L’amore è esserci per l’altro
Il nuovo film di Francesca Comencini, “Il tempo che ci vuole” racconta di come la presenza continua di suo padre, il grande regista Luigi Comencini, l’ha salvata dall’autodistruzione, dal volersi uccidere. In che modo? Amandola, essendoci, agendo nei fatti dentro una condizione di fatica esistenziale immane. Mentre Marco Bellocchio, altro grande regista, provocato dalla verità di questa storia, ha confessato la sua mancanza d’amore davanti alla domanda d’aiuto di Camillo, suo fratello gemello, morto suicida. Lui, allora, non c’è stato. Quello di esserci semplicemente per amore dell’altro è un atto sovversivo. Che adesso può sovvertire questo tragico tran tran quotidiano
18 ottobre 2024
Editoriale

“Il tempo che ci vuole”. Francesca Comencini ha titolato così il suo nuovo film.
È un titolo che contiene la promessa che qualcosa accadrà secondo il tempo che necessita. E che finalmente era giunto il tempo di raccontare questa storia. Propria ora, perché non era dato di accorciare il tempo, perché andava consumata la sofferta elaborazione. Quel qualcosa del film è il compimento di un atto d’amore che salva. Un atto d’amore di un padre che ha salvato; di Luigi Comencini, il grande regista, uno dei maestri della commedia italiana, celebre per il Pinocchio televisivo. Un atto d’amore di Luigi che ha fatto il papà con Francesca. Essendoci. Una scelta precisa, quella di allacciare un rapporto inedito, per nulla semplice con la figlia che stava mandando alla malora la sua vita. Esserci per amore di lei. Esserci per affrontare, con una presenza continua che significa tante cose, tante avversità, spigoli a non finire, l’inferno della figlia. Ovvio che quella non è la soluzione che vale sempre, in tutti i casi. In quel caso lì è valsa la pena. Tutta la pena da mettere in conto che però sprigiona l’amore gratuito. Lo starci dell’amore senza condizioni. E Francesca Comencini, come ha spiegato in un’intervista al quotidiano “La Stampa” (12 ottobre 2024), si è presa il tempo che ci vuole per dire a suo papà che non c’è più: grazie. Attraverso lo strumento della macchina da presa così familiare a Luigi Comencini.
L’atto d’amore mancato di Marco Bellocchio
Esserci per amore è una bella storia. Dirselo, ricordarselo, farlo sapere è anch’esso un atto d’amore. Se ci pensiamo, suona tutto molto strano di questi tempi dove il non esserci mai è pratica diffusissima. Esserci per amore è fiction, mica realtà… . Invece no. Invece, dice un fatto preciso, è successo che il dolore profondo di una figlia ha incontrato la presenza di un papà. Esserci per amore è realtà, mica fiction. Oggi c’è una grande domanda di rapporti reali nella vita reale. È l’offerta che fa difetto. E il prezzo sale: ma a che prezzo, però.
Il prezzo di aver mancato la domanda di aiuto l’ha confessato un altro grande regista, Marco Bellocchio, in un post su Instagram che dà da pensare. Ha scritto, provocato nel profondo dall’aver vissuto le fasi di lavorazione del film di Cristina Comencini in quanto produttore ma anche suo amico, che lui non è stato capace di esserci quando suo fratello gemello, Camillo, chiedeva aiuto. Quando suo fratello gemello stava molto male, al punto da impiccarsi nella palestra di casa. Aveva 29 anni. Marco con Camillo non c’è stato. Ha mancato l’atto d’amore, come ha detto.

La nascita dell’assenza
Una volta, davanti a quel fratello così in panne, siamo nel 1968, quasi gli urla di smetterla con quegli atteggiamenti, che deve darsi fare, che si spicci a scendere in piazza per servire il popolo. E poi la promessa: vedrai che così facendo inizierai a stare meglio. Camillo, allora, gli regala una risposta che certifica la nascita dell’assenza: la voragine della distanza affettiva in quella stanza senza cielo. Geniale. Tragica. Vera: Marx può aspettare (diverrà il titolo di un suo film del 2021 proprio su quella terribile vicenda della sua famiglia). Il re è nudo, insomma: la generosa aggregazione è quasi un consiglio blasfemo. Camillo non sa che farsene della piazza, del popolo, della rivoluzione. Lui non sta bene, il male di vivere lo bracca, lo sta divorando, prova a domandare altro con il suo rifiuto ossessivo. Domanda un’altra risposta, altro che servire il popolo. Non gli serve a nulla servire il popolo. Gli serve innanzitutto un atto d’amore. Un atto d’amore proprio per lui. Un esserci di un volto familiare. Un esserci di suo fratello gemello. Un esserci di Marco. Un esserci autenticamente rivoluzionario. Per intanto quello, poi quel che servirà. Ma la domanda e l’offerta non si sono incontrate. Due film. Due storie anche similari. Due finali diversi. Con un interrogativo esistenziale che vale per tutti: se l’amore è esserci noi ci siamo?