Iraq, un anno dopo
L’invito raccolto di Francesco: sono tornati a guardare le stelle

I segni di speranza seguiti alla missione del papa nell’antica Mesopotamia. Gesti piccoli e grandi. Un mosaico di culture che prova a ricomporsi

19 febbraio 2022
di Andrea Avveduto

L’Iraq rimarrà sempre con me, nel mio cuore. Chiedo a tutti voi, cari fratelli e sorelle, di lavorare insieme in unità per un futuro di pace e prosperità che non lasci indietro nessuno e non discrimini nessuno”. Papa Francesco salutava così, ormai quasi un anno fa, la popolazione cristiana irachena nella messa conclusiva allo stadio Hariri di Erbil, prima di lasciare il paese di Abramo. In queste brevi parole si trova il compito che il pontefice della Chiesa di Roma ha lasciato a un paese diviso, fragile e da ricostruire. I riflettori dei media internazionali, in occasione di quel viaggio storico, hanno riportato per breve tempo la luce sull’Iraq grazie ai gesti e alle parole di papa Bergoglio, tornato a Roma il 9 marzo 2021. Fu un viaggio straordinario, storico, forse un po’ più storico degli altri. La visita ad Al-Sistani, l’incontro con i cristiani di Mosul e i profughi di Qaraqosh, il celebre discorso nella piana di Ninive, e l’invito costante a guardare le stelle, le stesse che vide il Patriarca delle tre grandi religioni monoteiste. Il Papa ha incoraggiato in tutte queste occasioni al dialogo, a sanare le ferite, a ricostruire un tessuto sociale distrutto e a ricomporre un mosaico di culture andato perduto.

Nel corso della prima visita di un papa nella Terra dei due fiumi, Francesco ha visitato tanti luoghi storici e ha compiuto colloqui istituzionali con figure religiose del mondo cristiano e musulmano iracheno. Il dialogo interreligioso è sempre stato una delle priorità nell’agenda di questo pontificato, e proprio per questo motivo la visita del Papa è stata significativa non solo sul piano religioso, ma anche su quello politico e sociale. In quei giorni, seguendo le orme di papa Bergoglio, abbiamo visto tutti la diversità che caratterizza la società irachena, e abbiamo ascoltato incessantemente l’augurio per un ritorno alla coesistenza pacifica. Proprio qui infatti nacque e crebbe lo Stato Islamico, nelle zone più povere e più divise. Proprio qui si verificarono le fratture più profonde, quelle che, per citare il gran Muftì di Aleppo, misero contro non solo cristiani e musulmani, ma anche musulmani e musulmani, e padri contro figli. Oggi lo Stato Islamico è stato fortemente ridimensionato (ma non completamente distrutto, e in alcune zone dell’Iraq sta tentando di riorganizzarsi), e sono passati dieci mesi da quel viaggio. Torniamo dunque nel paese natale di Abramo e cerchiamo di scoprire quali tracce ha lasciato Francesco dopo il suo pellegrinaggio.

L’incontro tra il Grande Imam sunnita e il Grande Ayatollah sciita

Sul piano delle relazioni tra le diverse religioni monoteiste, il documento di Abu Dhabi sulla fratellanza ha segnato un punto cruciale nel dialogo tra cristiani e musulmani, e l’incontro avvenuto a marzo 2021 tra Francesco e Al Sistani ha confermato questa intenzione di promuovere i buoni rapporti tra le varie fedi e confessioni religiose. Ecco dunque la prima grande novità nata dopo questi due grandi incontri: anche se la data non è ancora stata comunicata, stanno procedendo i preparativi per l’incontro fra i due maggiori esponenti dell’islam sunnita e sciita, il Grande Imam di al-Azhar al-Tayyeb e il Grande Ayatollah sciita al-Sistani. L’incontro si inquadra nella visita che al-Tayyeb dovrebbe compiere in Iraq, toccando, così pare da alcune fonti, Baghdad, Karbala una città santa per i musulmani sciiti, Mosul la vecchia roccaforte del Califfato, Erbil nel Kurdistan iracheno e Najaf, dove risiede proprio Al-Sistani.

Stando ad alcune fonti, una delegazione sunnita egiziana di alto grado ha visitato nei mesi scorsi Najaf, dove ha avuto diversi incontri con le autorità irachene, e ha anche effettuato sopralluoghi in diverse istituzioni di rilevante significato religioso per l’Islam di entrambi i rami, sciita e sunnita. L’incontro ufficiale avrebbe dovuto svolgersi entro la fine dell’anno precedente, ma è stata rimandata per motivi non ancora noti. Eppure non ci sono ragioni per dubitare ancora di questo incontro. Secondo quanto riferito alla stampa locale, “la visita del Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb, va inquadrata in due circostanze storiche da non sottovalutare: la prima è che l’Iraq è la terra dove si è visto nascere l’ISIS, cosa che ha causato enorme sofferenze al Paese, nella regione e in altri luoghi del mondo. L’altra circostanza riguarda la ricchezza della diversità etnica e religiosa che fa parte di questi popoli dell’area”. Il portavoce della delegazione ha sottolineato il contributo che “le culture locali e molti intellettuali musulmani hanno dato alla costruzione della tolleranza e della fratellanza. Questo è lo spirito che anima il Grande Imam di al-Azhar e questa sua disponibilità è alla base del suo prossimo incontro con il Grande Ayatollah sciita Ali al-Sistani” ha concluso.

Con ogni probabilità la nuova emergenza legata alla pandemia ha allungato i tempi di questo incontro, ma è certo per ora che prima o poi questo incontro avrà luogo. Nel segno della fratellanza, come ha auspicato Francesco a entrambi gli esponenti dell’Islam durante i suoi incontri.

A Mosul la campana ha ripreso a suonare

Ci sono poi alcune novità importanti che riguardano la minoranza cristiana irachena: lo scorso14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce e solennità particolarmente cara alle comunità cristiane presenti in Iraq, la campana della storica “chiesa dell’Ora” è tornata a far risuonare i suoi rintocchi per strade e piazze della città vecchia di Mosul. I primi che si sono uditi da quando Mosul cadde in mano ai jihadisti. La chiesa di Nostra Signora dell’Ora (Al-Saa’a) si trova nel cuore di Mosul, all’incrocio delle due strade principali che attraversano la città vecchia. Costruita alla fine del XIX secolo, è sempre stata considerata uno dei simboli di Mosul, soprattutto per il suo campanile che, con il suo orologio, era stato donato alla chiesa nientemeno che dall’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III. La chiesa è stata gravemente danneggiata durante l’occupazione jihadista e da tempo si parlava di una ristrutturazione. Purtroppo la ristrutturazione delle chiese e la costruzione di nuovi edifici di culto cristiani sono imprese molto ardue. Il ripristino dell’edificio sacro era stato inserito nel piano di restauro di chiese e monasteri devastati durante il periodo dioccupazione jihadista. Un programma di ricostruzione avviato grazie al contributo dell’Unione Europea, di enti internazionali come l’Unesco e istituzioni straniere come il Department of Heritage and Civilization dell’Università della Pennsylvania. Sembra però che la visita di Papa Francesco abbia accelerato i tempi per riportare agli antichi splendori questo gioiello dell’intero Iraq. Un gesto piccolo, ma di grande valore simbolico.

Kurdistan iracheno: segnali importanti per la minoranza cristiana

La novità forse più rilevante però risale all’ottobre scorso, quando l’enclave cristiana di Ankawa a Erbil (visitata da Papa Francesco), la capitale del kurdistan iracheno, è stata designata come regione autonoma dal primo ministro con piena autonomia amministrativa. I cristiani possono così eleggere il proprio sindaco e decidere in autonomia in materia di sicurezza e altre questioni rilevanti per il governo. Il primo ministro Masrour Barzani ha definito Ankawa “casa di convivenza religiosa e sociale, un luogo di pace”. L’arcivescovo Bashar Warda, ha subito parlato di decisione importante e strategica. “Pensiamo che in futuro il Kurdistan non solo incoraggerà i cristiani a stare, ma anche a investire nella regione”. Si tratta di affermazioni incredibili, solo impensabili qualche anno fa. A partire dal 2014 infatti, L’ISIS cacciò i cristiani dalle loro case tradizionali di Mosul e trovarono rifugio proprio a Erbil e in altre città sicure del Nord Est. È stato proprio monsignor Warda a confermare il cambio di mentalità dopo la visita del Papa: “La nostra gente preparò lo stadio dove il Papa ha celebrato la messa lavorando 16 ore al giorno per tre settimane. Quando l’evento si concluse, la televisione mostrò le immagini dello stadio che era stato completamente pulito. Ma questa non era responsabilità dei cristiani: la raccolta dei rifiuti era compito del governo. Il messaggio però lanciato dalla televisione era chiaro: queste persone meritano il nostro rispetto. E questo significa tanto”.

Il futuro dei cristiani in Iraq e in tutto il Medio Oriente è ancora naturalmente incerto. Come rimane incerto il futuro politico e le sorti del governo guidato da al-Khadimi. Il viaggio del Papa non ha certamente risolto le diverse e intricate problematiche sociali che piagano il paese. Ma è innegabile che abbia lasciato un segno. E qualche passo in avanti nel segno del dialogo è stato fatto. Le sue orme non sono state più illuminate dai riflettori dei media, ma rimangono comunque visibili. Vedremo nel tempo se gli attori della politica regionale sapranno seguirle. E accogliere nella pacifica convivenza quel mosaico di culture che ha reso la terra di Abramo così ricca nei millenni.


Immagini
Papa Francesco la preghiera a Qaraqosh
Papa Francesco a Mosul
Giovani alla visita del Papa in Iraq
La folla, Iraq visita di Papa Francesco
Iraq, la città di Mosul
Iraq / Papa Francesco con il Patriarca Louis Raphaël I Sako
Iraq / giovani musulmane e cristiane alla visita del Papa in Iraq