La Messa non è ancora finita

Nanni Moretti non si rassegna

L’amore, la politica, l’esistenza. Insomma, tutto.
Il Sol dell’Avvenire, il nuovo film di Nanni Moretti, è un coraggioso e poetico paragone con l’assoluto, con le cose ultime. Un’ esperienza da vivere che riconcilia con il cinema, con l’arte che non si arrende al tran tran seriale. Il ben noto narcisismo egocentrico di Moretti qui diventa una risorsa, una soluzione quasi necessaria per dare lustro a un generoso, intenso, intelligente atto di fedeltà alle cose autentiche della vita. Anche nella fine l’ultimo ciak non è la fine.


5 maggio 2023
di Alessandro Banfi

© Nanni Moretti regista e attore in Il Sol dell’avvenire

Il narcisismo egocentrico è diventato un problema psicologico di massa e dunque il vecchio adagio alla Mario Monicelli (“Scansati Nanni, facci vedere il film”) stempera anch’esso nella nostra privata nostalgia di altri tempi e anzi contribuisce, come premessa ironica, a rendere questo ultimo film di Moretti, Il sol dell’avvenire, ancora più splendidamente poetico.
Diciamo subito: un’esperienza da vivere. Un’esperienza unica che riconcilia con il cinema e con le sale stesse, ricordandoci che arte è arte quando si paragona con l’assoluto, con le cose ultime. Come l’amore, l’amore per sempre, come la fine di tutto, o se volete, la morte, come la speranza o se preferite l’utopia.

Silvio Orlando e BArbora Bobulova – Film Il Sol dell’avvenire di Nanni Moretti

I carri armati a Budapest e il caso di coscienza tra i comunisti del quartiere

Anche la politica c’entra eccome in questo film dove Nanni Moretti è onnipresente e interpreta un regista, Giovanni, che vuole girare una pellicola ambientata nel 1956 (film nel film, come nel citato e felliniano Otto e 1/2).
Pellicola il cui protagonista è un giornalista dell’Unità, interpretato da Silvio Orlando, che anima una sezione PCI del Quarticciolo a Roma e lì invita un circo ungherese con tigri, leoni ed elefanti… C’è Imre Nagy a Budapest e il primo telegiornale in bianco e nero racconta la storia dell’intervento dei carri armati sovietici a reprimere la svolta democratica, creando un caso di coscienza ai comunisti del Quarticciolo e uno sciopero degli artisti del circo. Ma nel backstage del film sul 1956 si consuma un’altra piccola tragedia: la moglie del regista, interpretata da Margherita Buy, si decide a lasciarlo durante la lavorazione, dopo 40 anni di vita in comune.
E intanto come produttrice esecutiva lavora ad un filmetto di azione “scappa e spara” di un giovane regista, stipendiata da certi produttori coreani… Poi c’è un altro piano intrecciato: due attori giovani rappresentano il giovane regista e la sua giovane fidanzata che si conoscono e si amano nella Roma del 1956, in scene di flash back, di puro ricordo del nostalgico Giovanni/Nanni.
Come se alla notizia di essere lasciato, la mente di Moretti tornasse ad abbeverarsi all’inizio di quel grande amore.

Il tramonto delle due grandi culture popolari

Lo scioglimento dei vari nodi narrativi intrecciati va lasciato alla visione del film. Basterà dire che il paragone di Nanni Moretti con la realtà è ancora una volta autentico: come ne La Messa è finita di 40 anni fa e in Palombella rossa, opere d’arte simbolicamente legate alla fine di due grandi culture popolari del nostro Paese, quella cattolica e quella comunista.
In questo Il sol dell’avvenire, la fine è la fine dell’amore, è la fine dell’utopia ma anche la fine dell’arte ridotta a seriale ripetizione di banalità.La fine è anche un finale, che appare come un gioioso corteo di commiato, circense ed esistenziale: con la presenza di tanti attori dei tanti film di Moretti. Corteo d’addio, che attraversa i Fori Imperiali a Roma.  

Platone e il centro di gravità

Nel suo Simposio Platone spiega come l’esperienza dell’amore sia assolutamente essenziale all’uomo perché lo spinge a cercare il centro di gravità della sua vita al di fuori di sé. Il centro della vita, grazie all’esperienza dell’amore, diventa infatti l’altro e così l’uomo ottiene la pienezza della sua realizzazione. È una grande aspirazione, per così dire radicale, a diventare uomini e ad uscire dalla gabbia stessa che può diventare il proprio io. Tocca proprio al narcisista egocentrico Nanni Moretti realizzare il grande film che invita oggi, nella mostruosa selfie-società in cui viviamo, a non rinunciare alla grande aspirazione che è nel nostro cuore, a non rassegnarsi alla fine e al fallimento di tutto.

La Messa non è finita. Non ancora.