Emil Zatopek, il maratoneta della libertà

Alle olimpiadi di Helsinki del 1952 questo campione ineguagliato delle lunghe distanze vince nella maratona, nei 5000 e 10.000 metri. In Cecoslovacchia per il suo popolo è un eroe. Per il regime comunista uno strumento di propaganda. E quando nel 1968 partecipa alla Primavera di Praga, il totalitarismo lo umilia. Prova ad annullarlo. Ma non ci riesce. Perché l’ideologia non taglia mai per prima il traguardo. La storia meravigliosa di un “senza potere”. Che ama il profumo della primavera. Un profumo che va di continuo annusato…


23 settembre 2022

Il 19 settembre 1922 è ricorso il centenario della nascita di un mito dell’atletica leggera: Emil Zatopek.
A lui è  riuscita un’impresa all’olimpiade di Helsinki del 1952  rimasta finora senza eguali: medaglia d’oro nella  maratona e nei 5.000 e 10.000 metri. Per il popolo  cecoslovacco un eroe. Sgraziato ma con polmoni e  muscoli eccezionali.
Le gambe assecondavano il suo incedere che pareva sempre affaticato, quasi al limite dello sfinimento. E invece no. Anche questa sua lotta, ad un’eleganza che  nella corsa non ha mai avuto, lo ha reso un mito.

Il regime comunista di Praga, come di norma si fa nelle dittature, fece di Zatopek uno strumento della propaganda, tanto più che il fenomenale atleta era un colonnello dell’esercito. Lui era orgoglioso di essere amato dal suo popolo, di correre e vincere per il suo Paese. Però molto meno affine a un regime che negava la libertà alla persona. Che si reggeva sulla menzogna, il sospetto, l’annichilimento dell’io.
E così, quando avvertì nell’aria l’odore salubre della primavera, non ebbe dubbi nel sostenere il tentativo di Alexander Dubček: fu infatti tra i primi firmatari del “Manifesto delle 2000 parole” pubblicato il 27 giugno 1968, insieme a intellettuali, professori e studenti.
Un documento che si richiamava al programma di riforme pensato da Dubček.

Mai arreso al rumore dei carrarmati

Per la sua notorietà conquistata sulle piste di tutto il mondo, Zatopek riteneva che il regime non lo avrebbe preso di mira. Non fu così. L’eroe di Helsinki venne umiliato, degradato ed espulso dall’esercito, licenziato dal club sportivo nel quale svolgeva con passione e competenza il ruolo di allenatore. E, infine, costretto a lavori durissimi, anche lontanissimo da casa: manovale in una miniera di uranio, addetto all’imballo di cemento, spazzino. Un tempo che non passava mai e lungo sette anni. Tuttavia, Zatopek non si è mai arreso alla logica dei carrarmati, della dignità calpestata, dei diritti elementari sotterrati. E per il suo popolo ha continuato ad essere l’eroe delle medaglie d’oro, colui che tutto il mondo aveva ammirato e soprannominato “la locomotiva umana”. Emarginato dal regime asservito a Mosca, amato dalla gente semplice che lo incontrava per strada e immediatamente lo riconosceva. Allorché venne giù il Muro di Berlino, il suo Paese che andava conoscendo i benefici della democrazia, si sentì in dovere di porgergli pubbliche scuse. Forse è stata questa la sua vittoria più bella. Quella conquistata senza piegarsi al rumore sordo dei carrarmati. Un maratoneta della libertà, insomma. Un “senza potere” che ha dato testimonianza di vita attraverso umili e forti gesti di libertà. Che ha staccato, dopo una faticosissima e lunghissima corsa, quell’ avversario potente e ben allenato chiamato totalitarismo.


L’alba della primavera

Quella di Zatopek non è una storia lontana, sbiadita. Ma è una storia da scoprire e riscoprire in un mondo zoppicante e rattrappito dove la libertà della persona non è sempre di casa. Con l’aiuto del libro di Gianluca Morassi “La primavera di Zatopek” (edizione Bolis, 16 euro). E magari tornando al Vaclav Havel de “Il potere dei senza potere” (La casa di Matriona – Itaca). E tenendo a mente questo pensiero di Franco Arturi, storica firma della “Gazzetta dello Sport”. Mentre Zatopek «subiva angherie da un regime odioso, dichiarò a una televisione austriaca che escludeva di riparare all’estero ‘perché prima o poi l’alba della primavera 1968 tornerà a spuntare’. Aveva ragione: il destino gli permise di vedere quell’alba, prima di chiudere gli occhi per sempre per le conseguenze di un ictus il 22 novembre 2000. Il campionissimo della libertà».


Immagini (in ordine di apparizione):
Emil Zàtopek
Herbert Schade, Alain Mimoun, Emil Zátopek 1952
Emil Zatopek con il Presidente della Repubblica Ceca Vaclav Havel
Emil Zatopek durante la Primavera di Praga, 1969
Vaclav Havel Fotografia di ©Tomki Nemec