La lunga notte degli ebrei
Amsterdam. Gruppi Pro – Pal urlavano morte agli ebrei. Agli ebrei tifosi del Maccabi. Nuova pagina oscura dell’odio antisemita. Che sembra proprio non dover avere mai fine. Per gli ebrei è sempre notte fonda. E la loro notte è la nostra notte. Una notte lunghissima. Ma a che punto è questa notte? Le parole di speranza di Anna Frank ed Etty Illesum. Cultura che annuncia la vita. Cultura che sta nella vita. Carne viva che non si arrende alle tenebre
15 novembre 2024
Editoriale

La lunga notte degli ebrei è la lunga notte del mondo. Quella lunga notte che si anima con la caccia al semita. C’è solo l’imbarazzo della scelta per mettere in scena la “battuta”. Lo sanno gli ebrei, lo sa il mondo. È un sapere di questo male che si perde nella notte dei tempi. E che ritorna, perché quella lunga notte va sempre soddisfatta nel presente. La battuta di caccia si progetta e si attiva con mille varianti. Oggi succede così. Dopo il 7 ottobre succede in modo dirompente. Per gli ebrei è sempre notte fonda.
Lo sghignazzo osceno
C’è l’intellettuale che in quanto ebreo è per definizione sgradito: divieto di parola, la porta è quella! Ci sono gli studenti ebrei costretti ad abbandonare le università in quanto ritenuti conniventi alle decisioni che prende il governo israeliano: negli Usa è uno stillicidio. Ci sono i passeggeri ebrei inseguiti negli aeroporti. E ci sono gli ebrei tifosi della loro squadra che in trasferta ne subiscono di ogni tipo. Ultima rappresentazione: la battuta di caccia subita ad Amsterdam dai fans del Maccabi. Tutto questo si compie in Occidente. Nell’evoluta e tollerante Olanda.
Per gli ebrei la lunga notte non porta mai buon consiglio. Per gli ebrei non c’è storia che tenga: è sempre loro la colpa. Colpa di essere ebrei. E nell’illuminato Occidente si sghignazza mentre la caccia all’ebreo è aperta. Uno sghignazzo osceno mentre è in atto il pogrom. Cose già viste. Tra invettive, indifferenza, pretestuose motivazioni. La battuta di caccia nella lunga notte è la pratica dell’antisemitismo spacciato da antisionismo. Come lucidamente scrive Pierluigi Battista nel suo ultimo libro “La nuova caccia all’ebreo” (liberilibri). E anche come risposta strillata e intollerante all’antisionismo dovrebbe perlomeno dare da pensare.

Il negazionismo rinvigorito
Stessa preoccupazione nell’ultimo libro del filosofo Bernard – Henry Lévy “Solitudine di Israele” (La nave di Teseo); un implacabile saggio dove l’autore ragiona sugli effetti prodotti dalla mattanza di Hamas del 7 ottobre in termini di aumento dell’antisemitismo su scala globale. Pagine amare, lucide, anche provocatorie. Il fenomeno del negazionismo marcia sempre alla nostra testa. Ci vuole un attimo perché riprenda vigore. E quell’attimo non è mai fuggente quando riguarda il popolo ebraico. La lunga notte degli ebrei è sempre quell’attimo.
Amsterdam è diventata, in questo caso, la capitale del rinnovato odio verso gli ebrei. Sorprende questa battuta di caccia nella città dove c’è la casa – museo di Anna Frank? Fa specie che questo pogrom sia avvenuto nei luoghi di Etty Illesum? Anna Frank ed Etty Illesum che fecero l’esperienza terribile del sentirsi braccate. Che vissero l’angoscia della battuta di caccia degli aguzzini nazisti. Che morirono nei campi di sterminio. No, non sorprende, il clima è questo.
Amore: è chiedere troppo?
Come sono struggenti e calzanti per il tempo fiaccato che viviamo queste parole tratte dal “Diario” di Etty Illesum: «Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e lavorare sé stessi non è proprio una forma di individualismo malaticcio. Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso; se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo». E Anna Frank, poco più che bambina, nel suo di “Diario”: «Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà. È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo». Ma queste parole se l’è portate via il vento? Questi pensieri sono stati annichiliti, rastrellati dalle battute di caccia?

Se chiediamo cosa chiediamo
E poi, per fare quadrato, un inutile quadrato, abbiamo il giorno della memoria; e poi ci aggrappiamo alla potenza della cultura antidoto all’antisemitismo. Parole vuote, retoriche, che non sono certo le parole di vita di Anna ed Etty. Parole che annunciano l’alba, le loro.
Invece, quell’Amsterdam lì che va a caccia dell’ebreo contiene l’immagine dell’abisso antropologico. Un’immagine che offusca, tenebrosa che giudica le nostre coscienze. Le nostre coscienze che quasi non chiedono più.
Ma a che punto è la lunga notte degli ebrei? A che punto è la notte del mondo? A che punto è la mia notte?