La diplomazia della speranza

La liberazione di Cecilia Sala è la classica rondine che non fa primavera? E se invece quell’accadimento abbia rappresentato finalmente l’irruzione sulla scena della diplomazia? Non è illusorio domandarselo. Poi sta al coraggio di parlarsi, guardandosi negli occhi da minoranze e da maggioranze, per prendersi in carico la impervia impresa. Ma non impossibile, come testimoniano i gesti e le parole del coraggioso papa Francesco 


17 gennaio 2024
Editoriale

@ANSA Murales a Venafro provincia di Isernia dedicato a Cecilia Sala (mentre era detenuta)

2025. E se questo fosse l’anno della diplomazia? La liberazione della giornalista Cecilia Sala avvenuta in tempi velocissimi permette, timidamente, di avanzare la domanda. Perché qualcosa di concreto è successo, anche di inaspettato e bello visto il pessimo clima che si respira nel mondo. Quando la diplomazia conquista il centro della scena è sempre un buon segnale. Anche quando la conquista porta con sé operazioni opache come la vicenda Abedini, l’ingegnere iraniano liberato e fatto tornare a Teheran. Ma la diplomazia che funziona si muove per vie impervie e spesso incomprensibili al buon senso. lo ha ricordato Mario Giro – già viceministro agli Esteri nei governi Letta e Renzi e per anni collaboratore con la Comunità di Sant’Egidio – in un intervento sul quotidiano “Domani”: «Fare la faccia dura non serve: meglio un onorevole e permanente dialogo con tutti, amici, alleati, ma anche contrari, rivali, distanti. La liberazione di Cecilia è frutto di un lavoro di squadra che ha in comune una parola chiave: dialogo. Dialogo con gli Stati Uniti, intessuto senza indugio dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni con Donald Trump. Sentire, tra le altre cose, l’opinione americana era assolutamente necessario. Poi dialogo con l’Iran, un Paese lontano dalla nostra sensibilità, ma con il quale la diplomazia italiana ha sempre tenuto i canali aperti. Infine dialogo tra le intelligence».

«Tutti siamo chiamati a farci araldi»

Scomodare la parola dialogo anche se non soprattutto con i più distanti mentre le guerre impazzano, il metodo della polarizzazione è alle stelle, il bullismo del più forte o presunto tale è la cifra di questo presente anchilosato, parrebbe un esercizio velleitario. Gli organismi istituzionali di tipo tradizionale, in primis l’Onu, che dovrebbero essere i capofila della diplomazia globale, strenui e nobili difensori del diritto internazionale, sono oggi una componente assai rilevante del problema. Artefici di visioni parziali, di semplicistiche e manichee interpretazioni. Per nulla autenticamente diplomatiche.
Dunque, la liberazione di Cecilia Sala è solo l’esempio di come una rondine non faccia primavera? Per intanto quella rondine ha volato seppur non vi siano più le stagioni di una volta…
Appena qualche giorno fa papa Francesco incontrando gli ambasciatori presso la Santa Sede, nel solco di quest’anno giubilare, ha spronato a «superare la logica dello scontro e abbracciare invece la logica dell’incontro», anche grazie alla «vocazione della diplomazia» che «è quella di favorire il dialogo con tutti, compresi gli interlocutori considerati più “scomodi” o che non si riterrebbero legittimati a negoziare». E perciò – ecco il perno di una possibile svolta – l’invito a dare una chance a una diplomazia della speranza «di cui tutti siamo chiamati a farci araldi, affinché le dense nubi della guerra possano essere spazzate via da un rinnovato vento di pace».

7 gennaio 2025 – Gli auguri di Papa Francesco al Corpo Diplomatico Vaticano

E se l’Europa, finalmente…

La questione posta da papa Francesco riguarda tutti. E questo può davvero essere il tempo della riscoperta del coraggio di parlarsi. Sia quando si è minoranza e sia quando si è maggioranza. L’obiettivo del bene condiviso da raggiungere richiede mosse coraggiose. Diplomaticamente coraggiose. La Terra Santa reclama iniziative coraggiose… 
Un protagonismo dal basso è necessario ma, ovviamente, non risolutivo. Il richiamo alla diplomazia della speranza è fondamentale che venga a scuotere i cosiddetti grandi del pianeta. Passaggio complicato, non impossibile. Altrimenti vorrebbe dire la resa al metodo del cinismo. Con annesso colpo di fucile ad abbattere quella rondine “invernale”. Altro che diplomazia della speranza.
Magari, perché non potrebbe essere la debole Unione europea a farsi soggetto attivo, propositivo, finalmente coraggioso, per favorire un rimescolamento virtuoso delle carte sul tavolo zoppicante della globalizzazione riluttante? Idealismo patetico e fuori tempo massimo, questo?  Una cosa è certa: senza un impegno dell’Europa la diplomazia della speranza ha meno margini d’azione.

@Nicolas Castermans Finalista Premio di Viaggio 2024 – The Independent Photographer

La mossa coraggiosa di san Francesco

Nel 1219, in Egitto, nel pieno della quinta crociata, un umile frate di Assisi decise di dare un segnale forte. Si lasciò alle spalle la frontiera del campo crociato per incontrare il capo del fronte avverso. Ben saldo nella fede, non aveva armi in pugno, vestiva semplicemente del suo saio. Quella volta vi fu l’incontro tra san Francesco e il sultano. Per quanto è dato sapere, allora si diede prova di come sia irriducibile al determinismo storico la diplomazia della speranza. Infatti, più storici indicarono in quell’imprevedibile e coraggioso dialogo, l’anticipo di un accadimento di pace che accadrà dieci anni dopo.
Altra rondine che non fa primavera?