L’arretramento della verità
Washington chiama Mosca. E viceversa. Gli eredi degli imperi vogliono imporre la loro pace dopo tre anni di terribile conflitto. Per spartirsi le nuove sfere d’influenza. Sulla pelle della popolazione ucraina. A tre anni dalla guerra scatenata da Putin veniamo così a sapere che la guerra non è stata tutta farina del sacco dello zar moscovita. La falsità ha preso il centro della scena globale. Le conseguenze sono già drammatiche perché imprevedibili. L’Europa della liberaldemocrazia sembra finita nell’angolo. Ma non vi può essere un destino buono senza il recupero di protagonismo del Vecchio continente. Prenderne coscienza è importante. Ma non può bastare.
28 febbraio 2025
Editoriale

Il rovesciamento della realtà. Putin non ha scatenato la guerra contro l’Ucraina. Tutta colpa di quel comico da strapazzo di Volodymyr Zelens’skyj che fa il bello e il cattivo tempo a Kiev. Quella “figura tossica per l’Ucraina” come sintetizza con la sua indiscutibile eleganza lo zar di tutte le Russie. Quel dittatore senza elezioni che ha fatto un pessimo lavoro ed è perciò del tutto ininfluente che sieda al tavolo della pace, gli fa eco il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Non è dato sapere se la Casa bianca, all’udir tali pensieri, sia… sbiancata. Magari, quelle mura si sono velocemente abituate ai lavori in corso che stanno portando alla definitiva costruzione del rovesciamento della realtà. A quel modello di monumento che già attrae anche laddove non te lo aspetteresti.
Il tempo delle prediche false
Che il rovesciamento della realtà con annesse farneticazioni fosse farina del sacco delle autocrazie non poteva recare stupore, è proprio in quella natura sistemica.
Le cose si complicano assai quando il rovesciamento della realtà viene messo in pratica nelle democrazie occidentali. Negli Usa, addirittura. La crisi della democrazia – anticorpi a livelli più che minimi – ha portato fino a questo punto vertiginoso.
E così, il tempo delle prediche false ci dice che la verità sta arretrando sempre più, intimorita come descrive lo scrittore Paolo Giordano. D’altronde, il rovesciamento della realtà affonda nella progressiva uscita di scena della verità.
Il presidente Luciano Violante, sul “Corriere della Sera” di martedì 18 febbraio, definisce così il modello di democrazia che intende perseguire Trump: «brutalista, antiestetico, anticonvenzionale, non conformista, non perbenista, irrispettoso. In pochi giorni ha rovesciato il mondo». Già. Ha rovesciato il mondo rovesciando la realtà e infliggendo una bella spallata alla verità delle cose. Verità, fatti più in là!

La democrazia brutalista
Per Violante il presidente Usa sta schiantando le categorie fondamentali della liberaldemocrazia. Esercizio oggi non particolarmente complicato in considerazione delle oggettive difficoltà che attraversano e logorano la democrazia per come storicamente la si conosce in Occidente. Il richiamo alla novità della democrazia brutalista è un’immagine molto forte che rende bene l’idea e la drammaticità della posta in gioco. Violante chiama dunque in causa il “brutalismo”, cioè quella corrente dell’architettura venuta alla luce verso la metà del Novecento e che impiega la rudezza del cemento a vista le cui forme esprimono un deciso, e per l’appunto rude, vigore architettonico.
Ecco allora che l’impianto culturale della democrazia brutalista non fatica proprio a trovare punti di contatto e di dialogo con i profeti dell’autocrazia. E così disfacendo la realtà va a gambe all’aria e la verità fa la fine di Calimero.
La ragion d’essere della liberaldemocrazia
Va detto che il rovesciamento della realtà, con conseguenti semplificazioni osé e scorciatoie spicce colorate di rossobruno, raccoglie consensi anche nel Vecchio Continente come dimostra la freschissima tornata elettorale in Germania.
Le pratiche brutali, rudi, aggressive affascinano. Non si è ancora superato il livello di guardia, però siamo sulla cattiva strada. Fermarsi ad osservare il problema ci rende partecipi del problema. I fans delle autocrazie e delle democrazie illiberali ora anche nella variante brutalista rischiano di trovare la via spianata per la sopraggiunta timidezza dell’Europa uscita dalla Seconda guerra mondiale.
I Padri fondatori dell’Europa avevano ben chiaro cosa fosse la realtà delle cose perché coltivavano con passione la ricerca della verità. Come i grandi partiti riformisti. Non vi poteva essere timidezza quando bisognava ricostruire dalle macerie prodotte proprio da quelle architetture ideologiche che adesso, nelle differenti modalità, si fanno di nuovo notare. E non poco.
Anche per una disaffezione in buona parte del popolo verso l’inconcludenza e l’opacità delle rappresentanze tradizionali. La liberaldemocrazia europea ha esaurito la sua ragion d’essere? Se così dovesse essere addio alla pace giusta che è sacrosanto reclamare per l’Ucraina. Addio alla speranza di un suo ruolo autorevole nel recupero di una convivenza pacifica in Terra Santa. E tanti altri… addio.

Europa corpo sano
È chiaro che un’Europa così male in arnese, così divisa al suo interno, impaurita e con nessuna certezza sostanziale fa il gioco di chi sta adoperando per allestire un nuovo ordine mondiale a propria immagine e somiglianza. Un nuovo ordine mondiale senza la gamba della liberaldemocrazia europea è destinato ad assumere il volto di un nuovo disordine mondiale. Retto dalla falsa cultura del rovesciamento della realtà. Urge una politica europea forte, decisa, sicura, responsabile, solidale. Finalmente un corpo sano, interlocutore credibile, coraggioso, nella stagione delle troppe metamorfosi.