“Gino Bartali è l’uomo della speranza”

Così monsignor Attilio Nostro, vescovo della diocesi di Mileto – Nicotera – Tropea. A pochi giorni dall’inizio del Tour de France che partirà da Firenze, da quella terra di Toscana tanto amata dal fuoriclasse della bicicletta amico e rivale sportivo di Fausto Coppi, il prelato racconta di “Ginettaccio” per cui stravedeva Pio XII. E confessa: “Sono nato e cresciuto a pane e Bartali”. Monsignor Nostro ha il desiderio di vedere Gino Bartali pedalare verso la beatificazione, cominciando dal riconoscimento delle sue virtù.


21 giugno 2024
Gigante della storia
Conversazione con S.E. monsignor Attilio Nostro a cura di Angelo De Lorenzi

Gino Bartali detti Ginettaccio

“Abbiamo bisogno di eroi, ce ne siamo resi conto nei giorni scorsi quando abbiamo assistito in tv alle gare degli azzurri ai campionati europei di atletica. Gino Bartali, per me, è stato un eroe. Per questo motivo è un personaggio ancora molto amato, un gigante della storia”. 

Monsignor Attilio Nostro è il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, recentemente vittima di un grave atto di intimidazione – un bossolo è stato rinvenuto all’interno della sua curia – , episodio che segue quelli accaduti ad alcuni parroci della zona. Eppure il presule ha toni pacati, concilianti. È per la pace: “Un argomento che non sembra tanto di moda in questo periodo”. La sua saggezza arriva da lontano.
È diventato sacerdote da adulto, aveva iniziato a lavorare come commercialista: “Ho scoperto la mia vocazione frequentando Assisi e i luoghi francescani”.
Fisico imponente, statuario – in gioventù ha praticato con profitto la pallacanestro a livello agonistico – ha un debole per lo sport, in particolare per il ciclismo: “Tifo da sempre Francesco Moser e quando mi capita l’occasione vado a trovarlo a casa sua in Trentino”. Oltre a guidare la sua diocesi – è stato scelto da Papa Francesco nel 2021 – ricopre l’incarico di assistente spirituale della Vaticano Cycling Team, compagine sportiva che parteciperà, con un suo atleta, alle prossime Olimpiadi di Parigi.

Il Tour italiano

Spente le luci dell’atletica europea, proprio il ciclismo tornerà a breve alla ribalta con la partenza del Tour de France dall’Italia, un’edizione storica, all’avvio il 29 giugno, da Firenze, passerà per Rimini, Cesenatico, Bologna, Piacenza Torino, prima di varcare il confine; un tributo simbolico al nostro Paese e ai nostri campioni, come ha dichiarato di recente il direttore della corsa, Christian Prudhomme, in visita al Museo del Ghisallo di Magreglio citando il nome di Bartali, poi quello di Nencini e, infine, di Coppi. Proprio lo storico rivale del Campionissimo è un punto di riferimento del vescovo di Mileto, al quale, tempo fa, ha dedicato anche un interessante articolo sull’Osservatore Romano, dal titolo “Un campione e tre banane”.
Vi fa riferimento ad alcuni episodi fondativi del mito del corridore, come l’impresa al Tour che rasserenò gli animi di un’Italia ad un passo dalla guerra civile, la sua fede da terziario carmelitano, genuinamente devoto alla figura di santa Teresina di Lisieux, l’amicizia con il cardinale Elia Angelo Dalla Costa, che gli chiese di affrontare con coraggio la sfida più pericolosa, quella di mettere a rischio la propria vita per salvare tanti ebrei perseguitati dal regime nazi-fascista. “Mio papà, da giovane corridore dilettante, è stato un suo grande tifoso. Mi sono avvicinato a questo personaggio proprio grazie a lui. Così, in casa, siamo vissuti a pane e Bartali”. Al punto da intitolare al campione toscano l’oratorio di una parrocchia della capitale dove ha prestato servizio da parroco prima di diventare vescovo.

Mons. Attilio Nostro, Vescovo di Mileto, Nicotera e Tropea. Membro effettivo della Vatican Cycling, nonché assistente spirituale della sezione della polisportiva Athletica Vaticana, la Cycling entrata a far parte dell’Unione Ciclistica Internazionale il 24 settembre a Leuven, grazie all’abile lavoro diplomatico sportivo di Renato Di Rocco. Attlio Nostro parlerebbe per ore di ciclismo

Il valore dell’amicizia

Il suo tifo per l’”intramontabile” non lo ha mai nascosto, nemmeno quando, di fresca nomina vescovile nella basilica in San Giovanni Laterano, parlò del suo desiderio di vedere Gino Bartali verso la beatificazione, cominciando dal riconoscimento delle virtù. Al campione toscano nel 2013, dallo Stato di Israele, fu assegnato il titolo di Giusto tra le Nazioni per essersi prodigato, a rischio della vita, in favore di numerosi ebrei ai tempi delle persecuzioni nazifasciste. “Bartali è stato un personaggio straordinario che nel tempo difficile e travagliato in cui visse riuscì a superare i confini. Aiutò tutti – indistintamente – e senza farlo sapere finché fu in vita. Per lui l’amicizia era importante e aiutò concretamente tante persone. Si rese disponibile nei confronti dei poveri e di chi aveva bisogno. Sono numerosi gli episodi che attestano la sua generosità”.

La voglia

“C’è un fatto della vita di Bartali per me particolarmente commovente. Il campione si trovava in ospedale a causa di una caduta. Lascia per un attimo la sua camera e incontra la mamma di un bambino in lacrime. Il figlio aveva le mani ustionate e giaceva sofferente nel letto. L’episodio è raccontato nello sceneggiato televisivo “Gino Bartali. L’intramontabile” (del regista Alberto Negrin, con Pierfrancesco Favino nei panni del protagonista, ndr).
«Tu lo sai che mi hanno chiamato il re della montagna? Tutti quanti pensano che sia per le mie gambe. Non è mica vero.  Tu lo vuoi sapere il mio segreto? Però lo prometti? Non lo dici a nessuno». «Prometto», risponde il bambino. «Non sono le gambe, è la voglia. In montagna uno pedala, pedala; a un certo punto ti manca il fiato, le gambe ti fanno male da morire e dici: io smetto, basta, mi ritiro. Quello lì è il momento della voglia». «Che voglia?»  chiede il bambino: «La voglia di dare un altro colpo di pedale», risponde Bartali. Il piccolo ribatte: «Io non ce l’ho la voglia». Bartali, paziente, risponde: «Ce l’hanno tutti la voglia, solo che tu non sai, ma se tu la trovi, vedrai che guarisci». “Al termine del dialogo, Bartali inforca la sua bici che si era portata in ospedale e inizia a pedalare, seppur sofferente a una gamba, intorno al bambino, che vedendo il campione in azione torna così a sorridere e a sperare anche nella sua guarigione”.

Pedalava e pregava

“Sono pochissimi i personaggi di cui, a distanza di anni dalla scomparsa, si continua ancora a parlare con passione e trasporto: Bartali è uno di loro”. “Della sua religiosità possiamo dire molte cose – racconta monsignor Nostro – come la sua frequentazione alla Messa, spesso in disparte, quasi di nascosto perché era un personaggio famoso e non voleva creare scompiglio in chiesa tra i fedeli. Della sua fede e umanità attestano le lettere che scrisse alla fidanzata e poi moglie e che sono state conservate. C’è poi un fatto che mi piace ricordare: nel 1953 quando stava per ritirarsi dall’attività agonistica dichiarò che gli dispiaceva tanto perché quando pedalava lui pregava. 
Un Papa, Pio XII, era un suo accesissimo tifoso, ne era ‘innamorato’. In un celebre discorso tenuto agli uomini di Azione Cattolica nel 1947 lo additò addirittura a modello ai fedeli dell’Azione Cattolica”.
Conviene ricordare un brano del suo discorso. Il Pontefice sollecitava all’azione: «Siete pronti? I fronti contrari, nel campo religioso e morale, si vengono sempre più chiaramente delineando: è l’ora della prova. La dura gara, di cui parla san Paolo, è in corso; è l’ora dello sforzo intenso. Anche pochi istanti possono decidere la vittoria. Guardate il vostro Gino Bartali, membro dell’Azione cattolica; egli ha più volte guadagnato l’ambita “maglia”. Correte anche voi in questo campionato ideale, in modo da conquistare una ben più nobile palma: Sic currite ut comprehendatis (1 Corinzi 9, 24)».
Sono passati tanti anni da quelle parole, ma il messaggio, l’insegnamento di “Ginettaccio” sembra estremamente attuale, declinato ai giorni nostri che sono ancora tempi di guerra e divisioni: “Bartali è per noi l’ambasciatore di pace, è quell’uomo che con la scusa di allenarsi sui 200 chilometri tra Firenze e Assisi trasportò per molte volte e in gran segreto documenti falsi per creare salvacondotti, nascondendoli nella canna della bici. Bartali è l’uomo della speranza, che è proprio il filo conduttore del prossimo Giubileo”.
Insegnamento è più che mai necessario.

Fausto Coppi e Gino Bartali