Dostoevskij in Terra Santa

La mattanza del 7 ottobre e la logica della vendetta che chiama vendetta mostrano il volto incarognito del nuovo re nichilista ben saldo sul suo trono di morte. Che fa proseliti assai affascinati anche in Occidente. Quella del nichilismo che si appiccica all’uomo è vicenda piuttosto familiare. Che la grande letteratura ha ben raccontato. Utile a comprendere ciò che sta accadendo oggi. Una comprensione che non può che essere un cammino di incontro con la speranza che non si arrende. Una voce che risuona tra le bombe e gli slogan che tutto dividono in nome del nulla.


3 novembre 2023
Editoriale

Gerusalemme

Nel 2002 André Glucksmann, francese, uno dei più famosi filosofi contemporanei, dava alle stampe un libro fulminante fin dal titolo: “Dostoevskij a Manhattan”.
In Italia uscì per le edizioni Liberal libri. In quelle pagine l’autore riflette sulla nuova faccia (o maschera?) del terrorismo nichilista dopo quel che è accaduto a New York con il clamoroso attentato alle Torri Gemelle. Appoggiandosi alla grande letteratura e in particolare al lascito dirompente del grande russo Fedor Dostoevskij. E i suoi Demoni. Con l’effigie nichilista del niente da perdere, niente da salvare.
Con lo sbriciolamento delle Torri e le migliaia di morti, nel XXI secolo si è avviata la lunga e risoluta marcia del nuovo terrorismo nichilista. E così, la mattanza del 7 ottobre 2023 provocata dai terroristi di Hamas con l’apice del pogrom nei kibbutz israeliani vicini alla striscia di Gaza e nel rave in corso nel deserto del Nagev, ha portato dritto Dostoevskij in Terra Santa.
La mattanza del 7 ottobre 2023 ha fatto vedere in un mondo che vede sempre meno come il nuovo re nichilista è ben saldo sul trono. E che trova sudditi piuttosto affascinati anche in Occidente. Una fascinazione, comunque, che viene da lontano. Il nichilismo ha una familiarità a fare su l’umano piuttosto radicata. Robert Musil, finita la tragedia della Prima guerra mondiale, si vede costretto a constatare con amarezza: «Eravamo come quei viaggiatori dei wagons – lits che si svegliano solo al momento della collisione».
Aggiunge Glucksmann, quasi un secolo dopo: «I sopravvissuti, dopo aver smaltito la sbornia, si riaddormentano profondamente, cullati dall’ideologia da wagon – lit dei gentiluomini specializzati negli happy end». Dalla culla wagon – lit al trono dell’ideologia contemporanea con il marchio demoniaco del nichilismo più aggressivo e sterminatore. Viviamo il tempo del gaudente sterminatore sostenuto, nel suo fare contro natura, dal fragoroso applauso di irrefrenabili piazze. Il nulla tracima, non si ferma. Predica male e razzola peggio: mors mea mors tua.

Il pensatore – Auguste Roden – statua en plain air a Parigi – anche statua al sommo della Porta dell’Inferno (Auguste Rodin – Mueseo d’Orsay)

La foto nichilista di Anna Frank

Le vittime innocenti, i popoli vittime sono nulla in questa disputa violenta. Danni collaterali deposti ai piedi del trono del nichilismo regnante. Distruggere? È bene. Annientare l’altro? È molto bene. Distruggersi e annientarsi? È bene e molto bene. Viene giù il mondo. Si sfarinano le evidenze. La realtà è una pietra d’inciampo da levare di torno. Possiamo dire che quel che oggi è evidente è l’annullamento delle evidenze. Il ritratto di Anna Frank con al collo la kefiah palestinese ha un non so che di tragico; una fotografia che esprime efficacemente quanto sia divenuto contagioso il morbo del nichilismo del terzo millennio.
È il crollo delle evidenze di cui hanno sempre parlato papa Benedetto XVI e Francesco. Tutto si può rovesciare. Perché vale tutto e il contrario di tutto, perciò non vale niente. Perfino la vita umana. Il nichilismo è la postura dispotica che cattura e annichilisce l’io. Un prodotto dell’io. Ne “I Demoni”: «Partendo da una libertà illimitata, concludo a un illimitato dispotismo». Eccoci qui, allora. Con addosso il virus del nichilismo fondamentalista.
Amos Oz, scrittore israeliano in merito a questo commentava: «I fondamentalismi? Perché i punti nodali del conflitto israelo-palestinese sono diventati sempre più complessi e molta gente cerca risposte semplificatorie. Risposte di cinque parole, slogan. Il fondamentalismo propone sempre una risposta sola a tutti i problemi del mondo. Una piccola formula e ogni cosa è sistemata. Ma, attenzione, il fondamentalismo non è solo fuori di noi, è dentro ognuno di noi. È utile riconoscere il piccolo fanatico dentro di noi e confrontarcisi».

Anna Frank con la kefiah palestinese al corteo pro palestina di Milano

Risuona la voce della speranza

Amos Oz suggerisce un cammino per non perdersi definitivamente. Muove dal riconoscimento del proprio male, del fondamentalismo nichilista che ha grande presa. Tuttavia, pulviscoli di speranza ci sono in questo presente aggredito dal nichilismo. Ma per vederli, incontrarli, è decisivo recuperare la vista. La speranza è un segnale forte che si può vedere, irriducibile, che annulla il nulla, la logica distruttiva. Folgora Marguerite Yourcenar quando dice: «Una generazione assiste al sacco di Roma, un’altra all’assedio di Parigi o a quello di Stalingrado, un’altra al saccheggio del palazzo d’Estate: la presa di Troia unifica in una sola immagine questa serie di tragiche istantanee, focolaio centrale di un incendio che infuria nella storia, e i lamenti di tutte le vecchie madri che la cronaca non ha avuto il tempo di sentir gridare trovano una voce nella bocca sdentata di Ecuba…»
Magari una voce che all’improvviso, nella Terra Santa che non conosce requie ma dove si è vissuta l’esperienza del legno della Croce rimasto incorrotto, risuona più alta delle bombe e dei missili. Per affidarsi alla sola speranza: vita tua, vita mea.

©W. Albert Allard