ANDIAMO AL LARGOFestival di Cultura e Incontro
12, 13, 14 giugno 2019 dalle 17,30 alle 24,00
“CHE VITA E’ LA VOSTRA SE NON AVETE VITA IN COMUNE”
(T. S. Eliot)
Milano e il suo popolo
Piazza Beccaria e Largo Corsia dei Servi – Milano
Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito
PROGRAMMA
Mercoledì 12 giugno
Palco Largo dei Servi – Town Corner
h. 18,00 “La città invisibile e in partenza”
Interviste sulla Città, con Carlo Baroni, caporedattore centrale Corriere della Sera
– Fondazione Maddalena Grassi: con Maurizio Marzegalli Vice presidente, Angelo Mainini, direttore sanitario, Orsola Sironi, palliativista;
– PIME Milano, Giovani milanesi in missione, con padre Mario Ghezzi, direttore
Editoriale
Con uno dei più qualificati giornalisti, figura centrale del Corriere nelle relazioni con Milano, incontriamo due volti della città: una realtà che rispecchia, in chiave contemporanea, tutto lo spirito di carità e professionalità di una città della cura quale è stata ed è Milano. Gli incurabili, gli immobili, gli “invisibili”, con e senza famiglia, più di 1500 persone, con coinvolte 500 famiglie.
Da Milano ogni estate si muovono verso il mondo 200 giovani diversi, partono, a proprie spese, per vivere e aiutare le missioni del PIME nel mondo. Perché, in cerca di cosa? Un ideale cristiano e un fenomeno giovanile di curiosità e dedizione da scoprire. Insieme alla nascita di un nuovo Centro Pime a settembre, in anteprima al Festival. Il Mensile Mondo e Missione disponibile al Banco Libri del Festival.
Auditorium CMC
h. 18,00 “Vaclav Havel, una storia di oggi – La persona, l’amicizia, la politica”
in collaborazione con Consolato Repubblica Ceca a Milano, in occasione dei 30 anni della nascita della Repubblica e di Havel primo Presidente
interviene Michael Zantovsky, amico e ambasciatore di Havel, scrittore, Direttore Vaclav Havel Library di Praga
coordina Ubaldo Casotto, giornalista
Editoriale
Il rapporto tra persona la comunità, nella sfida col potere, sarà al centro della riscoperta del grande europeo Vaclav Havel, filosofo e drammaturgo Cecoslovacco, che diviene primo Presidente della neonata Federazione Cecoslovacca, nel dicembre del 1989, l’anno delal svolta che cambiò l’Europa, con la fine del muro di Berlino.
Una circostanza per la quale il Consolato della Repubblica Ceca di Milano intende offrire alla cittadinanza diversi eventi per ricordare e conoscere quegli avvenimenti.
Il primo è l’incontro al Festival con Michel Zantovsky, Direttore della Havel Library, da sempre a fianco di Havel, autore del libro “Havel a life” ed. Atlantic Books.
Fonda con lui il nuovo partito, per partecipare alle prime elezioni libere che porteranno alla Presidenza. E’ Ambasciatore di Havel in ‘occidente’, a più riprese, presso Israele, Stati Uniti, Regno Unito.
Il famoso ortolano “che ha il cuore al posto giusto”, che intraprende la “via della verità” nel tempo dell’apparenza e del potere della menzogna, diventa Presidente anche nel 1993 della prima Repubblica Ceca.
Ma quale vita ha reso possibile tutto ciò? L’esperienza umana e politica, l’amicizia, la ricerca di sè stessi, il legame con amici cattolici e la Chiesa saranno al centro del racconto di Zantovsky guidato dal giornalista Casotto che sta curando una mostra su Havel per il Meeting di Rimini per l’Amicizia tra i popoli.
La strada vissuta da Havel è di grande stimolo per riflettere sullo Stato e sul potere politico, che egli non esita a definire “un incrocio spersonalizzato di rapporti funzionali e di potere”, parlando di post-totalitarismo nell’elusione dell’uomo “come lo scienziato moderno ha messo tra parentesi l’uomo concreto come soggetto dell’esperienza del mondo, con maggior evidenza lo mettono tra parentesi lo Stato moderno e la moderna politica”.
Se un cambiamento vi potrà essere “…. profondo e stabile, non può partire dall’affermarsi di una o dell’altra concezione politica, ma dovrà partire dall’uomo, dalla sua esistenza, dalla sostanziale ricostituzione delal sua posizione nel mondo, dal suo rapporto con sé stesso, con gli altri, con l’universo” (Da Il potere dei senza potere, ed. Itaca, disponibile alla Libreria del Festival insieme alle Lettere a Olga, Santi Quaranta)
h. 21,45 Spettacolo teatrale “L’ispettore generale” di Nikolaj Gogol, traduzione di Cristina Moroni e Luca Doninelli, di Andrea Carabelli. Rappresentazione degli allievi della Scuola FLANNERY Teatro degli Scarrozzanti
Editoriale
“L’ispettore generale” , commedia scritta nel gennaio del 1836 e messa in scena per la prima volta il primo maggio del 1836. Gogol (1809 – 1852) uno dei più grandi scrittori russi, maestro del realismo e dell’esistenzialismo magico, con Dostoevskij rivoluziona il romanzo. Autore dei celeberrimi Taras Bul’ba, I Racconti di San Pietroburgo, Il Cappotto, L’ispettore generale, le Anime morte.
Come dice Andrea Carabelli: “questa commedia è la storia dell’esaltazione della propria inettitudine e dello sconvolgimento provocato dall’inganno. Tutti i personaggi scambiano un uomo vuoto e inetto per l’ispettore generale, cioè colui che controlla e da cui si riceve il potere. Investono tutto su di lui e cercano di ricevere da lui il beneficio per il loro “sistema” particolare, per la loro misera condotta. Quando si accorgono che l’ispettore è un altro ne rimangono disperati, assumendo espressioni informi, quasi animalesche (come spiega Gogol). L’epigrafe alla pièce in questo senso dice tutto: “non prendertela con lo specchio se hai il muso storto”. Un affresco del potere come sistema di cui decidiamo di fare parte. Attualissimo per il tema del Festival che indica nella persona, come coscienza di sé e dell’altro, e nel popolo, come ideale umile e costitutivo, gli unici due argini alla logica del potere. Con Gogol potremmo dire, rispetto ai tempi attuali, che la situazione è anche lo specchio del nostro volto… Efficaca il commento di Vladimir Nabokov (1899 san Pietroburgo– 1977 Losanna, scrittore, drammaturgo,
critico e poeta russo, esule con la famiglia nel 1917, naturalizzato statunitense)
“La storia della rappresentazione sulla scena russa della pièce di Gogol’ “il revisore” e dello straordinario clamore che essa sollevò ha, naturalmente, poco a che fare con Gogol’[…]poiché era inevitabile che menti semplici avrebbero visto nel dramma una satira sociale scagliata con violenza contro l’idillico sistema di corruzione statale vigente in Russia, ci si chiede quali speranze l’autore o chiunque altro potesse nutrire di vederla rappresentata. Il comitato dei censori era manifestamente una selezione di zucche servili o di boriosi somari, come sono tutte le istituzioni di questo tipo; e il semplice fatto che uno scrittore osasse ritrarre funzionari dello Stato in un modo diverso dalle solite figure astratte e dai soliti simboli di sovrumana virtù era un crimine che dava i brividi alle grasse schiene dei censori. […]ma accadde un miracolo un
miracolo in singolare sintonia con la fisica del mondo alla rovescia di Gogol’. Il Censore Supremo, quello al di sopra di tutti, il cui essere simildivino era a un livello così elevato che le grevi lingue umane potevano a malapena menzionarlo, il radioso, totalitario Zar Medesimo, in un accesso di alquanto mai inattesa gaiezza ordinò che la commedia fosse approvata e rappresentata. […]
La pièce comincia con l’accecante guizzare di un lampo e termina con un rombo di tuono. Infatti si colloca interamente nello spazio carico di tensione che intercorre tra il guizzo e il fragore. Non vi è alcuna, cosiddetta “esposizione”. I rombi di tuono non perdono tempo a spiegare le condizioni metereologiche. Il mondo intero è solo un brivido blu ozono e noi ci siamo in mezzo.
La verità è che il dramma non è affatto una “commedia”, proprio come non si possono chiamare “tragedie” i drammi-sogno Amleto e Lear.[…]il dramma di Gogol’ è poesia in azione, e con poesia intendo i misteri dell’irrazionale così come vengono percepiti attraverso parole razionali. Vera poesia di quel tipo provoca non risa, non lacrime, ma un sorriso radioso di perfetta soddisfazione, e fusa di beatitudine; e uno scrittore può davvero essere orgoglioso di sé se riesce a far sì che i suoi lettori, o più esattamente alcuni lettori, sorridano e facciano le fusa a quel modo.
Piazza Beccaria – Palco
h. 19,00Dalla casa si capisce una città – Storie, immagini, progetti di Milano e i suoi architetti, da Giò Ponti a Franco Albini, conversazione di Fulvio Irace, docente di Storia dell’Architettura, Politecnico di Milano, con Giuseppe Frangi, giornalista e critico d’arte, con proiezione di immagini
h. 20,15 Walter Muto Concerto “Cast away”: 20 canzoni che salverei dal naufragio
h. 21,15 “Lettere a Olga” di Vaclav Havel – Lettura Teatrale di Arianna Scommegna
Editoriale
Lettere a Olga un centinaio di lettere, scritte da Vàclav Havel alla moglie durante la detenzione nelle carceri comuniste cecoslovacche (Hermanice e Plzen-Bory), nel periodo compreso tra il 4 giugno 1979 e il 4 settembre 1982. L’artefice della Rivoluzione di Velluto le ha vergate, con disagio, sotto l’occhio spietato del regime dell’epoca. A leggere questo epistolario sembrerebbe che la prigione di Havel fosse un circolo ricreativo; in realtà si trattava di un carcere duro, correzionale, di primo livello; la stesura delle lettere sottostava a una ferrea normativa censoria da parte degli “educatori” e Havel, per averla violata, dovette patire più volte l’isolamento.
Lettere a Olga è una raccolta insolita, segnata dalla quotidianità e da una visione filosofica e metafisica della vita, influenzata soprattutto da Emmanuel Lévinas. Scrive Havel: noi siamo stati staccati in maniera traumatica, nascendo, dall’Essere e siamo stati subito scaraventati nell’incertezza del mondo, per cui l’uomo ha nostalgia della casa e del paradiso perduti; egli comunque è stato “gettato” nell’aiuola feroce dell’esistenza e, attraverso questa esperienza, tende ardentemente all’integrità dell’Essere, al suo significato, ricercandolo e “costruendolo” con la sua vita : deve far fruttificare i suoi talenti e opporsi, senza violenza, all’”Ordine della morte” in nome dell’”Ordine dell’Essere”.
Il drammaturgo e pensatore ceco parte dalla convinzione che la realtà è attraversata dal mistero, che l’uomo è un miracolo dell’Essere nel visibile, come lo è il mondo. Dentro di noi è stata iscritta una Legge che esige alta moralità e dignità, non una “moralità reificata” ma anche solidarietà, bontà e amore. Da tutto ciò si originano la libertà e la responsabilità: “Il senso di responsabilità” non dev’essere “predicato ma testimoniato”. L’Invisibile c’è, ma non possiamo dargli un nome con i nostri segni e con le nostre parole; Havel disgrega l’ideologia materialista della filosofia contemporanea e l’arroganza dello scientismo.
Lettera a Olga è un testo eccezionale sia dal punto di vista psicologico che letterario. Certe pagine sono uno straordinario “trattatello” di psicologia, soprattutto quelle dove Havel scrive degli “umori buoni e degli umori cattivi” con una seriosità che rivela invece il suo umorismo. E poi c’è Olga, la moglie rimasta nel mondo: per tutto il libro Lei resta inafferrabile, come nascosta dal sipario di un palcoscenico. Vàclav la delinea vera, non oleografica; Olga è creatura della vita quotidiana con le sue piccole pigrizie, ma è anche un ʿpersonaggioʾ che viene dal teatro di Havel: indefinibile e sorprendente. Lei è forte, apparentemente un poco lontana, e dipana assieme al suo Vàclav il gomitolo di una vita (difficile) di amore e solidarietà.
L’epistolario è punteggiato da uno humor delizioso e lievemente amaro, che punge appena ammiccando tra le righe. In questo libro, accanto alle pagine “meditative”, s’innervano pagine narrative sfolgoranti e stupite: la descrizione del cortiletto del carcere, intristito d’inverno, giardino grazioso d’estate; la ʿvisioneʾ che Havel ha durante il suo lavoro di saldatore coatto in un caldo pomeriggio estivo; il racconto, lancinante, che egli fa della meteorologa alla televisione ceca, sorpresa in un momento di disagio.
Lettere a Olga è un’opera alta e inusuale, tra l’altro con splendide pagine sul teatro, che rispecchia tutto il mondo interiore di Havel: il suo pensiero e la sua religiosità, la grandezza e la forza culturale ed etica del suo umanesimo, e la sua incommensurabile dignità di uomo.
VÁCLAV HAVEL è nato a Praga nel 1937. È stato presidente sia della Repubblica Cecoslovacca che di quella Ceca, dopo il crollo del regime comunista nel novembre del 1989. È drammaturgo e scrittore di fama mondiale. Santi Quaranta, che nel 2007 aveva già edito le sue memorie sotto il titolo di Un uomo al Castello, pubblica ora Lettere a Olga: per onorarne, nel ventesimo della Rivoluzione di Velluto, la nobile figura umana e morale, e la grandezza letteraria, di pensiero e anche politica.
h. 22,00 Sotto le guglie del Jazz – Performance “Da confini e sobborghi: viaggio nel quotidiano”,
con Pino Ninfa, fotografie e progetto, “Francesco Cafiso duo”, con Francesco Cafiso, sax alto, Mauro Schiavone, pianoforte
Editoriale
E anche la musica nasce in città, tra la gente … dal Jazz ai grandi autori e cantautori.
Il giovane sassofonista Francesco Cafiso, siciliano, che stupisce il mondo del Jazz internazionale con il suo sax-alto (nel 2009 si è esibito alla Casa Bianca davanti all’allora presidente Barack Obama), sbarca a Milano, ad Andiamo al largo, con il Duo Cafiso, con Mauro Schiavone al piano, per un’esibizione Jazz sotto le stelle, con Immagini della “vita nella comunità” scattate dal fotografo Pino Ninfa dai sobborghi delle periferie del mondo.
Un progetto ideato e congegnato da Ninfa che coinvolge due maestri della musica jazz quali Francesco Cafiso (sax alto) e Mauro Schiavone (pianoforte) in una serata di grandi emozioni. Le atmosfere afroamericane beneficiano di suggestioni visive da luoghi del mondo ricchi di umanità come di profonde contraddizioni.
Una performance musicale ideata dal fotografo Pino Ninfa, che comunica vita; e storie incontrate nei suoi progetti in Italia e nel mondo che hanno un rapporto profondo con il tema della condivisione nel vivere la quotidianità.
L’incontro fra musica e fotografia testimonia come anche le forme d’arte hanno bisogno della condivisione per riuscire a creare scambi che muovono energie verso nuove conoscenze.
Le esperienze di Ninfa in varie parti del mondo dicono come l’imbattersi in un sorriso o in uno sguardo, spesso sono un punto di partenza per scoprire il mondo.
Ed è così che la forza del racconto, musicale o fotografico che sia, fa incontrare il mondo. Dal cuore di Milano alle periferie.
Il viaggio “a scatti” continua. Sulle note giuste.
Giovedì 13 giugno
Palco Largo dei Servi – Town Corner
h. 18,00 “La città che si (non) racconta”
Interviste sulla Città con Christian Pradelli, Direttore di MiTomorrow – Leggi. Milano. Domani
“Una comunità-giornale”, con Giancarlo Perego, la redazione de Il Bullone e i ragazzi B. Livers
“I giovani, la musica e i talenti”, con Francesco Facchinetti, conduttore, speaker radiofonico imprenditore e fondatore di NeWcO Management
Editoriale
E’ un sogno realizzato quello di Christian Pradelli che dirige MITomorrow, quotidiano cartaceo in 150.000 copie (e Online), di notizie in edizione pomeridiana.
Le sue due interviste al mondo giovanile di Milano sono da scoprire. La prima è una bellissima storia di giovani che, qualche anno fa, si sono messi insieme condividendo speranze e battaglie a partire dalla condizione precaria di salute che vivono. Ne è nata una curiosità comune per la città, per l’umana avventura della gente che fa, che crea, che genera.
Hanno dato vita a Il Bullone, coagulatosi attorno alla figura ed esperienza di Giancarlo Perego, storica figura delle pagine milanesi del Corriere della Sera, che ha dedicato a loro il suo post professione. Ma come hanno fatto? Che cosa sta generando? Unire le storie, unire la vita, come un “bullone” che si avvita sull’altro da me… Ne è nata una Fondazione, il Bullone, una scuola di vita e una community che scopriremo al Festival.
La seconda intervista ci porta nei giovani che crescono, attraverso la musica. Uno speciale conduttore, televisivo, radiofonico e tante cose, come Francesco Facchinetti.
La musica e il mondo giovanile, due poli che si sono sempre specchiati, ma oggi si sono praticamente fusi, tra il tempo ‘permanente’ della fruizione e nei talent show. C’è chi, come lui, ha deciso di farli crescere, accompagnandosi e guidando alla scoperta della propria singolarità, nella passione per la musica e per nuovi orizzonti. Ma che città raccontano? Che mondo ci svelano, quali legami, quali difficoltà, ci portano le loro musiche ancora in sala prove … e che tutti sentiranno?
h. 20,00 Offerta dolci e salati fatti in casa, a cura della Comunità della Casa della Cultura Musulmana di Viale Padova, saluto di Mahmoud Asfa, Direttore e Benaissa Bounegab, Presidente
Piazza Beccaria – Palco
h. 19,00 “C’è una strada dentro il cuore degli altri. San Benedetto”
con Padre Mauro Lepori, Abate generale dei Cistercensi; dialogo sul tema del Festival Andiamo al largo “Che vita è la vostra se non avete vita in comune”
h. 20,45 “I Cori da La Rocca” di Thomas Stearns Eliot, Lettura Teatrale con Matteo Bonanni, attore e Francesco Pasqualotto, pianoforte
Editoriale
Lettura teatrale, con accompagnamento del pianoforte, del famoso ed eccezionale poema in versi di Eliot, da cui è tratto il tema del Festival, nel verso “Che vita è la vostra se non avete vita in comune”.
Il celebrato autore de La Terra desolata e I Quattro quartetti scrive un poema ineguagliabile, epocale e dantesco, sul vivere moderno e contemporaneo. Con la forza del giornalismo più tagliente, la partecipazione commossa alle sorti dell’uomo, lo stupore di un bambino, la saggezza secolare della storia.
Indicando un compito: “Molto da abbattere, molto da costruire, molto da sistemare di nuovo. Fate che l’opera non sia rimandata”.
Eliot propone, con la sua tipica mescolanza di ironia e di alta drammaticità, pagine di straordinario impatto emotivo, in cui la desolazione della vita senza significato e il destino della Chiesa nel mondo sono scrutati con la sensibilità e l’intelligenza del poeta e del fedele che non risparmia alla sua epoca e a se stesso interrogativi e “smitizzazioni”.
Scritto su commissione, “La Rocca” fu rappresentato nel 1934 allo scopo di raccogliere fondi per la costruzione di una parrocchia nei sobborghi di Londra. Thomas Stearns Eliot, già consacrato dalla critica come uno dei nuovi maestri del ‘900, per questo testo insolito rischiò la reputazione. I Cori da “La Rocca”, restano la più snobbata ma soprattutto la più profetica opera di un grande della poesia di tutti i tempi.
Da I Cori da “La Rocca”
(…)
L’invenzione infinita, l’esperimento infinito,
Portano conoscenza del moto, non dell’immobilità;
Conoscenza del linguaggio, ma non del silenzio;
Conoscenza delle parole, e ignoranza del Verbo.
Tutta la nostra conoscenza ci porta più vicini alla nostra ignoranza,
Tutta la nostra ignoranza ci porta più vicino alla morte,
Ma più vicino alla morte non più vicini a Dio.
Dov’è la Vita che abbiamo perduto vivendo?
Dov’è la saggezza che abbiamo perduto sapendo?
Dov’è la sapienza che abbiamo perduto nell’informazione?
I cicli del Cielo in venti secoli
Ci portano più lontani da Dio e più vicini alla Polvere.
(…)
Ma voi, avete edificato bene che ora sedete smarriti in una casa in rovina?
(…)
E tutto ciò che era buono dovete lottare per mantenerlo con cuore devoto come fu devoto il cuore di quelli, fra i vostri padri, che lottarono per conquistarlo.
La Chiesa deve edificare di continuo, perché è continuamente minata dall’interno e attaccata dall’esterno;
(…)
Che vita è la vostra se non avete vita in comune?
Non esiste vita se non nella comunità,
(…)
E ora vivete dispersi su strade che si snodano come nastri,
E nessuno conosce il suo vicino o si interessa a lui
A meno che il suo vicino non gli arrechi troppo disturbo,
Ma tutti corrono su e giù con le automobili,
Familiari con le strade ma senza un luogo preciso in cui risiedere.
E nemmeno la famiglia si muove tutta unita,
Poiché ogni figlio vorrebbe la sua motocicletta,
E le figlie cavalcano sellini casuali.
(…)
Fate che l’opera non venga ritardata, che il tempo e il braccio non siano inutili;
L’argilla sia tratta dalla cava, la sega tagli la pietra,
Nella fucina il fuoco non si estingua.
h. 21,45 Concerto “Fabrizio De Andrè. Una goccia di splendore, di verità – Da Genova al mondo”, con Antonella Ruggiero, voce; Mark Harris, pianoforte; Roberto Colombo, vocoder e basso sinth; Ivan Ciccarelli, batteria e percussioni (alcuni degli artisti che hanno seguito Faber nei suoi ultimi concerti)
Editoriale
Vivere insieme è una condizione in cui si trova l’uomo quando nasce.
Il cantautore di cui ricorrono i 20 anni dalla scomparsa, svela le ipocrisie delle regole e delle giustizie se non hanno una memoria dell’umano, del vero; e pone scomode verità a chi non intende interrogarsi sempre sulla verità e il mistero della libertà. Con Antonella Ruggiero, genovese, straordinaria voce e interprete della musica italiana, e dal gruppo composto dal fondatore della PFM Roberto Colombo, da Mark Harris direttore artistico, tastiera e arrangiamenti degli ultimi concerti di Faber, con Ivan Ciccarelli, eccezionale rytm, si canta De Andrè a Milano.
Una finestra anche sul solco genovese da Tenco a Lauzi, quest’ultimo amico del CMC per lungo tempo.
Una serata anche questa sul tema del Festival, poiché “non ci sono poteri buoni”, come esprimono sia la cultura anarchica che quella cattolica. Eppure una goccia di splendore è contenuta nell’esistenza di ciascuna persona, ciascuna storia di lingua o di popolo. Si toccano punti simili a quelli espressi dalla storia e dai pensieri di Vaclav Havel nel corso del Festival: con De Andrè si respira ancora il tema del Potere e dell’io, quell’unica realtà, unico essere, che non deriva da antecedenti storici o culturali, ma costituisce, in un “noi”, una autentica “sterminata preghiera”.
Venerdì 14 giugno
Palco Largo dei Servi – Town Corner
h. 17,30 “Terre senza città”
“Il ritorno delle identità? Irlanda del Nord e Paesi Baschi”
Video-inchiesta sul campo a cura degli studenti del Liceo Economico Sociale Don Carlo Gnocchi, Carate Brianza (MB), con gli studenti e i prof. Francesca Gallo, Matteo Martellosio, Raffaele Redaelli
Editoriale
Un lavoro di approfondimento degli attuali problemi politici e culturali odierni, in particolare il cosiddetto ritorno delle identità all’interno dello spazio pubblico europeo, eseguito dai ragazzi del triennio del Liceo Economico Sociale Don Carlo Gnocchi.
Sulla scia del lavoro dell’anno scorso, presentato alla prima edizione del Festival, quest’anno i casi di studio sono stati quello dei Paesi Baschi e quello dell’Irlanda del Nord, paesi in cui, nel corso della storia, forti sono stati gli scontri tra unità e diversità, universalismi e identità particolari. Scontri che oggi sembrano aver raggiunto un pur fragile equilibrio.
L’obiettivo era duplice: da un lato, comprendere il fenomeno nelle sue specificità; dall’altro, individuare alcune ipotesi pratiche capaci di conciliare le istanze unitarie e le esigenze particolaristiche.
Il lavoro si è svolto in un’ottica comparata e multidisciplinare, interessando le discipline portanti del Liceo, prime fra tutte le Scienze Umane, il Diritto e la Storia.
I ragazzi hanno avuto la possibilità di recarsi nei Paesi Baschi, a Vitoria, San Sebastian e Bilbao, e in Irlanda del Nord, a Belfast e Londonderry, per sperimentare il metodo conoscitivo di indagine sul campo. Hanno potuto incontrare professori ed esperti in materia e sottoporre le persone direttamente coinvolte in questi fenomeni a questionari da loro prodotti.
Successivamente i dati raccolti sono stati analizzati e organizzati in modo da produrre un reportage divulgativo, sotto la supervisione del Centro Culturale di Milano, ente certificatore del Progetto, e del dipartimento di Diritto pubblico sovranazionale ed europeo dell’Università degli Studi di Milano, con la collaborazione del prof. Luca Vanoni, che verrà presentato alla città.
h. 18,30 Interviste sulla Città con Sandro De Riccardis, giornalista de La Repubblica
“Giovani, dipendenze e … presenze”
-“Fino al bosco di Rogoredo”, con Simone Feder, Casa del Giovane, Pavia;
– “Welfare al Quartiere Corvetto”,
Suore di carità dell’Assunzione,
con Cristina Bertola
Editoriale
Interviste su una città spesso al centro dell’attenzione, nazionale e internazionale, non della stessa superficialità di chi la guarda da fuori, ma della profondità di chi ci abita, vive o lavora.
La città “smart” dove le dipendenze da droghe sono un fenomeno diffusissimo e pesante, la Milano dei ricchi e dei poveri, degli italiani e degli stranieri, in città e nei territori circostanti. Ci muoveremo grazie a De Riccardis, giornalista da campo, che per primo lanciò, pressoché isolato, il grido sul bosco di Rogoredo e per primo, da solo, vi penetrò.
Dati, statistiche che documentano il massiccio disagio giovanile e la delinquenza organizzata che la sfrutta. Cercando un perché, una risposta. E una proposta umana che sembra essere la grande assente nella risposta della città a vari livelli e strati. È una proposta antagonista al senso di inutilità che serpeggia, che richiede santità, oltreché coraggio, con Simone Feder, che ogni mercoledì si reca là, e la Casa del Giovane – esperienza nata da don Enzo Boschetti (1929-1993), oggi Servo di Dio.
“Presenze” che sono Una presenza. Ed esse sono nei quartieri. Cosa si vede, della vita in comune di tutti, al e “dal” quartiere Corvetto, periferia abitata e degradata? Dove le Suorine – come tutti le chiamano – dell’Assunzione della Carità, seguono i due poli della vita umana: la vecchiaia e i giovani, immigrati e non, delle medie inferiori?
Che ideale unisce il welfare a se tesso, quale compagnia la gente attende?
Auditorium CMC
h. 18,00 “Per una Economia di comunità. Fuori dal paradigma tecnocratico”
Conversazione con Gael Giraud S. J. , economista francese, chief economist Agence Francaise de Développement, coordina Alberto Brugnoli, professore di Economia applicata, Università degli Studi di Bergamo e direttore scientifico Fondazione per la Sussidiarietà
Editoriale
Ecco una visione economica innovativa che sta incuriosendo molti economisti e settori sociali.
La città, a tema del Festival, come aggregazione, polo di vita e consumo, relazione col territorio e il mondo…
Al Festival avremo l’eccezionale occasione di incontrare e ascoltare a Milano Gaël Giraud, autore di alcune parti della “Laudato si” di Papa Francesco, soprattutto autore del libro “Transizione ecologica” (Emi) giunto in Francia alla 3ª edizione, che ha vinto il Prix Lycéen, con il quale rilancia la centralità dell’uomo, la necessità di supportarne la capacità di protagonismo sociale, accompagnando le sue energie e le dinamiche creative delle società, in una cultura sussidiaria.
L’economista Gaël Giraud è chief economist all’Agence Française de Développement, 45enne, ex banchiere, oggi gesuita e membro di importanti centri di ricerca economica).
Francese, classe 1970, dottore in Matematica applicata all’economia, è entrato nella Compagnia di Gesù nel 2004 ed è stato ordinato sacerdote nel 2013.
Direttore di ricerche al CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique), fa parte del Centro di Economia della Sorbona, del Laboratorio d’Eccellenza di Regolazione Finanziaria e della Scuola di Economia di Parigi.
Così Mauro Magatti nella Prefazione al libro:
“vengono gradualmente messi a nudo i diversi meccanismi finanziari e il loro ruolo, emergono pagina dopo pagina le diverse interconnessioni e le responsabilità di questa crisi, che è soprattutto una crisi di valori e di fiducia reciproca (…)
Per Giraud occorre riscoprire le diverse modalità per collaborare all’attivazione dei processi di cambiamento e di transizione “ecologica”, ossia verso una società che sappia riconoscere e gestire i beni comuni, usare il credito e la finanza come strumenti a supporto di un’economia più attenta alle necessità dei più deboli e più rispettosa del pianeta che ci sostiene”.
Andiamo al laro, andiamo a sentire questo orginale economista.
Giraud collega la transizione ecologica a tre elementi: l’aumento delle disuguaglianze, il cambiamento climatico, la crisi della scienza macroeconomica in sé e dichiara: «La transizione ecologica sta ai prossimi decenni come l’invenzione della stampa sta al XV secolo o la rivoluzione industriale al secolo XIX. O si riesce a innescare questa transizione e se ne parlerà nei libri di storia; o non si riesce, e forse se ne parlerà fra due generazioni, ma in termini ben diversi!».
L’incontro è realizzato insieme a Emi e Pime, con la collaborazione di Fondazione Sussidiarietà e Rete Manager.
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Da Mauro Magatti, prefazione al libro
(…) “a diversi anni dallo scoppio della più grave crisi finanziaria che l’umanità abbia conosciuto, l’economia mondiale non ha ritrovato una situazione di equilibrio” e la “pretesa crisi del debito pubblico” potrebbe essere in realtà un pretesto per imporre all’Europa il vecchio programma neoliberista di privatizzazione assoluta della società. Anche il Portogallo e la Spagna potrebbero trovarsi in analoghe difficoltà, ma dopo l’esito della crisi greca probabilmente nessuno oserà opporsi all’“ordoliberalismo” europeo; Italia e Francia tuttavia potrebbero trovare le forze (e le risorse) per opporsi alla “vassallizzazione”.
La tesi del libro è che la transizione ecologica può essere il grande progetto economico, sociale, culturale e spirituale, capace di ispirare a italiani e francesi il coraggio di dire no a quest’Europa, proponendo e mettendo in atto alternative concrete. Che esistano altre vie lo ha ben chiaro Papa Francesco che, a partire dall’enciclica Laudato Si’ e poi con i successivi discorsi, continua ad invitare i cattolici, in unità con le donne e gli uomini di buona volontà, a far fronte comune per un’Europa “pioniera di una società decarbonizzata e attenta ai più poveri”.
L’autore sviluppa la sua tesi in un’introduzione e undici capitoli, partendo dalla crisi finanziaria del 2007: sono passati quasi dieci anni, eppure in molti paesi europei stiamo ancora sperimentando il progressivo smantellamento dello stato sociale, l’aumento della disoccupazione e la perdita di molti diritti che si pensavano acquisiti. Il saggio si pone due obiettivi: capire come siamo arrivati a questo punto, cercando di formulare una diagnosi multidimensionale e capire come uscire dall’impasse, individuando le azioni e definendo le priorità di intervento, “distinguendo ciò che è urgente da ciò che è prioritario”.
Quale cultura e quali valori condivisi possono muovere i cittadini e i governi in questa direzione? A questo tema è dedicato l’undicesimo e ultimo capitolo del saggio. L’aumento delle ineguaglianze sociali va di pari passo con la perdita della capacità di dialogare. Dalla metà degli anni novanta, osserva l’autore, è considerevolmente aumentata in Europa la quantità di giovani che accedono a studi superiori (oltre un quarto del totale) e che, in virtù del loro numero, tendono a perdere la consapevolezza dell’esistenza di altri, meno fortunati, e sono pertanto sempre meno capaci di comprenderne i punti di vista e li percepiscono come una minaccia, o al massimo come possibili concorrenti.
Piazza Beccaria Palco
h. 20,45 “Antonia Pozzi – L’infinita speranza di un ritorno”, spettacolo teatrale di e con Elisabetta Vergani, regia Maurizio Schmidt, Teatro Farneto
Editoriale
Giovane donna, di una vivacità e ardente desiderio di bellezza e utilità, nella Milano degli anni ‘20 e ‘30.
Antonia Pozzi (1912-1938), di famiglia borghese e dell’alta società, ci rivela cosa sia l’io, il suo desiderio e aspirazione più autentica, e il popolo, il senso dell’altro, come lei lo cercò nelle case delle famiglie povere delle periferie sud di Milano e verso la Bassa.
L’io e il mondo, il popolo, le parole con le quali si sviluppa il Festival Andiamo al largo, seguendo il tema “Che vita è la vostra se non avete vita in comune”, guardando proprio Milano e il suo popolo.
Antonia Pozzi è oggi una tra le più forti e autentiche voci della poesia italiana. Studentessa della Statale, allieva di Banfi, amica di Sereni, ci ha lasciato, dopo la prematura morte – si tolse la vita a Chiaravalle a Milano nel 1938 per un’attesa umana che aveva forse solo se stessa – un corpo poetico notevole, riscoperto dalla critica letteraria e dall’editoria. Testimone originale di quel grido di vita, disagio e attesa dei giovani, tra le due guerre, che risboccerà nella ricostruzione.
Ritrova il suo posto, sotto la Madonnina e a fianco della statua del Beccaria dei Diritti e delle Pene, grazie al lavoro di Elisabetta Vergani, attrice di talento, che da diversi anni l’ha messa al centro di un bellissimo e originale lavoro teatrale, con Arturo Schmidt. Tanti suoi titoli sono disponibili al Banco Libri del Festival.
h. 22, 15 “Enzo Jannacci, quando un musicista ride” – Concerto, con Walter Muto (voce e chitarra) & Carlo Pastori, (voce e fisarmonica), Alessandro Galassi,
pianoforte, Luca Motta, basso, Ermes Angelon, batteria
Sala Espositiva CMC
Mostra di Fotografia
“Volti di Design al Salonesatellite”
Evento Milano PhotoFestival
Realizzazioni degli studenti dell’Istituto Italiano di Fotografia
e dell’Accademia Teatro alla Scala
Una produzione Photofestival e AIF – Associazione Italiana Foto & Digital Imaging
Editoriale
Il progetto, ideato da Photofestival in collaborazione con il SaloneSatellite – l’appuntamento internazionale del design dedicato agli under 35 che si svolge nell’ambito del Salone del Mobile. Milano – ha visto impegnati alcuni studenti dell’Istituto Italiano di Fotografia e del Corso di fotografia e video di scena dell’Accademia Teatro alla Scala in un reportage video e fotografico realizzato nel corso del SaloneSatellite 2019 e incentrato sui giovani protagonisti del più prestigioso palcoscenico del design emergente mondiale.
Un’iniziativa promossa da Photofestival e AIFoto per sostenere e mettere a confronto le potenzialità creative delle nuove generazioni. I giovani progettisti, ripresi in un apposito set fotografico targato Photofestival allestito nei padiglioni del SaloneSatellite, sono stati ‘messi in posa’ in un’atmosfera spiritosa e informale, ma anche ritratti nel pieno dell’attività di proposta della loro ricerca creativa a confronto con i visitatori.
Ne è nato un racconto per immagini che rende pienamente la speciale atmosfera che si respira al SaloneSatellite e le sensazioni e le emozioni vissute dai designer in quella settimana.
Ma nella mostra “Volti di design al SaloneSatellite” c’è tanto altro. Ci sono i protagonisti, gli organizzatori, le premiazioni dei concorsi dedicati ai giovani designer e soprattutto il fiume di curiosità e ricerca rappresentato dai visitatori. Che guardano, scrutano, interrogano e anche fotografano tutto quanto passa danti ai loro occhi. Ci sono i ritratti fotografici e le video interviste dei protagonisti e i mille volti che da sempre compongono il grande mosaico del design internazionale che ogni anno si dà appuntamento a Milano.
Street Food
12, 13, 14 giugno dalle 16,00
Railroad Brewing Company – Il Birrificio di Seregno
Libreria in piazza, scelta proposta di letture, a cura delle edizioni: Guerini & Associati, Jaca Book, Ancora, San Paolo, Guanda, Mondadori, Nave di Teseo, Marietti, Lindau, Ares, Cantagalli e …
Editoriale
Nelle piazze troverete tanti titoli riguardanti il tema del Festival e le sue implicazioni, proposti al CMC dalle principali case editrici, insieme a testi riguardanti personaggi e riscoperte di Andiamo al largo o del Programma svolto nel corso dell’anno dal Centro Culturale di Milano. Insieme a libri ‘ritrovati’ o ‘scomparsi’ dalle librerie o dal web, ma fondamentali. Non mancano proposte creative delle direzioni editoriali che sviluppano un pensiero e un’attenzione preziose per la vita della nostra società.
Perché leggere è il fenomeno di relazione e scoperta del mondo, attraverso appunto un altro, che contraddistingue la vivacità dell’uomo e della città. E dove si scoprono gli asservimenti al mercato o alla moda culturale del momento, perché in un libro tutto diventa trasparente.
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