Nick Cave: nell’hotel di Dio ci sono sempre stanze disponibili
L’artista australiano è un uomo che ha accettato di veleggiare nella vita tra salvezza e perdizione. Vicino, per questo, a personaggi del calibro di Johnny Cash e Jeff Buckley. Nei suoi brani atmosfere inquiete, maledette, viscerali, vere. Credente in Dio e Gesù Cristo, quel che scrive e come lo scrive sarebbe piaciuto a Flannery O’ Connor, romanziera che si intendeva di radicalità. In quel che scrive c’è tutta la drammaticità di una vita che non gli ha risparmiato dolori lancinanti. Perdite familiari terribili. Da ascoltare riascoltare, dunque. Il 20 ottobre sarà al Forum di Assago per un concerto attesissimo: i biglietti sono finiti da mesi.
18 ottobre 2024
Il cantautore inquieto
di Walter Gatti

Ci sono un paio di minuti in uno dei più bei film di Wim Wenders, “Il cielo sopra Berlino”, in cui il protagonista Bruno Ganz, nei panni dell’angelo custode che sceglie la vita terrena, entra in un locale dark-punk di Kreuzberg. Sul palco c’è una band, con un cantante in camicia rossa, gilet nero e chioma ondeggiante. Il cantante in camicia rossa era Nick Cave.
Per chi è molto avvezzo alle cose del rock, forse è utile ricordare che questo musicista australiano classe ‘57, è uno di quei personaggi – come Johnny Cash o Jeff Buckley, tanto per dirne un paio – in cui la necessità di salvezza è sempre andata di pari passo con l’attrazione della perdizione. O viceversa.
Sarà forse che le due facce della medaglia della vita sono sempre quelle, non si scappa. Figlio del periodo punk, lui ha trasformato gli sberleffi anarchici di Clash e Sex Pistols (quelli che cantavano I am an Antichrist, I am an anarchist) in una celebrazione tragica e gotica delle cose dell’uomo. Una celebrazione che mette insieme sangue e Bibbia nello stile che era di Flannery O’Connor, che crea atmosfere inquiete e maledette, ma che si estendono coraggiosamente verso le frontiere liturgiche dell’esistenza.
“Non posso resistere a Cristo”
La sua attività musicale inizia in Australia a metà anni ‘70, con i Birthday Party, band con cui si trasferisce in Inghilterra, ma Londra non fa per lui, troppo leggerina e modaiola e soprattutto piena di gentaglia che non sa chi sia Baudelaire, suo amato poeta-guida. Allora si trasferisce a Berlino, capitale di un mondo arrugginito, violento e metallico, orfano di mode occidentali, città che era diventata pochi anni prima la base artistica e di rinascita personale di David Bowie, nonché metropoli tossica per eccellenza. A Kreuzberg, il quartiere artistico della Berlino pre-caduta del Muro, Nick Cave diventa un eroinomane terminale, suona fino a stramazzare quasi ogni sera e nel tempo libero incontra una distruttiva band rumorista, gli Einsturzende Neubauten (gente che si è tolta lo sfizio di andare in scena con martelli pneumatici e seghe elettriche come sezione ritmica).
È qui che inizia la sua nuova vita: incide alcuni dischi esplosivi (come ad esempio The good son, Let love in, Murder Ballads e Dig Lazarus Dig), scrive un romanzo gotico-sudista (E l’asina vide l’angelo), cita il Paradiso Perduto di Milton, incontra Wim Wenders per il film degli angeli caduti, riesce a disintossicarsi e a scoprire che si può vivere da sobri. È un musicista atipico e vorace, che scrive poesie quando non incide dischi devastanti, inizia a parlare di Dio e del bisogno di luce capace di illuminare il buio e il nulla. Nel ‘98 scrive l’introduzione ad un’edizione del Vangelo secondo Marco, in cui dice che «il Cristo che emerge da questo Vangelo, attraversando gli eventi casuali della sua vita, ha un’intensità così intensa a cui non posso resistere». In una canzone del 2005, God’s Hotel, canta:
Tutti hanno una camera
All’Hotel di Dio
Tutti hanno una camera
Non vedrai mai il cartello appeso alla porta
Che dice
Non ci sono più stanze disponibili qui

Ancora una volta Cave veleggia tra salvezza e perdizione, ma sembra che il tocco della luce sia più forte. E la vita, bastarda, lo colpisce più pesante. Il suo quarto figlio, Arthur, nel 2015 cade senza scampo da una scogliera vertiginosa dalle parti di Brighton, dove Nick e famiglia si sono trasferiti da qualche anno. Dopo mesi lunghi e gelidi, passati tra la depressione e la meditazione se ne esce con un disco, Ghosteen, che è una liberazione terapeutica, insieme tetro e lacerante (basta ascoltare Hollywood). Un disco che in copertina presenta una visione lussureggiante di un giardino dell’Eden, e in cui si innalza una ballatona per voce baritonale e pianoforte, Waiting For You;
Un sacerdote corre per la cappella
Tutti i calendari girano
Un Gesù freak per strada
Urla che lui sta tornando
Beh, a volte un po’ di fede
Può fare molto
Lui per tagliarla corta con chi ne parla come di un convertito dice a tutti che non gli interessano le religioni, ma che crede in Dio e che la figura di Gesù è la più definitiva della storia. Passano una manciata di anni, Cave raccoglie come meglio può il senso delle cose della vita, fa nuovi ed entusiasmanti concerti, sempre in quella terra di nessuno in cui il buio e la candela della speranza si collegano con il battito del cuore. Ma non sa che dietro l’angolo c’è ancora la morte: è il 2022 ed il suo primo figlio, Jethro, viene trovato morto (probabilmente suicida) in un motel australiano.
Ma come: di nuovo? Non abbiamo già sofferto abbastanza, urlato a sufficienza, bestemmiato fino a sfinire, inginocchiato fino a star male? Nell’agosto di quest’anno Nick ha prodotto la “risposta” a tutto questo, un disco, Wild God, di fronte a cui ammutolire come di fronte a Unchained di Johnny Cash o Magic and Loss di Lou Reed. In questo disco il vecchio rock è trasfigurato da uno scheletro sinfonico e gospel, da pianoforti e ottoni da cattedrale, da uno spirito che reclama bellezza e letizia, amore e affetto, gioia e dolcezza da ogni solco. Canzoni bellissime come Conversion e O wow o wow, trascinanti e trascendenti. Nel disco c’è un brano, Joy (il disco a un certo punto sembrava potesse proprio intitolarsi così) che sembra una visione di un Cristo in scarpe da ginnastica, e che in ogni caso è un’aspirazione suprema in forma di sermone gospel, più declamato che cantato:
Mi sono svegliato stamattina con il blues intorno alla testa
Sono saltato in piedi come un coniglio
E sono caduto in ginocchio
Ho gridato a tutti intorno a me
E dicevo: abbi pietà di me, per favore!
E lì, accanto alla finestra, una voce arrivò bassa e sorda (…)
Poi ho visto un movimento intorno al mio lettino
Oh, un fantasma con scarpe da ginnastica giganti
E stelle ridenti intorno alla testa
Abbi pietà di me! (…)
Disse: Abbiamo tutti avuto troppo dolore
Adesso è il momento della gioia.
Della gioia, della gioia

Il 20 ottobre, al Forum di Assago, Cave sarà in concerto. Inutile cercare i biglietti, sono esauriti da mesi. Ma c’è sempre tempo per sentirlo e risentirlo. E magari per iniziare ad amarlo per la sua lucida e folle visione della vita.