Beato Angelico: l’arte si fa avvento
L’incontro con il suo sguardo d’artista è un vero privilegio. E grazie al Museo Diocesano diMilano è ora alla portata di tutti coloro che ne vorranno fare esperienza visitando la mostra Beato Angelico. Storie dell’Infanzia di Cristo. Anta dell’Armadio degli Argenti dal Museo di San Marco di Firenze. Un’esperienza possibile fino al 28 gennaio 2024. Un’esperienza unica perché attraverso dettagli sorprendenti e colori smaglianti il grande pittore entra e ci guida al mistero dell’Incarnazione.
1 dicembre 2023
Pennellate come preghiera
di Marina Mojana
Ogni pennellata era per lui una preghiera, da quando, poco più che ventenne, era entrato nell’ordine dei domenicani, aveva messo il suo talento di pittore al servizio di tutti, per dare maggior gloria a Dio. Quante volte, nell’arco di una carriera trentennale, ricca di opere, viaggi e successi, aveva dipinto il volto di Maria di Nazareth, la fanciulla ebrea che per fede diventa madre di Dio, figlia del suo Figlio? Quante volte aveva meditato sul mistero del popolo eletto e dell’Incarnazione di Cristo nel tempo e nella storia?Dalla nascita del Messia, alla sua passione, morte e resurrezione, la storia della salvezza era per il frate pittore una storia di famiglia, studiata e approfondita nella comunione con i santi confratelli che lo avevano preceduto nell’ordine domenicano, sommi teologi e mistici come Tommaso d’Aquino e Caterina da Siena. Ma per una grazia speciale tutta sua, ciò che noi oggi sappiamo, lui lo vedeva; quello che si insegnava a catechismo, lui non doveva studiarlo, lo vedeva. Non aveva più bisogno di credere, perché vedeva e la sua preghiera si faceva visione luminosa.
Beato di nome e di fatto
Entrare in questa luce accompagnati dal suo sguardo d’artista è un privilegio raro, che grazie al Museo Diocesano di Milano è ora alla portata di tutti coloro che ne vorranno fare esperienza visitando la mostra Beato Angelico. Storie dell’Infanzia di Cristo. Anta dell’Armadio degli Argenti dal Museo di San Marco di Firenze,in corso fino al 28 gennaio 2024.
A essere esposta è l’anta dipinta di un armadio, non un arredo domestico qualsiasi, ben inteso, ma una sorta di macchina liturgica concepita per custodire le offerte (gli argenti, appunto) provenienti dalla chiesa della Santissima Annunziata di Firenze e decorato dal Beato Angelico con episodi della vita di Cristo, tra le ultime opere della sua felice esistenza.Ma facciamo un passo indietro.Mentre affrescava i Palazzi Vaticani su invito di Papa Eugenio IV (1445 – 1449), fu definito “il più celebre di tutti i pittori italiani”. L’appellativo di “pittore angelico”, però, se lo guadagnò a Firenze, proprio dopo aver dipinto l’Armadio degli Argenti. Era uno stipo ligneo alto quasi tre metri e composto da trentasei scomparti che contenevano ex voto e denari destinati all’immagine miracolosa dell’Annunciazione venerata nella chiesa della Santissima Annunziata, ancora oggi tra le più visitate di Firenze e il principale santuario mariano della città.È dunque grazie a un arredo liturgico commissionatogli nel 1448 da Piero de’ Medici il Gottoso (figlio di Cosimo il Vecchio), che Guido di Pietro, nato a Vicchio in Mugello verso il 1395, divenuto pittore e poi frate domenicano col nome di Giovanni da Fiesole, passerà alla storia come il Beato Angelico. Beato di fatto – e non soltanto di nome – lo divenne il 3 ottobre 1982, beatificato per l’appunto da Papa Giovanni Paolo II e due anni dopo fu nominato patrono universale degli artisti. La sua festa si celebra il 18 febbraio, giorno della morte avvenuta a Roma nel 1455, mentre stava lavorando per la sede domenicana di Santa Maria sopra Minerva.
Fattura raffinatissima
L’Armadio degli Argenti è considerato la sua summa artistica e teologica, una sorta di testamento spirituale dipinto tra il 1450 e il 1452, ma in pochi lo conoscono. Posto nella prima cappella a sinistra della chiesa fiorentina, l’armadio subì nei secoli numerosi spostamenti e rimaneggiamenti. Nel 1782 le tavole dipinte furono addirittura segate per essere vendute – sciagura per fortuna sventata – e oggi le formelle appaiono ricomposte in quattro pannelli, tutti conservati in una sala del Museo di San Marco di Firenze, annesso al convento domenicano dove l’Angelico aveva affrescato le celle dei frati e gli ambienti comuni tra il 1438 e il 1443.Appena rientrato dal primo soggiorno romano, nel 1450, il frate è nominato Priore del San Domenico di Fiesole e si mette all’opera assieme ai suoi allievi per realizzare questo capolavoro di raffinatissima fattura. Nel giro di due anni decora gli sportelli esterni dell’armadio ligneo (che custodiva le offerte votive) secondo un gusto decisamente miniaturistico, dando vita a una iconostasi di piccole figure, una porta del paradiso a colori.Al Museo Diocesano di Milano viene proposta la prima serie di questi preziosi riquadri, una tavola di circa un metro per un metro composta da nove formelle, la prima illustra la Visione del profeta Ezechiele e le rimanenti otto altrettanti episodi dell’infanzia di Cristo.
Attraverso dettagli sorprendenti e colori smaglianti l’Angelico entra nel mistero dell’Incarnazione a partire dalle profezie messianiche per poi presentare l’Annunciazione di Nazareth, la Natività di Betlemme, la Circoncisione, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio, la Fuga in Egitto, la Strage degli Innocenti, fino al Gesù dodicenne che disputa con i dottori del Tempio di Gerusalemme. Tutti gli episodi sono inquadrati, in alto, da un cartiglio con una profezia del Vecchio Testamento che preannuncia il fatto e, in basso, dalla citazione del corrispondente episodio narrato nel Vangelo, mentre tutta la storia sacra, introdotta dalla doppia ruota della visione biblica di Ezechiele, termina con la raffigurazione dell’antica legge mosaica, che Gesù Cristo – centro del cosmo e della storia – porta a compimento con la legge dell’Amore. È dunque la vittoria dell’Amore misericordioso la chiave di lettura dell’intera sequenza raffigurata dal Beato Angelico nell’Armadio degli Argenti.
Il tema della luce divina
Curata da Angelo Tartuferi, direttore del Museo di San Marco di Firenze e da Nadia Righi, direttrice del Diocesano di Milano, la mostra è parte del progetto “Un capolavoro per Milano” – evento annuale giunto alla sua 15a edizione – e individua nell’Armadio degli Argenti un paradigma della pittura rinascimentale. A metà XV secolo il Beato Angelico ha da tempo abbandonato certe estenuanti eleganze tardogotiche a favore di una narrazione chiara e comprensibile, ispirata alla lezione di Giotto e di Masaccio. Nel concepire lo spazio l’artista utilizza forme geometriche pure in prospettiva, che rimandano alle coeve architetture fiorentine di Brunelleschi e di Michelozzo riconoscibili negli episodi della Circoncisione, della Presentazione al Tempio e della Disputa tra i dottori, mentre definisce i personaggi con colori luminosi e tersi (le ali a bandiera dell’Arcangelo Gabriele, la veste giallo ocra di Giuseppe, il mantello blu lapislazzuli di Maria).
La pittura del frate domenicano è una vera e propria esercitazione sul tema della luce divina, ogni elemento ne viene inondato e quasi cristallizzato dall’interno, fissato nell’istante di un eterno presente che rivela lo splendore del Creatore. Attraverso una sorta di astrazione stilistica, la pittura dell’Angelico maturo si fa sempre più simile alla testimonianza, capace di esprimere, fra antichi rimandi e un moderno linguaggio, la santità e la bellezza di cui egli stesso faceva esperienza. Vissuto in un contesto comunitario (l’ordine dei predicatori), che lo guidava in un preciso itinerario umano e spirituale, Beato Angelico fu uomo di preghiera, educato a riconoscere in ogni istante della giornata le circostanze con cui il Signore gli veniva incontro. Tutta la sua arte fu un avvento, cioè l’attesa di questo incontro con Cristo, l’Amore misericordioso della sua vita.