I rischi della crypto economy nell’America trumpiana

Da MAGA (Make America Great Again) a MACE (Make America a Crypto Economy). Non è un gioco, questo. Ma un programma assai scivoloso e “tentatore”. Le grandi manovre sono in corso. E il ticket Trump – Musk promette sorprese. Destinate ad avere riscontri preoccupanti anche per l’economia globale. Il vicolo cieco del crypto – mercato


14 febbraio 2025
La befana delle criptovalute
di Walter Ottolenghi

Decisamente il ticket Trump-Musk è destinato a riservare molte sorprese. Qualcuna sta prendendo forma un po’ sottotraccia, ma non deve essere sottovalutata. Make America a Crypto Economy o MACE potrebbe essere presto un nuovo slogan da affiancare al fortunato acronimo MAGA (Make America Great Again). Un programma meno fumoso di tante sparate da campagna elettorale e certamente più concreto delle boutade pre-insediamento tipo spezzeremo le reni alla Groenlandia o lanceremo un Public Purchase Offer (OPA in italiano) sul Canada ecc. Anzi, più i media si ingolfano con queste junk news più l’attenzione sarà distolta da argomenti che il pubblico considera generalmente noiosi.
Ma su questo fronte le grandi manovre sono già cominciate. Meno spettacolari di incursori in tenuta artica paracadutati tra foche e orsi bianchi o di Seals che risalgono il Niagara, ma sicuramente più efficaci e focalizzate sull’obbiettivo. Il presidente della Stock Exchange Commission (SEC, equivalente alla CONSOB italiana) Gary Gensler, il cui mandato scadrebbe nel giugno 2026, ha presentato le proprie dimissioni anticipate con effetto dalla data di insediamento del presidente Trump. Più che un atto di galateo istituzionale un modo per evitare un’impossibile convivenza e il pericolo di uno spinoso contenzioso nel caso Trump avesse dovuto mantenere la promessa di licenziarlo come primo atto della sua nuova amministrazione. La legittimità di un simile atto avrebbe potuto infatti essere messa in discussione, avviando forse un procedimento legale sicuramente dannoso per la credibilità delle istituzioni e l’efficacia delle loro azioni.

Viva gli asset digitali!

La successione è già assicurata da Paul Atkins che, a detta del neopresidente USA “crede nella promessa di mercati dei capitali solidi e innovativi che rispondano alle esigenze degli investitori e che forniscano capitale per rendere la nostra economia la migliore del mondo. Riconosce inoltre che gli asset digitali e altre innovazioni sono fondamentali per rendere l’America più grande che mai”.  Un messaggio neanche tanto sibillino per dire che la Commissione costituita a tutela della trasparenza e della regolarità dei mercati finanziari nonché della sorveglianza sui conflitti di interesse nelle transazioni finanziarie concederà via libera al dilagare delle criptovalute.
La Befana per le criptovalute è puntualmente arrivata il 6 gennaio scorso ad una cena tra Trump e il CEO di Ripple Brad Garlinghouse, Bradley Kent Garlinghouse, e il rappresentante legale della stessa, Stuart Alderoty. Si dà il caso che la Ripple abbia in corso dal 2020 una causa legale con la SEC per aver venduto illegalmente token XRP come titoli non registrati. Il lieto convivio tra la nuova massima carica dello Stato e persone perseguite per comportamenti che in molti ordinamenti possono configurarsi come una lesione degli interessi dei risparmiatori e della regolarità del mercato suona invece come un forte messaggio di approvazione e incoraggiamento. Qualche commentatore l’ha anche interpretato come anticipazione dell’abbandono della causa da parte della nuova SEC.
In realtà non è stata una grande sorpresa. Dal giorno delle elezioni presidenziali, 5 novembre, in meno di un mese XRP ha guadagnato il 463% (al 3 dic.), perdendo poi il 25% entro fine anno per recuperare poi il 22% nei giorni precedenti la famosa cena. In attesa di capire se questi exploit contribuiranno all’America Great Again, certamente il portafoglio di qualcuno si è fatto improvvisamente e provvidenzialmente much greater.  L’andamento di XRP con oscillazioni fortissime in un periodo molto breve rappresenta un comportamento tipico per un cespite con natura speculativa di grado parossistico, privo di qualsiasi riferimento a parametri oggettivi del mercato finanziario e di qualsivoglia relazione col mondo dell’economia reale e sottratto ai poteri regolatori e ispettivi delle autorità. Preannunciando, anzi, l’ormai certo esautoramento di queste ultime. Grandi profitti per chi aveva ben chiaro lo scenario conseguente la vittoria repubblicana. Batosta per i suckers, gli sprovveduti saltati per ultimi sul treno in corsa finanziando con soldi buoni le vendite di token virtuali (letteralmente gettoni senza valore nominale) da parte dei primi arrivati e nuovi rialzi quando qualcuno ha spedito gli inviti e prenotato il tavolo per la famosa cena. Sarà stata opera dei camerieri?
Tranquilli, nessuno farà domande. Si tratta comunque di un episodio estremo, ma di valore limitato. Anche dopo il vertiginoso rialzo il valore totale degli XRP sul mercato ammonta a “soli” 145 miliardi di $.  Ben più consistente, in termini assoluti, l’incremento di valore “virtuale” di tutte le criptovalute in circolazione, incrementatosi del “solo” 64% tra l’election day e il 16 dicembre. Tasso di crescita che rappresenta la ragguardevole cifra di circa 1.500 Miliardi di dollari di valore magicamente creatosi in poco più di un mese. Più o meno quanto il Prodotto Interno Lordo della non piccola Spagna nell’anno 2023.

12 febbraio 2025 Conferenza stampa sul deficit USA nella Sala Ovale della Casa Bianca

L’esito? Un’esplosione di inflazione

Non è dato sapere se Trump tenterà di far modificare le metodologie di calcolo del PIL, che per fortuna sono stabilite per convenzione internazionale, per includervi anche questi numeri da circo. I suoi proclami sul ruolo del via libera allo svincolo delle criptovalute da ogni genere di controllo sul mercato, come motore di una nuova travolgente crescita economica, possono suggerire che qualche autorevole pressione sarà fatta, con tutto il peso che l’amministrazione USA potrebbe avere.
Se la sua idea di rendere grande l’economia parte da questi presupposti, basati sulla crescita illimitata di bolle speculative che si autoalimentano in progressione geometrica, lo scenario classico prevederebbe come conseguenza un’esplosione di inflazione. Alimentata da un’illusoria sensazione di ricchezza e dalla tendenza a disfarsi della moneta reale (il dollaro) non solo per un maggior acquisto di beni, ma anche per acquisire la cosiddetta moneta virtuale, che promette di rivalutarsi senza limiti. E senza che nessuna autorità abbia più legittimazioni sufficienti per intervenire ad evitare la catastrofe.
Dopo la SEC anche la FED (la banca centrale federale) potrebbe infatti passare momenti difficili. Già il suo vicepresidente Michal Barr ha rassegnato il 6 gennaio le proprie dimissioni, scontando probabilmente l’impossibilità di svolgere adeguatamente il proprio mandato a fronte delle esortazioni ricevute ad avere la “mano leggera” sul controllo delle attività bancarie.  Resiste il presidente Jerome Powell, nominato dallo stesso Trump nel suo precedente mandato. Non sono comunque mancate negli anni le frecciate sulla scarsa sensibilità “sociale” del banchiere centrale. Che potrebbe avere ora nuove preoccupazioni per il contenuto inflazionistico anche da altre misure preannunciate da Trump. Come i dazi sulle importazioni e i tagli fiscali. Non bastasse, aumentano i “rumors” sulla volontà di fare accettare i Bitcoin come componente, sia pur parziale, della copertura della Riserva Federale. Ipotesi non del tutto peregrina, se alla camera dei rappresentanti del Texas il deputato repubblicano Giovanni Capriglione (non facciamoci riconoscere, commenterebbe Totò) ha presentato una proposta di legge per costituire un fondo di riserva statale in Bitcoin.
All’esplicito patronage da parte del nuovo inquilino della Casa Bianca si affianca la frenetica attività pro-crypto del suo principale mentore, Elon Musk. Musk è stato molto abile nello sfruttare la propria popolarità, la fama di moderno Re Mida e il suo attivismo nel campo dei social media per diventare un protagonista di primo piano sul crypto mercato. In effetti le connessioni tra le dinamiche dei social media e quelle che stanno alla base della diffusione delle cosiddette monete virtuali sono molto forti. Come le prime hanno sparigliato il mazzo delle comunicazioni, tagliando ogni nesso tra la notizia e la responsabilità di chi la riporta o la produce, così questi strumenti di trasferimento di valore intendono tagliare ogni nesso con l’impianto teorico, giuridico e etico introdotto a partire dalla grande crisi del 1929 per evitare il suo ripetersi.

Il surrogato della moneta

Come avviene spesso nei fenomeni di manipolazione del linguaggio e del pensiero anche in questo caso il primo passo del processo è di natura semantica. La parola “coin” ha l’ambiguità sufficiente per prestarsi allo scopo: rappresenta infatti sia la moneta metallica sia il verbo coniare, che può essere utilizzato anche in altre lingue, oltre l’inglese, per la produzione di qualsiasi medaglia o gettone o anche in senso traslato per significare l’invenzione di nuove parole o nuovi concetti.  Nel linguaggio di tutti i giorni ha però il significato di moneta ed è a questo che “coin” viene immediatamente associato quando lo si sente o lo si legge. Ma è un termine che non appare in nessuna definizione legale o economica di moneta e denaro. Si è quindi abilmente evitato di utilizzare una parola che avrebbe comportato una grave responsabilità civile e penale, ma si è ottenuto lo stesso scopo pragmatico: battere privatamente e impunemente un surrogato della moneta senza limiti predefinibili.  Il gioco è riuscito talmente bene che i termini criptovalute o denaro virtuale vengono ormai comunemente utilizzati e si è creata, soprattutto in molti media, una bella confusione con la moneta elettronica, che è tutt’altra cosa, destinata a facilitare l’attività delle banche centrali e dei governi senza scostarsi dalle regole e dai limiti previsti per la creazione di moneta.
Siamo di fronte a un fenomeno che non ha niente di finanziario, tranne che nelle transazioni di acquisto o vendita dove bisogna giocarsi dei soldi “buoni”, ma ha più a che fare con un accurato quanto spregiudicato utilizzo di conoscenze di psicologia comportamentale applicata su scala di massa e delle teorie dei giochi.
In buona parte le stesse tecniche che costringono miliardi di individui a stare per ore incollati al telefonino o al tablet, sempre più inviluppati in una catena di rimandi obbligati, portatori di messaggi incontrollabili che volenti o nolenti condizionano il comportamento nella vita reale. Perché è comunque nella vita reale che si chiude il cerchio. E così come si chiude nel mondo dello pseudodenaro virtuale quando qualcuno pesca dalla rete un bottino di dollari “buoni” per trasferirli su investimenti più solidi. Peccato che la pesca (la parola phishing non ricorda niente?) non sarà uguale per tutti e nessuno ci dirà mai quando i pescatori più abili si saranno già ritirati dal gioco. Qualcuno potrebbe averlo già fatto, visto che una torta che oscilla tra i 3.000 e i 4.000 miliardi di dollari può aver già saziato gli appetiti di molti pionieri del settore. Ancora poca, se pur non piccola, cosa se la confrontiamo con i ca. 22.000 Md USD della massa monetaria M2 degli USA o i ca. 15.000 Md EUR dell’M2 dell’Eurozona. Ma con una velocità di crescita straordinariamente maggiore (v. Fig. 1 e 2).

Fig. 1 e 2

Le tecniche di drilling

Oltre alla curiosità sul fenomeno suscitata anche dai media più tradizionali, le app di intrattenimento rilasciate gratuitamente o strumenti di navigazione del web che convogliano verso siti di “suggerimenti finanziari” sono strumenti privilegiati per esaltare le potenzialità delle criptovalute. Presentate come strumento d’investimento dal brillante futuro. Il linguaggio utilizzato e le tecniche di drilling (trapanamento, come sinonimo di martellamento) sono molto simili a quanto usato da chi propone mirabolanti diete dimagranti o fenomenali rimedi contro la calvizie o l’impotenza. La leva di comportamento che ci si propone di mettere in moto è la frustrazione di chi si sente escluso, per qualche oscuro disegno della sorte o dei “potenti”, dall’accesso alla ricchezza, così come ci si può sentire ingiustamente esclusi dalla bellezza o dalla prestanza del corpo. Un messaggio nascosto, ma ben presente negli ideatori del progetto, è quello di sollecitare un sentimento di rivalsa verso l’ufficialità delle istituzioni, colpevoli di proporre solo soluzioni che richiedono impegno, tempi lunghi e anche un po’ noiose. L’itinerario lavoro-risparmio-investimento prudente, così come i percorsi terapeutici proposti dalla scienza e dalla medicina, possono essere agevolmente bypassati con qualche click sulla tastiera, senza naturalmente dimenticare quello del pagamento online, con la stessa sensazione di potenza con cui in un videogame chiunque, anche un bambino, può distruggere un’astronave aliena.

Elon Musk e Donald Trunp crypto

Il rischio concreto della ludopatia

Tornando all’altro versante del discorso, Musk ci ha preso gusto, portando il gioco oltre ogni limite di astrattezza. Le criptovalute sponsorizzate in vario modo dal magnate puntano sempre di più sul loro aspetto ludico, forse anche sulla ludopatia latente o palese di chi si inserisce nella partita, utilizzando come carattere distintivo i memi. Nel caso specifico, l’elemento più visibile è quello di associare a una nuova criptovaluta un meme, che può essere un’icona grafica che ha avuto un buon successo di diffusione in rete oppure un motivo musicale, un animale o un personaggio mediatico che godano di particolari simpatie, ecc. senza limitazioni predefinibili. L’iniziativa poggia le sue basi su una conoscenza non banale degli studi sulla generazione, diffusione, evoluzione e sopravvivenza dei contenuti culturali. Tra questi ci può essere il messaggio contenuto da un’icona grafica o altro che si può diffondere con uno schema di forma piramidale per fenomeni di imitazione, simpatia ecc. Si può quindi sconfinare nel campo delle neuroscienze. Inutile dire che l’iniziativa ha avuto uno scontato successo, data la consumata esperienza di Musk nel conferire alle sue parole lo stesso effetto del tocco del mitico re della Frigia.
Non meno mitica è stata la recente fortuna di Donald Trump, che ha vinto la scommessa della vita ancor prima di rimettere piede nello studio ovale. La vittoria elettorale sembra anzi quasi un corollario rispetto alla strepitosa crescita del suo patrimonio personale nel 2024. Soltanto nel marzo dello scorso anno circolavano articoli di stampa che davano per possibile e imminente la bancarotta del tycoon, bersaglio di ammende stellari comminate in alcuni procedimenti giudiziari, per far fronte alle quali non avrebbe avuto a disposizione la liquidità necessaria. Per di più nell’impossibilità di vendere rapidamente le proprietà immobiliari o di trovare un garante che le accettasse come garanzia per avallare i suoi obblighi verso la giustizia. Il patrimonio netto di Trump, che a inizio anno si era ridotto a 2,5 Md di dollari, a fine marzo, prima che si asciugasse l’inchiostro degli articoli che lo davano sull’orlo di un baratro, beneficiava di un repentino e provvidenziale incremento a 7 Md, quasi il triplo, arrivando a superare gli 8 Md nel corso dell’anno per poi assestarsi a 6,1 Md a fine anno (fonte: Forbes). Calcolando che il patrimonio immobiliare ammonterebbe a ca. 1 Md si può stimare che la ricchezza finanziaria sia passata da 1,5 a 5 Md, con un incremento netto di 3,5 Md. Come si è creata questa nuova ricchezza?
Non certo per un’improvvisa quanto inesistente impennata degli utili generati dalle imprese dell’impero trumpiano né dall’altrettanto inesistente deposito di un brevetto di scoperte capaci di innovare nella produzione di beni o servizi. Piuttosto un reimballaggio, un new packaging della sua società TMTG (Trump Media & Technology Group) con un’operazione di fusione inversa che ne ha permesso l’immediata quotazione in borsa saltando i tempi e le complessità della procedura ordinaria di ammissione. Non c’è bisogno di dire che nel solo primo giorno di quotazione il prezzo segnato permise al sanguigno azionista di registrare una plusvalenza, per quanto teorica, di ca. 4 Md di dollari sulla sua partecipazione di maggioranza del 53%.
La rinnovata fortuna di Trump si basa quindi sulla capitalizzazione di mercato raggiunta dalla TMGT, pari a ca. 7 Md di USD. La società ha 36 dipendenti, un patrimonio netto (valore contabile) negativo di – 67 milioni, nel 2023 ha generato ricavi per 4 milioni, una perdita operativa di 15 milioni, cui si aggiungono 39 milioni di interessi passivi sui debiti ed una perdita netta complessiva di 58 milioni.   Questi numeri, che mostrano la materiale inconsistenza della società, e la dinamica della valutazione borsistica possono essere sufficienti per fare assimilare le azioni TMGT a un meme coin, dove il meme è lo stesso Trump. Non sono comunque mancati meme coin veri e propri riconducibili a Trump, come Tremp, nome completo Doland Tremp!, e MAGA, che hanno avuto una vampata di rialzo dopo il perfezionamento dell’operazione TMGT. Ad essi si è aggiunto il meme coin DJT, le iniziali del nome del neopresidente, da tutti comunemente denominato Trump coin. Operazioni di tono minore, con un valore di mercato “solo” di qualche centinaio di milioni, che dopo l’impennata primaverile hanno subito pesanti ribassi, segno forse che l’attenzione si è concentrata su TMGT.

Ma gli anticorpi ci sono?

C’è da preoccuparsi? Purtroppo sì. Non siamo di fronte soltanto al discutibile successo di uomini d’affari abili e spregiudicati nel cogliere rapidamente le opportunità lasciate dalle inevitabili zone grigie del sistema. Non sappiamo quanto l’attacco in corso saprà cogliere il bersaglio o quando il giocattolo esploderà invece nelle mani di quanti lo stanno incautamente maneggiando. Ma la finalità sembra essere chiara: privatizzare, possibilmente nelle mani di una privilegiata oligarchia, una delle prerogative fondamentali di quella che normalmente definiamo sovranità. Cioè la legittimità di battere moneta, di regolamentare i mercati e di disciplinare la legalità di scambi e pagamenti. Non ultima, la capacità di esigere e riscuotere imposte, possibile solo in un’economia con un livello accettabile di trasparenza.
Lo stato di diritto e i sistemi di pesi e contrappesi che tengono in equilibrio i sistemi democratici avranno anticorpi sufficienti per tenere interessi personali tra i nove e i dodici zeri a distanza di sicurezza da interessi vitali per la società nel suo insieme?
Il minimo che si può dire è che l’inizio non sembra dei migliori.
L’ultima criptovaluta di successo si chiama Fartcoin.  Suo meme è l’inconfondibile rumore di una flatulenza che sostituisce il tradizionale beep ogni volta che viene conclusa una transazione online. La greve originalità della trovata ha velocemente eccitato folle di navigatori del web, disposti a versare dollari sonanti per deliziarsi alla performance che fu di Barbariccia e Rubicante nel canto XXI dell’Inferno, ed essere tra i primi a posizionarsi sulla nuova estrema frontiera della ricchezza virtuale.
Nel giro di una manciata di settimane ha raggiunto un volume in circolazione equivalente a un miliardo di dollari.  Grave errore, quindi, pensare a una boutade goliardica. È follia, forse, ma c’è sicuramente del metodo. Oggi per ogni abitante del pianeta circolano circa 500 dollari in criptovalute.