Il bel gesto del bomber iraniano

Sardar Azmoun, attaccante della Roma, ha deciso di finanziare la partecipazione dell’atleta del suo Paese, Parisa Majnoumi, al Mondiale di Gran Fondo di ciclismo. Il calciatore è molto amato dal suo popolo, ma inviso al regime degli Ayatollah per il suo essersi molto esposto contro la violenza sulle donne (sfociata in stragi) così ben praticata dalla Polizia morale. Una piccola grande storia. Che ci insegna -oltre alla nostro silenzio e dimenticanza di quelle donne e di quei popoli, un modo di guardare a questo dramma. Un dramma figlio della mala-educazione che sfocia in ideologia maldestre. Un deficit dell’umano che colpisce dappertutto. Specie nell’Occidente liquido e sfatto.


1 dicembre 2023
Editoriale
di Enzo Manes

Il calciatore Sardar Azmoun – Mahasa Amini, uccisa a 22 anni a Teheran, Iran per le violenze della polizia morale – La ciclista Parisa Majnoumi

Quando ci imbattiamo in piccole o grandi storie avviene un fatto: scopriamo punti di chiarezza che incidono sulla nostra esperienza. Questa volta l’impatto è con una vicenda che vede come protagonista un buon attaccante arrivato questa estate alla Roma dal Bayer Leverkusen. Si chiama Sardar Azmoun, iraniano, il primo gennaio compirà 29 anni.
In patria è una stella assoluta del pallone, capitano della nazionale. Per il popolo, però. Per il regime molto meno. Azmoun si è esposto molto contro la violenza sulle donne che, come sappiamo, in quella terra è un problema drammaticissimo – come dimenticare le tragedie di Mahsa, Hadis, Armita solo per dire dei casi più eclatanti – anche se in Occidente riscalda poco l’interesse dei media, della politica e delle cosiddette piazze partecipi della causa femminile a intermittenza.
Per i suoi coraggiosi e continui interventi Azmoun ha rischiato di perdere la nazionale poi quel regime, nel suo caso, è venuto a più miti consigli per bieche ragioni di opportunità. Nell’ultima partita giocata contro l’Uzbekistan ha segnato due gol per la soddisfazione della sua gente vessata.

Il calciatore della Roma e della Nazionale Iraniana Sardar Azmoun

Una sensibilità attraverso atti concreti
Veniamo al piccolo grande fatto che lo riguarda.
Sardam Azmoun ha deciso di finanziare la partecipazione di un’atleta iraniana, Parisa Majnoumi, al Mondiale di Gran Fondo di ciclismo in programma il prossimo anno in Danimarca. Il finanziamento prevede di pagare di tasca propria le spese di viaggio e quelle relative all’alloggio e, più in generale, alla permanenza della ciclista oggi numero 1118 del ranking mondiale femminile stilato dall’Unione ciclistica internazionale. Va da sé che senza il gesto di Azmoun, Majnouni non avrebbe avuto alcuna possibilità di prendere parte al prestigioso appuntamento iridato come lei stessa ha ammesso quando è venuta a conoscenza dell’iniziativa dell’attaccante della Roma.
Evidentemente il valore di questa storia non risiede tanto nella natura economica del gesto bensì nella valenza umana e politica dell’atto e giustamente amplificata dalla sua notorietà internazionale; quella di uomo sensibile alla domanda di libertà che le donne iraniane continuano a testimoniare al mondo. Una sensibilità ideale che si esprime attraverso atti concreti.
Atti concreti, già. Come quella volta che in Austria con la sua nazionale per una gara amichevole, Azmoun ha coinvolto i compagni di squadra a indossare un giubbotto nero per coprire maglia e stemma del proprio Paese. Si è trattato di un omaggio alla memoria di Mahsa Amini, uccisa per aver indossato male il velo.
Su Instagram motivò con queste parole la decisione della singolare protesta, ovviamente ripresa e rilanciata dai mezzi di comunicazione: “Non posso più tacere. Cacciatemi. Se servirà a salvare anche una sola ciocca di capelli delle donne iraniane ne sarà valsa la pena. Resterà per sempre nella nostra coscienza. Vergognatevi per aver ucciso delle persone, lunga vita alle donne iraniane”. 

Incattiviti e prigionieri del problema
Allora, possiamo dire che questa storia rappresenta un punto di chiarezza che viene a incidere sulla nostra esperienza? Dipende da noi. Dal nostro attivarci per conoscere davvero il reale.
La violenza sulle donne è figlia di una mala-educazione sfociata in ideologie maldestre. Alcune liquide, altre solidissime. Comunque prodotte da un’umanità in deficit di umanità.
Divenuta incapace di vedere anche quando si allerta davanti ai delitti e ai soprusi contro le donne. Altrimenti non si spiegherebbe la scarsa attenzione fin qui dimostrata verso i drammi che si consumano in Iran e Afghanistan. La smemoratezza verso gli stupri e gli scempi sui corpi privi di difesa commessi il 7 ottobre dai terroristi di Hamas sulle donne israeliane.
Il deficit di umanità determina un incedere zoppo; il deficit di umanità genera urla e slogan in favore dei diritti delle donne e contro la violenza che subiscono mostrando però uno sguardo incattivito che dice molto del prevalere, in chi manifesta (non pochi in buona fede), di quel metodo malato che si vorrebbe combattere. Sbrigativamente si strepita alla soluzione trovata senza comprendere che così si rimane prigionieri del problema. Che così è come calarsi sugli occhi un velo.  C’è poi chi, per motivi altrettanto inopinati, fa di tutto per sminuire la portata del dramma. Non vede, un velo sugli occhi grande così.
Il deficit umano fa il suo corso.
Magari è dalle piccole storie, come quella del giocatore iraniano Sandar Azmoun, che conviene ripartire.
Un gesto che squarcia il velo di violenza e ipocrisia. Un gesto che può diventare sguardo umano e rivoluzionario.