La scuola è finita. Ma non sfinita

Un prof e alcuni studenti: una pizza e una chiacchierata sulle panchine di un parco diventano la scusa per una piccola riflessione sulla scuola al tempo delle vacanze. Una conversazione con qualche sorpresa…


19 luglio 2024
Cose che succedono
di Paolo Covassi

Quando c’è di mezzo una sfida tra quale sia la pizzeria migliore c’è poco da scherzare. Dopo che un mio alunno mi aveva lungamente invitato ad assaggiare “la migliore pizza di Milano e provincia” (niente meno) io sono andato in un’altra, dove la sua compagna di banco lavora come cameriera alcune sere la settimana. Apriti cielo. Avendolo mortalmente offeso sono dovuto correre ai ripari e, alla fine, ho dovuto cedere e andare da “Pizza pazza” insieme a Sara (la cameriera del Wendy pizza), Pietro e Francesco (l’offeso). La cosa divertente è che mentre andavamo lo sfidante ha cominciato a mettere le mani avanti… “il locale non è il massimo, sarebbe da sistemare” e cose del genere. Se fossimo in un certo programma tv direi “alla location ho dato 4” ma non è questo il punto.

“Felici che finisca la scuola?”

Dopo aver mangiato ci siamo spostati in un parchetto lì vicino e, in attesa che si scatenasse il nubifragio che i fulmini e le nuvole nere in lontananza stavano annunciando, abbiamo chiacchierato. Magari sbaglio, ma penso che si dovrebbe sempre avere l’occasione di parlare con i propri alunni fuori dall’ambito scolastico. A parte i pettegolezzi su compagni e colleghi, che ovviamente faccio finta di non voler sentire, si imparano nuovi modi di dire (quello più di moda è: “ha sgravato”, peccato che venga usato praticamente per qualunque tipo di occasione e che, quindi, non ho capito cosa voglia dire esattamente. Problemi da boomer), i più recenti trucchi per copiare, quali sono le scuse più convincenti e altre amenità simili ma, soprattutto, è stata la possibilità di imparare qualcosa su di loro. Un esempio banale: visto che eravamo alla prima settimana di giugno è stato quasi inevitabile chiedere: “allora? Felici che finisca la scuola?”
“Boh, sì (quasi tutte le frasi iniziano con boh o since) però dopo un po’ manca”
“In che senso?”
“Eh, va bene una settimana, ci si riposa, ma poi è una noia”
Mi viene in mente la “benedetta” noia di leopardiana memoria e sto quasi per dirglielo, ma c’è già una pizza da digerire, meglio lasciar perdere. Guardo gli altri due e chiedo: “Ma davvero? Cioè voi quando finite la scuola non sapete cosa fare e la rimpiangete?”
“Beh, non esageriamo. Non è che non sappiamo cosa fare – confermano i due – ma si perde un sacco di tempo, ci si annoia. Almeno finché non si parte, poi in vacanza magari è diverso, specie se vai con gli amici. In vacanza con i miei io mi rompo. Poi non è che si rimpiange la scuola in quanto scuola…”.
E attenzione, non stiamo parlando di giovani menti assetate di sapere che vivono bramosi di suggere fino all’ultima stilla di conoscenza… eppure. Eppure la scuola, pur essendo un obbligo e un lavoro, è anche l’ambito che alla fine “riempie” le loro giornate. Non vorrei usare espressioni troppo forti, ma potremmo dire che dà un senso. Uno si alza perché la mattina deve andare a scuola, quando non deve andare a scuola non si alza. Qui qualcuno potrebbe cominciare a lamentare il fatto che “questi giovani d’oggi” non hanno voglia di fare niente, sono senza interessi, sempre attaccati al cellulare ecc. ecc. Tutto in parte vero, per carità, ma molti di questi ragazzi in estate si trovano dei lavori, in tantissimi (sorpresa!) fanno gli educatori ai centri estivi negli oratori e così via, ma quello che mi ha dato da riflettere è come “l’odiata” scuola sia in realtà un luogo molto più importante di quanto noi (e soprattutto loro) vogliamo ammettere. Tutte queste cose sono venute fuori proprio da questa discussione improvvisata. Non solo. Dei progetti che la scuola propone, vale a dire le varie “educazioni” (stradale, sessuale, civica, ecc.) o i progetti che nelle menti di chi vive nel ministero dovrebbero servire per sviluppare le famose “competenze” o cose del genere, a loro non interessa un fico secco. Hanno usato un’altra espressione ma ci siamo capiti. Certo, sarebbero più contenti se avessero meno compiti e interrogazioni, se ci fosse un orario più “tranquillo”, ma alla fine quello che a loro interessa è la scuola.

Dalle api a…

Proprio quella vecchia e sconsiderata scuola che da un lato viene massacrata come fonte di tutti i mali della gioventù e della società odierna, dall’altro come ambito e veicolo per risolvere qualunque problema. Cogliete anche voi una certa contraddizione, vero? Vi sembra un’esagerazione? Riporto il titolo di un articolo del Corriere della Sera, edizione online, di qualche mese fa: Giornata mondiale delle api: educazione a scuola e piante sui balconi, le strategie per salvarle
Per fare sì che queste ricorrenze non siano soltanto una mera ripetizione di annunciati catastrofismi, perché non pensare a un’educazione entomologica di base delle persone, partendo dalle scuole?
Con tutto il rispetto per le api e per gli entomologi, ci mancherebbe, ma davvero si può pensare di risolvere un problema simile facendo delle ore di lezione a scuola? Considerando cosa succede in una qualunque classe di qualunque ordine e grado quando entra un insetto dalla finestra ho paura solo a pensarci.
Comunque, chi lavora nella scuola sa che quest’anno ci sono state due novità importanti: il tutor orientatore (che vi risparmio, magari un’altra volta) e i progetti finanziati dal PNRR. Non ricordo cosa indichi la sigla, ma c’è di mezzo la parola resilienza e questo ci avrebbe dovuto insospettire fin da subito. In sintesi, nelle scuole sono arrivate quantità mai viste di soldi da investire. Bene, benissimo. Peccato che i fondi fossero “vincolati” ad ambiti di spesa e a progetti con dei criteri e delle norme rigidissime e, spesso, profondamente distanti dalla realtà in cui ogni singola scuola vive. Lo sappiamo che quando ci sono soldi da spendere c’è sempre da essere sospettosi, ma a volte un minimo in più di fiducia prima e di controlli poi sarebbe meglio. Comunque, grazie a questi fondi le scuole hanno potuto proporre tutta una serie di corsi pomeridiani agli studenti, corsi (parlo per la mia esperienza, ovviamente) che spesso sono andati sostanzialmente deserti. Non perché non fossero interessanti, anzi, ma dopo essere stati a scuola dalle 8 alle 14.30 sareste disposti a mangiare un panino in piedi (portato da casa, perché il bar è stato chiuso decenni fa) e affrontare un qualsivoglia corso dalle 15 alle 17 per poi arrivare a casa alle 18 e studiare per il giorno dopo? Beh, loro no. E non mi sento di dargli torto.

Ora di italiano? Si faccia italiano

Forse bisognerebbe tornare a quell’idea vetusta di scuola intesa come ambito in cui si imparano delle cose e, imparandole, si acquisiscono delle competenze che, ovviamente, potranno essere diverse per ogni tipo di indirizzo. Forse invece di aumentare le ore, i progetti, le attività (e la relativa burocrazia) sarebbe il caso di alleggerire la scuola, fare in modo che nelle ore di italiano si faccia italiano, non educazione civica, orientamento, educazione alla legalità, ecc. ecc. Non è un lamento, non solo almeno, è un auspicio. Ma all’estero… già, oltre frontiera è sempre tutto bellissimo e perfetto, questo lo sappiamo, ma per quanti si nutrono di classifiche, quelle che ci relegano costantemente in fondo, faccio notare due piccole cose: le classifiche delle scuole sono fatte da realtà anglofone e su criteri che non sono i nostri, per questo finiamo in fondo alle classifiche; secondo, sapete cosa dicono i ragazzi che tornano dopo un periodo di studio in Inghilterra o in America? “Prof, ma lì non si studia niente!”. Ecco, giusto per puntualizzare.
Insomma, la scuola è davvero il luogo dove i ragazzi passano la maggior parte del loro tempo (“Prof, ma lo sa che vedo più lei di mio padre?” Eh, certo che lo so…) e forse invece di concentrarci su piani didattici, strategie educative e altre bellissime e fondamentali cose del genere, dovremmo cercare di rendere la scuola un luogo dove sia possibile un incontro (e magari anche uno scontro, nei limiti…) tra adulti e ragazzi, un luogo dove sia possibile fare un pezzo di strada insieme, crescere o anche solo chiacchierare come se fossimo in un parchetto davanti a Pizza Pazza… ma i primi goccioloni cominciano a cadere, è ora di andare.
“Però bella prof, lo dobbiamo rifare!”
Sì, è vero, lo dobbiamo rifare.
Ah, per la cronaca, la disfida delle pizzerie è stata vinta da…