Ragnar Axelsson. La Groenlandia che Trump vorrebbe comprare

Un’isola enorme, la seconda più grande al mondo. Ricchissima di risorse naturali e questo, da non oggi, richiama l’attenzione delle superpotenze. E con lo scioglimento dei ghiacci quella è una rotta assai strategica. Il rischio, a livello globale, è che l’appetito venga mangiando. Tutto a danno soprattutto dei nativi. Temi caldi e spinosi. Ne abbiamo parlato con il fotografo islandese di fama mondiale che conosce benissimo quel luogo meraviglioso e che ama. Un dialogo per “fotografare” la situazione.


14 febbraio 2025
Ghiaccio bollente
Conversazione con Ragnar Axelsson a cura di Camillo Fornasieri

@Ragnar Axelsson – Greenland 1997 from Exxhibition 20111 at Centro Culturale di Milano – Immenso e fragile Un racocnto del Nord

La Groenlandia sta molto lassù, nel Circolo Polare Artico. Si tratta di un’isola vastissima, ma la meno popolata della terra per via dei ghiacci che la coprono quasi per intero. Oggi quel territorio è al centro di una partita geopolitica globale. Come è dimostrato dalle recenti dichiarazioni del presidente Usa Donald Trump che ha parlato di voler acquistare l’isola dalla Danimarca di cui è parte seppur con una normativa speciale. Situazione complessa, tensioni palpabili, futuro incerto. Il grande fotografo islandese Ragnar Axelsson – amico del Centro Culturale di Milano dove ha esposto un i suoi magnifici scatti nella grande mostra nel 2011– negli anni ha documentato molte volte la bellezza e la vita della Groenlandia. Insomma, la conosce molto bene. Questo ci ha motivati a raggiungerlo in Islanda un giorno prima della sua partenza per un nuovo reportage in Greeeland. Per raccogliere qualche informazione in più di quel Paese salito oggi, suo malgrado, agli onori delle cronache.    

Ragnar, la Groenlandia è finita sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo dopo le dichiarazioni del presidente Usa Donald Trump. Tuttavia, non è la prima volta che le superpotenze vorrebbero mettere le mani su quell’enorme isola collocata al Polo Artico.

In Groenlandia si possono trovare “terre rare”, oro, diamanti e altro ancora. Diverse compagnie sono interessante a scavare lì. Le più grandi vengono dal Canada, dal Regno Unito e dall’Australia, mentre, finora, gli Stati Uniti si erano mossi con cautela. Come se la politica stesse giocando a scacchi. La Cina ha circa il 92% delle “terre rare” per la produzione di componenti elettronici, ma questi materiali si possono trovare anche in Groenlandia, perciò non mi stupisce che gli Stati Uniti siano interessati. Quello che mi sorprende è perché non si siano interessati prima. Ma lascio che siano i politici a occuparsi di questa complicata e preoccupante questione.

@Ragnar Axelsson – Iceberg Kangertitivak

Dunque, la Groenlandia fa gola?

La Groenlandia attrae perché è uno dei luoghi più belli del mondo. Non è facile da raggiungere e lì vi sono tutte le ricchezze naturali presenti sulla faccia della terra. Parliamo perciò di un Paese ricco, di grandissimo valore economico. Un posto molto affascinante e pieno di brave persone.

I nativi come hanno reagito? Hanno paura? Oppure vi è in loro un certo fatalismo?

Da quello che so, la maggioranza è contraria alla proposta degli Stati Uniti e non la trova nemmeno divertente. Credo che la notizia abbia fatto riflettere la Danimarca su come sta gestendo la Groenlandia. La Danimarca ha conquistato la Groenlandia nel 1930, dopo una battaglia legale con la Norvegia; la Danimarca ha vinto in tribunale, e da allora la Groenlandia è parte del Regno di Danimarca.

Come i nativi vivono la relazione con Copenaghen? E come i danesi vivono i rapporti con i pochi abitanti della Groenlandia?

Questa è una domanda politica. Dopo la mossa di Trump, la Danimarca è chiamata a pensare in modo diverso il suo rapporto con la Groenlandia. Intercorre una buona relazione tra le due realtà, ma ora c’è un interesse crescente delle persone della Groenlandia, credo circa il 60%, che desidera l’indipendenza. Ma, secondo i dati che fornisce la Danimarca, il 50% degli introiti oggi viene da Copenhagen. Quando ci saranno aeroporti più grandi e quindi più opportunità per incentivare il turismo, questi potranno essere un fattore chiave per domandare l’indipendenza.

Rispetto al passato oggi in Groenlandia vive un desiderio di indipendenza dal regno danese?

Proviamo a fare un po’ di chiarezza. I nonni e le vecchie generazioni vivevano in modo diverso. La Groenlandia era più chiusa fino agli anni 50 e il mondo non sapeva granché di queste piccole comunità. Come, del resto, non lo sa neppure oggi. Le vecchie generazioni erano cacciatori, mentre quelle dei giovani desiderano altro. In Groenlandia la vita è dura, bisogna stare ore in cabina, in mare o sul suolo per prendere foche, balene, narvali o orsi polari. Ma lo scenario sta cambiando. Ora ci sono 14 villaggi di cacciatori abbandonati perché le persone sono andate tutte via. Inoltre, il ghiaccio è sottile e il terreno di caccia è cambiato proprio per il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai. Fino a qualche decennio fa c’erano circa 30.000 cani da slitta, oggi ne restano 10.000, perché i cacciatori sono sempre di meno. Sulla costa est c’è il paese di Ittoqqortoormiit, o Scoresbysun, la costa più lunga del mondo e tre villaggi lì vicino, di cui due, Capo Speranza e Capo Tobin, sono abbandonati. In quello che rimane, 35 anni vi vivevano circa 600 persone, ora meno della metà. La Groenlandia è molto vasta e ci sono poche strade, bisogna viaggiare con l’elicottero, o sulle motoslitte o con le barche. Gli Inuit stanno scomparendo. Ci sono circa 56.000 persone che vivono in Groenlandia, di cui circa 46.000 nativi, il resto sono danesi. E stanno pensando sempre più ad essere indipendenti.

E com’è il rapporto tra la “sua” Islanda e la Groenlandia?

È molto buono. Ho viaggiato in tutta la Groenlandia, e quando vieni come islandese c’è una bella accoglienza, ti senti benvenuto. Le tradizioni sono simili. D’altronde noi eravamo lì in passato, nel XV secolo credo, ed è un mistero come in seguito siamo scomparsi. Oggi, molti abitanti della Groenlandia vengono in Islanda, ad esempio per farsi curare negli ospedali.

Quanto il fenomeno dello scioglimento dei ghiacci sta accelerando le strategie dell’attenzione in corso?

Lo scioglimento dei ghiacci procede a una quota di 30 miliardi di tonnellate all’ora, circa 2.5 milioni di litri al secondo. Dal 2010 si sta sciogliendo più velocemente che mai, anche se tutto il processo è iniziato 200 anni fa. Dal 1996 non c’è stato un anno nel quale la Groenlandia non si è scaldata. Il cambiamento climatico è un fatto conclamato e il ghiaccio si sta sciogliendo per questa ragione. Ignorare la situazione è pericoloso. Su questo lascio la parola agli scienziati e alla politica. Il mio ruolo è solo quello di fotografare la vita che cambia.

Per intanto la Danimarca, dopo l’intervento di Trump, come si sta muovendo a livello di relazioni politiche? Con chi sta cercando alleanze e sostegno?

La Danimarca si è preoccupata, perché la notizia di Trump è tutto fuorché uno scherzo. La Danimarca è amica dei Paesi del Nord e adesso anche dell’Europa anche se non fa parte dell’Unione, mentre lo è della Nato. Tutti, in qualche modo, dicono di volerla sostenere. Vedremo…

@Ragnar Axelsson – Greenland Sermiliqfjord february 2015

La Groenlandia di cosa vive? Ha un’economia già nei fatti indipendente oppure il Regno , da questo punto di vista, deve sostenerla?

Il 50% degli introiti viene dalla Danimarca. La fonte principale di sostentamento risiede nella pesca e nella caccia e qualcosa di interessante anche dal turismo.

Una serie tv danese intitolata “Borgen”, già cinque anni fa, anticipava lo scenario attuale. In quella serie, oltre a Usa e Russia, vede coinvolta nelle mire sulla Groenlandia anche la Cina. Con le superpotenze in azione come ritiene possa andare a concludersi questa storia?

La Cina ha chiesto di scavare in Groenlandia qualche anno fa. Poi non le è stato più permesso perché volevano scavare dentro una montagna intera, mettere la terra su una nave e spedirla in Cina. Devo dire un’idea molto strana. Della Russia ho sentito parlare poco, per me è più una questione di tutti gli otto paesi dell’Artico e delle loro risorse. Dal mio punto di vista questo sarà il problema più grande che avrà il pianeta. Gli otto Paesi dell’Artico devono sedersi e parlarne, ma devono decidere i politici. L’interesse della Cina, anche degli USA è solo scavare, cercare le terre rare. Ne hanno bisogno per le batterie, le macchine elettriche e altro ancora. La Cina possiede il 92% delle risorse, è per questo che specialmente gli Stati Uniti si stanno muovendo.

La nuova generazione da quali sentimenti è attraversata?

La nuova generazione è ottimista per il futuro, vuole avere un lavoro, maggiori opportunità e non più solo la prospettiva di praticare la caccia. Insomma, aspira a una vita migliore. Ma è preoccupata per la velocità con cui si sciolgono i ghiacci sul mare. Quando andai in Groenlandia nel 1995 il ghiaccio sul mare era molto spesso e sicuro. Adesso, nello stesso posto e nello stesso momento dell’anno, c’è solo acqua. A dire il vero ora il ghiaccio è tornato ad essere un poco più spesso, come se ci fosse un ciclo. Tuttavia, è tornato ad esserlo perché si scioglie da un’altra parte: l’acqua più fresca è più soffice e così si ghiaccia più velocemente. Nell’Artico c’è del ghiaccio nuovo, che ha circa un anno, ma questo perché al di sotto vi è la presenza di ghiaccio vecchio. Magari nel giro di vent’anni anni, nel periodo estivo, il ghiaccio sarà completamente sciolto. O forse permarrà, ma in forma diversa. Va detto che quando il ghiaccio si scioglierà ci saranno più chance di scavare per trovare oro, diamanti, rubini, terre rare, forse petrolio e altro ancora. 

@The Photographer Ragnar Axelsson

Lei è un fotografo di fama mondale. Anche in virtù del suo prezioso lavoro di documentazione, come vede la Groenlandia di domani e, più in generale, il futuro dei Paesi sopra il Circolo Polare Artico?

Sono luoghi dove vado da 40 anni. Dal 1995 sto documentando i tre villaggi attorno a Scoresbysun; e a Capo Speranza ho fotografato l’ultimo uomo che rimasto lì a vivere. Ho una foto di lui mentre si guarda indietro e le sue ultime parole sono state: “Non c’è più speranza a Capo Speranza”. Lì tra qualche anno non ci sarà niente. Un mio amico cacciatore è il protagonista di un libro a cui ora sto lavorando sui piccoli villaggi in Groenlandia. Poi documenterò anche tutti i Paesi dell’Artico, dall’Alaska alla Siberia. Negli anni ho viaggiato in tutti i Paesi sopra il Circolo Polare Artico, e quello che mi ha stupito è che tutti vogliono sapere degli altri, vogliono essere amici e conoscere come sopravvive e potrà sopravvivere l’Artico. Dopo aver sentito le parole di quell’uomo a Capo Speranza, spero che finalmente i Paesi dell’Artico si parleranno da amici per trovare insieme una soluzione ai problemi. Bisogna adoperarsi affinché non si affievolisca la speranza. La sfida non è facile. La politica non può sfuggirla.