Clint Eastwood, il McCarthy del cinema
Una carriera monumentale per un attore e un regista indimenticabili. Un volto unico che rimane impresso. Una star suo malgrado. Un antidivo per eccellenza come il grande scrittore della frontiera. Questo artista californiano ha saputo regalare storie e personaggi che hanno attraversato epoche senza mai sbiadire.
L’incontro con il maestro Sergio Leone; la sfida al genere con i suoi personalissimi western; la guerra, i gialli, le relazioni fra vicini di casa. Per approdare oggi a “Giurato numero 2”, ovvero al racconto di una vicenda complicata, quella sul difficile rapporto fra verità e giustizia
29 novembre 2024
In fila per dieci film
di Beppe Musicco

Clint Eastwood l’anno prossimo compie 95 anni, e alle richieste sul suo ritiro ha sempre fatto l’esempio del regista portoghese Manoel De Oliveira, che diresse il suo film a 107 anni, morendo poco dopo averlo terminato. Quindi anche le voci che si riferiscono a “Giurato numero 2” come la sua ultima opera dietro la macchina da presa, a nostro parere vanno prese con notevole beneficio di inventario.
Per i pochi che non conoscono la monumentale opera dell’attore scoperto da Sergio Leone che ne fece il protagonista per antonomasia del western all’italiana, e poi pluripremiato regista, ci permettiamo di segnalare 9 film +1 che possano aiutare a comprendere perché di Clint Eastwood si continuerà a parlare ancora a lungo. Nota bene: l’elenco in ordine cronologico, che mescola film in cui è solo interprete e altri i nei quali è solo regista e che si conclude con la recensione di “Giurato numero 2”, non vuole essere assolutamente in forma di classifica. Ognuno li ordini secondo il proprio gusto personale.
10. “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966)
La parte finale della “Trilogia del dollaro” di Sergio Leone aggiunge Eli Wallach come spalla comica a Eastwood e Lee Van Cleef, che si erano incontrati l’ultima volta in “Per qualche dollaro in più” (1965). Tutti e tre interpretano dei reietti sulle tracce di un tesoro sepolto, sullo sfondo di un’epica guerra civile americana. La resa dei conti strabica nel cimitero, coreografata sulla colonna sonora di Morricone, è – credeteci – il massimo del cinema.
9. “Gli spietati” (1992)
Eastwood è il protagonista di questo western (premiato con l’Oscar) nei panni di un allevatore di maiali vedovo che pensa che i suoi giorni da cacciatore di taglie siano finiti, finché non sente parlare di una taglia di 1.000 dollari sulla testa degli uomini che hanno sfregiato il volto di una prostituta. Ma prima deve superare lo sceriffo Gene Hackman. Con il regista-protagonista completamente in controllo della sua figura sullo schermo e attingendo alla sua storia di interpretazione di uomini violenti, costruisce senza ironia verso una resa dei conti che è tanto tragica quanto catartica.

8. “Un mondo perfetto” (1993)
Dopo i successi di “Balla coi lupi”e“Guardia del corpo”, Kevin Costner rischiò la sua fama interpretando un criminale che prende in ostaggio un bambino, figlio di due Testimoni di Geova. Una splendida parabola sulla realtà della vita e sull’ingresso nel mondo degli adulti.
7. “I ponti di Madison County” (1995)
Un fotografo girovago smette di scattare foto ai ponti storici dell’Iowa abbastanza a lungo da avere una relazione passionale con una casalinga del posto (Meryl Streep in abiti trasandati). Dal punto di vista della recitazione, Eastwood lascia saggiamente la maggior parte delle emozioni alla sua co-protagonista, con risultati che sono davvero toccanti.
6. “Mystic River” (2003)
Il film di Eastwood tratto dal romanzo giallo di Dennis Lehane ha fatto guadagnare a Eastwood la sua seconda nomination all’Oscar come miglior film. Un trio di amici d’infanzia che, dopo un brutale omicidio, si riuniscono da adulti per risolvere gli eventi che hanno portato all’atroce crimine.
5/4. “Flags of Our Fathers”/ “Lettere da Iwo Jima” (2006)
In un audace esperimento del 2006, Eastwood ha girato due film consecutivi che esaminavano la battaglia di Iwo Jima della Seconda guerra mondiale dal punto di vista di entrambe le parti. Il primo film, “Flags of Our Fathers”, si è concentrato sui sei americani che erano i soggetti dell’immagine iconica dell’innalzamento della bandiera statunitense su Iwo Jima. Ma è stato il suo pezzo complementare, “Lettere da Iwo Jima”, che è stato criticamente il migliore dei due, esaminando la battaglia dal punto di vista giapponese.
3. “Gran Torino” (2008)
Eastwood, settantenne, si dirige nei panni di un veterano razzista della guerra di Corea che lega con i suoi vicini asiatici nella Detroit operaia. L’azione e i dialoghi sono un po’ prevedibili, ma visti alla luce della sua lunga carriera, persino la prevedibilità si trasforma in sincera commozione.
2. “Sully” (2016)
Eastwood ha sempre avuto un legame con gli eroi, che siano sullo schermo o nella vita reale. E non c’è eroe contemporaneo più celebrato del pilota Chesley Sullenberger, comunemente noto come Sully, che nel 2009 ha salvato un aereo pieno di passeggeri su un volo US Airways in avaria facendolo atterrare nel mezzo del fiume Hudson a New York City. E Eastwood ha scelto uno degli attori più amati d’America, Tom Hanks, per il coraggioso pilota.

1. “Giurato numero 2” (2024)
Il fatto che “Giurato numero 2”si concentri sui concetti di verità e giustizia e sulle loro applicazioni mostra le convinzioni del regista, che più volte ha mostrato di credere quanto le leve del potere americano siano imperfette, ma comunque abbiano alla base un sincero sentimento di giustizia.

Justin Kemp (Nicholas Hoult), giornalista di una rivista di lifestyle con una moglie incinta a casa (ma anche alcolista in via di recupero), viene scelto per far parte della giuria del processo per omicidio a un uomo accusato di aver picchiato la sua ragazza e di averne gettato il corpo in un burrone a bordo strada. Ma Kemp crede che il crimine sia in realtà colpa di un pirata della strada, e che quel pirata sia probabilmente lui. Il caso contro James Sythe (Gabriel Basso) sembrerebbe essere aperto e chiuso, poiché è stato visto prendersela verbalmente con la sua ragazza Kendall (Francesca Eastwood), e rompere una bottiglia di birra al tavolo a cui erano seduti mentre bevevano in un bar. A rappresentare Sythe c’è Erik Resnick (Chris Messina), che sembra convinto dell’innocenza del suo cliente ma che deve confrontarsi con il pubblico ministero Faith Killibrew (Toni Collette), un’avvocatessa determinata che si candida per la carica di procuratore distrettuale attraverso una campagna dura contro la criminalità.
Mentre il caso procede, Justin inizia a rendersi conto di essere stato al bar la stessa sera in cui Kendall sarebbe stata assassinata, e che potrebbe non aver investito un cervo, come credeva all’epoca. Sobrio e fedele al suo programma degli Alcolisti Anonimi, il nostro tormentato protagonista si rivolge prima al suo sponsor, Larry Lasker (Kiefer Sutherland), che è un avvocato, e che dice a Justin che, se scoperto, verrebbe giudicato senza pietà come un alcolizzato assassino. Quindi Justin decide di giocare la sua unica carta: convincere i suoi pari che Sythe è un uomo innocente.
Il primo atto di “Giurato n.2” si svolge come una versione di “Rashomon” di Akira Kurosawa, poiché non è mai del tutto chiaro cosa sia successo esattamente la notte della morte di Kendall, con i flashback tesi a offuscare ogni possibilità di verità assoluta. E quando la giuria si ritira per discutere il caso, “Giurato Numero 2” arriva a trasformarsi in una versione di “La parola ai giurati”di Sidney Lumet, come se il giurato di Henry Fonda fosse segretamente l’assassino.
Il film procede bene a dispetto della difficile credibilità di certi punti della trama. Harold (J.K. Simmons) è all’inizio l’unico altro giurato che vuole assolvere l’imputato e si rivela essere un detective veterano in pensione, cosa che normalmente sarebbe saltata fuori durante il processo di verifica, e come tale lo squalificherebbe.
Il Resnick di Messina è presentato come un difensore d’ufficio estremamente capace e abile, ma poi sembra estremamente strano che gli sia sfuggita quell’informazione o che interroghi l’ultimo testimone al fatto senza mettere in dubbio quello che l’uomo dice di aver visto. Mentre le certezze dell’accusa iniziano a sgretolarsi, il film di Eastwood si appoggia a una serie di scelte più da serie tv e di personaggi che sembrano esistere solo per aiutare a far avanzare la narrazione. Ma “Giurato Numero 2” lancia uno sguardo moralmente indagatore al sistema legale americano, chiedendosi se sia ragionevole condannare qualcuno sulla base di qualcosa di così fallibile come la memoria. Sebbene il film sia incentrato su Justin, la sua considerazione della precarietà del sistema è meglio esemplificata attraverso il personaggio di Toni Collette che, sebbene risoluta e capace, è ostacolata da un’ambizione che la acceca di fronte alle verità più ovvie. Attraverso di lei vediamo l’aula di tribunale come un luogo in cui dobbiamo fare i conti con l’immagine di noi stessi, e quanto possiamo essere limitati dai nostri pregiudizi e preconcetti.