiedendo “un cuore grande e indomabile” che non si fermi ad assaporare le proprie tristezze e non serbi rancore di un male ricevuto, dicendo cioè quel Sì della preghiera di Graindmaison che ci ha insegnato a ripetere. Il Sì di Maria.