Ucraina. Volodymyr, il salvatore di bambini che riaccende la speranza

Ci stiamo abituando a guardare all’Ucraina e alle altre guerre con gli occhi della geopolitica. Nel suo libro “Il salvatore di bambini – Una storia ucraina” (Feltrinelli, 2024) l’inviato speciale del quotidiano “Avvenire”, Nello Scavo, ci riporta alla realtà delle singole persone che con le loro scelte cambiano il mondo. Come quelle del direttore della casa per minori di Kherson. Una storia incredibile, se non fosse «52+15» volte vera. E che ha fornito prove decisive per l’incriminazione di Putin a livello internazionale



13 dicembre 2024
Lo Schindler ucraino
di Nicola Varcasia

Volodymyr Sahaidak

Su Vladimir Putin pende un mandato d’arresto ad opera della Corte Penale Internazionale. Il capo d’accusa è banale quanto il male: ladro di bambini ucraini. Migliaia, secondo le stime dell’Onu, deportati attraverso ‘campi di filtrazione’ da cittadine quali Mariupol e Kherson, rase al suolo durante l’invasione del Paese iniziata il 24 febbraio del 2022. A spiegare in che modo il presidente della Federazione Russa sia ritenuto responsabile diretto di questo preciso crimine contro l’umanità ha contribuito in modo determinante Nello Scavo, inviato speciale di Avvenire, autore di importanti reportage dai teatri di guerra del nostro tempo. Una delle sue inchieste ha fornito le prove di quanto sta accadendo in Ucraina.

Una piccola grande storia

Ma il libro in cui Scavo riassume tempi e modi del suo complesso e rischioso reportage non è dedicato solo a questo ennesimo scempio e al significato geopolitico del conflitto. Di questo, non senza ragioni, si parla molto in questa concitata fase, con la rielezione di Trump alla Casa Bianca, l’acuirsi delle tensioni in Georgia e la caduta del regime di Assad in Siria. La storia principale raccontata dal giornalista ne “Il salvatore di bambini – Una storia ucraina” (Feltrinelli, 2024) è quella di una persona sola: Volodymyr Sahidak. Una storia piccola rispetto alle vicende generali, ma che riporta di schianto l’attenzione sulle singole persone, sulle famiglie, sul popolo (e che è stata determinante nello smascherare il piano generale). Volodymir è il direttore della ‘Casa per minori’ di Kherson, a nord della Crimea (a oltre 400 chilometri dalla regione del Donbas), già tristemente nota per le immagini di distruzione arrivate da quel fronte.
Al momento dell’invasione, l’orfanotrofio, così lo chiamano tutti, ospita 52 tra bambini che sarebbero sicuramente stati deportati in Russia, come migliaia di altri bambini se, grazie a una serie di stratagemmi –  incredibili se non fossero stati verificati –  proprio Volodymyr non fosse riuscito a salvarli, mandandoli via un po’ alla volta e costruendo per ciascuno delle storie credibili, ma totalmente false. Storie scritte in lingua ucraina, per prendere tempo di fronte all’incalzare degli occupanti, nonostante la lingua della burocrazia ucraina fosse rimasta il russo. Storie di timbri falsificati imparando a usare il software Photoshop da zero. Storie di fiabe spezzate dai rumori della guerra. E da un campanello che una mattina costringerà Volodymyr a metter in atto il piano che aveva minuziosamente preparato nelle prime settimane di occupazione, in attesa che anche il suo recinto fosse identificato: trasferire i ragazzi a poco a poco. Lo strillo di copertina del testo lo definisce come lo Schindler ucraino: non è per niente un’esagerazione.

Il giornalista Nello Scavo il libro e Volodymyr Sahaidak

I ladri di bambini

Scavo si avventura anzitutto alla ricerca di un fantasma, della cui esistenza sembrava perfino più ragionevole dubitare: «La leggenda delle sparizioni mi sembrava troppo facile da giocare per la propaganda. Al tempo dell’Unione Sovietica, in Occidente c’era chi credeva che i russi mangiassero i bambini. Adesso li rubavano. E a me sembrava davvero troppo, per crederci senza farsi domande», scrive Scavo.
Il problema era che le informazioni reali, come capita in ogni guerra, sono merce rara ed è veramente difficile capire di chi fidarsi, incluse le persone a cui si consegna la propria vita in cerca di verità che qualcuno potrebbe essere disposto a far pagare a caro prezzo. Ma Scavo non molla e continua a cercare prove dell’esistenza di quell’uomo: «Per mesi non avremmo saputo nulla di quel che accadeva a Kherson, e di come Volodymyr Sahaidak avrebbe affrontato i ladri di bambini. La città era stata conquistata dalle forze di occupazioni russe nei primi giorni di guerra».
Ma il silenzio dietro cui Volodymyr si trincererà per angosciose settimane, nella speranza che qualcuno lo cercasse e nell’attesa che i russi bussassero alla sua porta, però, sarà la sua salvezza: «Il silenzio era la copertura migliore». Sapeva di non poter «contattare giornalisti fuori da Kherson, non poteva mandare messaggi, non poteva rivolgersi a Kyiv e sapeva che non avrebbe potuto negoziare con Mosca». Racconta Scavo che l’insegnante di un vicino collegio, sempre a Kherson, decisa a smascherare la disinformazione russa, raccontò in un video sui social la vita sotto le bombe: «Nelle intenzioni, quel messaggio disperato doveva denunciare cos’è ‘la guerra dentro la guerra’. Nei fatti significò la deportazione». Un metodo, spiega Scavo «già collaudato ai tempi delle guerre in Cecenia, quando migliaia di civili venivano interrogati con le cattive maniere prima di essere avviati alla prigionia. Di tanti si sono perse le tracce per sempre».
Saranno alcune persone a fornire i primi indizi, pian piano trasformatisi in certezze, tanto della strategia complessiva sui campi di filtrazione quanto dell’incredibile eccezione (probabilmente non la sola) rappresentata da Volodymyr. C’è la storia di Nadia e Vlad che parlano della loro fuga da Mariupol e che iniziano a confermare il sospetto: «In tanti anni di conflitti e crisi umanitarie era la prima volta che mi capitava di apprendere che uno stato di sua iniziativa cambiasse la cittadinanza a dei minorenni». C’è la storia di Ilona e Liza, «due giornaliste fuggite da Kherson e che continuano a raccogliere notizie sull’occupazione». Saranno loro a dare a Scavo il contatto con il fotografo ricercato dai russi Korniakov che, a sua volta, potrà confermargli l’esistenza di Volodymyr.

L’immagine della copertina del libro di Nello Scavio

Storie quasi in diretta streaming

Lasciamo al lettore il gusto di scoprire la trama avvincente e drammatica del racconto di Scavo e i vari personaggi che lo aiuteranno a smascherare il contrabbando di bambini, tra i quali: la guida dal nome impronunciabile e per questo soprannominata Slavache vuol dire gloria, anche se per lui vuol dire prima di tutto ‘orgoglio ucraino’»). I funzionari dell’Onu che gli danno informazioni riservate. Ma anche l’inquietante figura di Marija Lvova-Belova, Commissario per i diritti dei bambini della Federazione Russa e lo stesso Putin, che si vanterà davanti al mondo di aver ‘salvato’ i bambini ucraini dalle bombe. Fino ai dialoghi a viso aperto con Volodymyr.
Ogni capitolo del libro comincia con lo spezzone di una fiaba ucraina, che conferisce al testo il sapore di un romanzo storico, con la differenza che lo si vive quasi in diretta streaming. Il punto però è un altro e lo scrive Scavo parlando di Volodymyr, non ancora pago di aver compiuto l’impresa impossibile di salvare i 52 ospiti della Casa per minori: «Io ebbi la conferma che quando salvi cinquantadue vite e quindici ti sfuggono di mano, non passerai un solo giorno della tua vita senza pensare a quei quindici». Che infatti con un altro ‘trucco’ ideato da Volodymyr e da una rete di collaboratori verranno recuperati dalla Crimea e fatti pervenire, sani e salvi, in Georgia.