Ricolfi, l’evoluzione è cieca, ma il follemente corretto ci vede benissimo
Il nuovo libro del sociologo Luca Ricolfi, “Il Follemente corretto. L’inclusione che esclude e l’ascesa della nuova élite” (La nave di Teseo) è un’illuminante e anche divertente antologia per temi e aneddoti che dimostra come negli ultimi anni il politicamente corretto sia precipitato nel follemente corretto. Un declino che sembra inarrestabile. Una vera e propria forma di dittatura che sta invadendo e imprigionando tutti gli ambiti della vita civile. Con danni allarmanti per chi ancora non intende cedere a questa deriva insensata. Davanti a tale sfarinamento, a questo diluvio di irragionevolezza non è che è giunto il momento di tornare a chiedersi che cosa è la ragione?
31 gennaio 2024
Ricolfi. Metamorfosi incontrollata
di Nicola Varcasia

Prova e riprova, alla Neolingua di George Orwell ci siamo arrivati davvero: «Una volta ci si chiedeva come ti chiami, da dove vieni, che cosa fai, ora ci si chiede che pronome sei». Ma il cambiamento tocca anche la più neutra delle forme espressive, la scienza: «Se una redattrice di bozze non capisce che evoluzione cieca ed elefante nano sono espressioni che non possono offendere nessuno, una ragione deve esserci».
Neppure gli elettricisti e i tecnici audio possono stare tranquilli: «L’associazione americana dei produttori di materiali audio ha pensato che, al giorno d’oggi, non si poteva continuare a parlare di jack maschio e jack femmina: d’ora in poi, in uno spirito di inclusività e coerenza, il jack maschio sarà chiamato plug (spina) quello femmina socket (presa)».

Quel che è scappato di mano
Non volendo togliere nulla al gusto della scoperta, il nostro elenco si fermerà qui. Tutta la prima parte de “Il follemente corretto. L’inclusione che esclude e l’ascesa della nuova élite” (La nave di Teseo, 2024) del sociologo e politologo Luca Ricolfi è dedicata, infatti, a un’antologia per aneddoti e argomenti che testimoniano come il fenomeno che dà il titolo al libro negli ultimi 15 anni sia scappato di mano. Distanziandosi notevolmente dal politicamente corretto emerso negli anni Settanta, animato da obiettivi magari non tutti condivisibili, ma comunque più chiari e definiti. Un qualcosa, il follemente corretto che, pian piano, ha finito per invadere sfere sempre più vaste della vita civile, nei campus universitari, negli uffici pubblici, nelle aziende e nella cultura. Bruciando carriere di stimati insegnanti, creando un clima di autocensura generalizzato e producendo una frattura tra una nuova classe di illuminati – detentrice delle chiavi interpretative di questo processo di realizzazione della giustizia sociale – e il vivo sentire dei ceti più popolari, descritti sbrigativamente come la “pancia del paese”.
Tra le caratteristiche più clamorose del follemente corretto vi è, secondo Ricolfi, l’imposizione di nuove forme espressive in grado di emendare e purificare il pensiero da devianze e pregiudizi, eliminando alla radice la possibilità di pensar male. Da qui il proliferare di pronomi per indicare le infinite sfumature di genere, l’utilizzo della Ə scwha o degli asterischi per le desinenze delle parole o delle ormai note sigle, definite grottesche da Ricolfi, per comprendere ogni forma di possibile percezione del sé. Tra l’altro, sul piano prettamente economico, per un’azienda è molto più conveniente modificare il proprio linguaggio pubblico che non la qualità effettiva dei prodotti che vende.
Il fenomeno si è allargato al punto tale che Ricolfi ha abbandonato l’idea iniziale di costruire un semplice dizionario del follemente corretto, in luogo di una descrizione del fenomeno in azione, provando, infine, a smascherarne le contraddizioni. Che non sono solo americane, ma pienamente introiettate dalla gran parte della sinistra italiana, intellettuale e politica. Il che rende il testo un’interessante anomalia, se non altro perché proviene da un autore che si definisce egli stesso di sinistra.
*Ma se ci si fermasse ai tanti sorrisi, amari, suscitati dagli episodi raccontati (come Kryptonite rosa o La caduta degli DEI), faremmo un gran torto all’autore. Perché, come recita il sottotitolo, con questo sistema stanno prendendo forma un’inclusione che esclude e l’ascesa della nuova élite. Criticando il politicamente corretto e la sua metamorfosi incontrollata, dunque, Ricolfi smonta un’idea di progressismo e mostra i corto circuiti di una società che non sa più andare d’accordo con se stessa e il suo passato. Con la conseguenza di trasformare il presente in un campo minato dove un banale inciampo – magari linguistico – può costare una campagna di denigrazione globale e posti di lavoro, con buona pace dell’auspicata coesione sociale. Come mostrano i numerosi altri esempi, anche italiani, portati dal sociologo torinese. In cui non si distingue più l’offesa dalla suscettibilità, i diritti sociali dai diritti civili, il ridicolo dal tragico, l’equità dall’uguaglianza.
Il pericolo dell’auto – omologazione
La lettura di questo inusuale trattato sul follemente corretto – che approfondisce nel dettaglio fenomeni delicati e complessi come la frattura nel femminismo internazionale e italiano o il razzismo al contrario della cosiddetta cultura woke – non chiude la questione, anzi, porta a farsi nuove domande, se possibile ancora più radicali. Che non riguardano solo la sinistra (ormai dimentica di Marx) e i suoi tic. Ma chiunque voglia provare a difendere la libertà sostanziale di esprimersi. Ricolfi avverte i lettori del rischio che stiamo correndo di auto-omologarci a una sottospecie di pensiero che, per inseguire purezza e neutralità, atrofizza la creatività in ogni campo del sapere e dell’agire, spingendo le persone ad autocensurandosi per paura. Non tanto di offendere qualcuno, ma di essere tagliate fuori. L’esatto contrario dell’inclusione.

La sinistra e lo scatto di coscienza
Le Lobby del Bene e le Guardie rosse della diversity aiutate da zelanti Vigilantes e dagli algoritmi dei social l’avranno vinta? Diventeremo dei ripetitori ottusi di formule vacue e incapaci di affrontare i veri conflitti sociali? Ricolfi lascia aperta la porta a un auspicabile ripensamento della sinistra che, per non indebolirsi ulteriormente, potrebbe avere uno scatto di coscienza abbandonando questo sentiero così infecondo. Ma, forse, per ripartire, da sinistra o anche dal centro e, magari da destra, occorre anche qualcosa in più. Nel constatare che, se una correttrice di bozze non riconosce che evoluzione cieca ed elefante nano sono espressioni che non possono offendere nessuno una ragione deve esserci, occorre tornare a chiedersi che cos’è la ragione.