La riconciliazione disarmata

Presentazione del libro
Un’azalea in via Fani
Da Piazza Fontana a oggi:
terroristi, vittime e riconciliazione
di Angelo Picariello, ed. San Paolo

martedì 24 marzo alle ore 20.30
Auditorium san Paolo di via Giotto 36 (MM1 Buonarroti)

Prenotazioni AMICI CMC
Prenotazioni Pubbliche

Intervengono

Giovanni Ricci, figlio di Domenico, appuntato della scorta di Aldo Moro
Franco Bonisoli,Componente gruppo incontro vittime e ex della lotta armata (ex componente del Direttivo Brigate Rosse)
Paolo Silva, Associazione vittime di piazza Fontana
Lucio Brunelli, Giornalista, fece parte della lista universitaria di giovani di CL e giovani Dc, voluta da Moro, caso unico in Italia
Agostino Giovagnoli, storico, Docente di Storia contemporanea, Università Cattolica del Sacro Cuore
Angelo Picariello,Autore del libro

Coordina
Claudio Bozza, giornalista del Corriere della Sera

Nel 1978 Giorgio Bocca parlava delle radici catto-comuniste del terrorismo addossandone la colpa alle “due Chiese”, come le chiamava lui – quella cattolica e quella comunista –, che educando al massimalismo avrebbero creato le premesse per la lotta armata.
L’autore ha raccolto questa provocazione e ha svolto una lunga e accurata indagine per raccontare la complessità di quegli anni, che videro nascere in parallelo associazioni e movimenti cattolici e organizzazioni eversive, attraverso scenari inediti ai quali la cronaca e la storiografia non hanno prestato, a oggi, la dovuta attenzione.
Il libro è diviso in capitoli che vivono ognuno di vita propria: la vicenda di piazza Fontana – che accelera la deriva violenta di una generazione – e la morte del commissario Calabresi, l’azione di Prima Linea, la storia completa delle Brigate Rosse (con il racconto di Franco Bonisoli e Alberto Franceschini) e le dinamiche proprie del terrorismo di destra.
Contiene il racconto delle antiche radici comuni fra movimenti cattolici e futuri brigatisti a Milano, al quartiere romano di Centocelle, a Reggio Emilia, e la scoperta della fede per molti di loro, una volta usciti dal carcere, o all’impegno nel volontariato.
Guardando al caso Moro, in parallelo ai sequestri Dozer e Cirillo, restano aperti tutti gli interrogativi sulle circostanze che ne impedirono la liberazione.
Il filo conduttore viene fornito proprio dall’insegnamento di Aldo Moro e ci dice che la sconfitta della lotta armata – e l’antidoto perché non riaccada – è nella corretta attuazione dei valori della Costituzione più che nelle leggi speciali, nel perdono delle vittime più che nel desiderio di vendetta, nella carità “spiazzante” più che nella repressione, nella ricerca della verità che porti a una memoria condivisa più che in nuove contrapposizioni ideologiche.

 

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