Buon viaggio! Per uscire dal guscio dell’abitudine

La realtà non è ostile alla persona. La realtà non è il mondo che vuole male a chi lo abita. Ma come abitare il mondo, come stare al mondo è questione di vita. Questo è il tema forte di ogni epoca. Perché ogni epoca è attraversata da crisi che potrebbero suggerire alla persona la sola via di scampo: mettersi al riparo dalla realtà matrigna. Don Luigi Epicoco suggerisce un’alternativa credibile alla fuga, alla rassegnazione, al rimanere al palo, chiusi dentro nella propria casa pensando di farla franca. Mettersi in viaggio è l’alternativa. Che vuol dire prendere sul serio una crisi. Che vuol dire affrontare il largo con la certezza di qualcosa. Così la caduta non limita. Viaggiare così ha il significato di una bella sfida alla cultura della resa incondizionata alla realtà che si ritiene priva di senso. Ciò che distrugge la speranza è una vita che non si muove. Una non vita. Si può ripartire dalla lezione di vita del viaggiatore Enea


10 febbraio 2023
Editoriale

©Giovanni Chiaramonte – Particolare di Glienicke, Germanis Est 1984 da Realismo infinito Electaphoto 2022

“Il viaggio è prendere sul serio una crisi”. Questo pensiero che don Luigi Epicoco (filosofo, autore di saggi) ha offerto alla riflessione nell’incontro promosso dal Centro Culturale di Milano (con lui lo scrittore Daniele Mencarelli, autore che ama far viaggiare i propri personaggi) è un invito a uscire ciascuno dal proprio guscio. Il tentativo di mettersi al riparo dalla realtà, collocandola al fuori delle proprie sicure mura, è una posizione che limita.

Una crisi mette paura? Allora mi metto sulla difensiva. Me ne sto al chiuso. Nella casa intesa come guscio. Quella scelta è la resa dell’umano a qualsiasi crisi. Non risolve la questione. Così è una vita ridotta, monca, manca di tutto. C’è l’illusione di averla scampata, di essersi protetti dai rovesci della realtà. Ma è appunto un’illusione.

©Giovanni Chiaramonte – Lisboa, 1996 da Realismo infinito Electaphoto 2022

La sfida a ogni crisi

Il guscio imprigiona la persona. La rende pallida, tiepida, vittima dell’abitudine del rinunciatario. Epicoco rilancia. Chiama in causa il viaggio. Cioè: uscire dal guscio per andare al largo e ingaggiare seriamente la sfida con una crisi. Vale a dire, fare i conti, prendere davvero sul serio ciò che ci accade nella vita. E scoprire, nella pratica del viaggio, che la realtà non è matrigna, non ti vuole male. Che la realtà non è una malattia che ti provoca la febbre alta. La realtà è il posto che abbiamo nella vita. E per vivere la vita occorre viverla. Non voltandole le spalle. Non rimanendo al passo. Fermi.

Una cosa possiamo dirla: restando fermi, chiusi nel proprio guscio, della vita non si capisce nulla. E quindi ogni crisi la si subisce. La crisi così vince. Ma cosa ci dovrebbe proiettare fuori? Cosa ci dovrebbe mettere in viaggio? L’assenza di certezze?

La crisi come certezza dell’instabilità? Epicoco entra in conflitto con questa prospettiva. Per lui, ci si mette in viaggio proprio perché si è certi di qualcosa. Perché esiste qualcosa di stabile e di certo l’uomo può permettersi di praticare la passione del viaggio. Possiamo praticare il viaggio forti di qualcosa di certo e stabile ed è in questo orizzonte che possiamo permetterci l’esperienza di una crisi, di una caduta. Cado nella certezza che la caduta non chiude la partita. Perché se così non fosse il nostro viaggio sarebbe inutile, infruttuoso, deludente. Un viaggio nel guscio.

©Giovanni Chiaramonte – Athina, Grecia, 1988 da Realismo infinito Electaphoto 2022

Si osa il viaggio perché ci si fida di qualcosa

Per cui si osa non in sprezzo del pericolo. Ma si osa perché si ama la vita, perché ci si fida della vita. Dentro le crisi che possono anche essere tragedie. Come nel caso di Enea, che ha fatto esperienza drammatica dell’incendio della sua città. Un fatto che pare frantumare tutto. La realtà ostile. Enea, davanti a quel crollo potrebbe prendere l’iniziativa di crollare con onore pure lui, dice Epicoco. Invece, no. Decide di affrontare il viaggio. Un viaggio inedito poiché non conosce che ne sarà.

Tiene con sé l’essenziale, cioè ciò che salda, gli affetti, il padre, la moglie, la prole. E parte. E va, Prende il largo. Osa. In quel presente prende la decisione di fare i conti con la propria crisi. Nel nostro presente come ci comportiamo quando una crisi irrompe senza chiedere il permesso? La risposta a questa domanda è roba da donne e uomini veri. Da donne e uomini che si prendono sul serio e perciò prendono sul serio la realtà. E perciò si mettono in viaggio, non chiudono la porta di casa a doppia mandata illudendosi che la crisi non sappia scardinare la serratura. Accettare con passione e gusto di mettersi in viaggio significa abitare la propria casa come fosse il mondo. Significa abitare il mondo come fosse la propria casa. Quel che ci dice Epicoco – che è poi un approccio molto interessante alla cultura quale veicolo per interagire con la verità della vita – è vicenda che riguarda qualsiasi persona che calpesta questo pianeta.

©Giovanni Chiaramonte – Trapani, 1999 da Realismo infinito Electaphoto 2022

La cultura della rassegnazione non fa viaggiare Enea

Nel suo pensiero non vi è un’estetica della crisi, un crogiolarsi magari contrito nella sequela all’insoddisfazione. Non vi è astrazione, parole che si porta via il vento. Come purtroppo avviene in non poca letteratura del disagio sganciata dal desiderio di venirne a capo. Vale a dire: una cultura della rassegnazione, del non c’è nulla da fare. Una cultura del guscio che mette l’io in una sola condizione: quella di alzare le mani. Di arrendersi. Una cultura che non sa viaggiare. In fondo: una cultura che non tiene in considerazione la persona.

Una cultura che non abita il mondo perché in fondo non gli importa di provare a conoscerlo. Una cultura che quella volta non avrebbe mai preso in considerazione la sola trama avvincente, la sola trama di vita: far viaggiare Enea. Enea la realtà.