Il “Cantico delle Creature” risveglia dal sonno della ragione
San Francesco scrive i versi meravigliosi del “Cantico” proprio ottocento anni fa. Da riprendere con stupore specie in questo momento di profonda crisi dell’umano. Un tempo, questo, scandito da troppo sonno della ragione che produce mostri. Urge una sveglia ragionevole. Alla vigilia del 7 ottobre, quando sarà passato un anno dal pogrom di Hamas e dall’inizio della nuova, terribile guerra in Terra Santa
4 ottobre 2024
Editoriale

“Il sonno della ragione produce mostri”. Così il pittore spagnolo Francisco Goya intitolava una delle sue opere più conosciute, un’incisione ad acquaforte e acquatinta realizzata nel 1797. Nel tempo quell’espressione ha preso la sua strada, ha vissuto e vive una sua provocante storia, autonoma, che si è distaccata rispetto all’opera per azzannare la realtà, per metterci alle strette. “Il sonno della ragione produce mostri” è evidenza lacerante. Per quanto la conosciamo, la mastichiamo, non va proprio giù. È indigesta. Perché è pesante, un macigno che trascina verso il basso. Nell’abisso. “Il sonno della ragione produce mostri” è quel peso che fa ostruzione, che ottura la vita, la sderena, le fa violenza. Ripetutamente.

Le tenebre qui e ora
A un anno dal 7 ottobre 2023 eccola qui l’evidenza del male, del sonno della ragione che produce mostri. Un anno fa i terroristi di Hamas compiono un gesto mostruoso, un pogrom, colpiscono con ferocia, si accaniscono fino a non poterne più, strappano vite, deturpano, rapiscono. Appena un anno fa, ancora una volta entra in gioco l’uomo che non ne vuole sapere della ragione. Un fastidio insopportabile doverci fare i conti con la pratica della scelleratezza, la via del terrore, le tenebre qui e ora. “Il sonno della ragione produce mostri” in deltaplano, in motocicletta, predatori di innocenti, di ebrei di cancellare. E pensare che viene tirato in mezzo persino Dio per avallare tali sconcezze. Il mostruoso sonno della ragione arriva fin lì. Il baratro è la catapecchia preferita dei mostri. La sragionevolezza abita lì, nell’incuria ordinaria.
Da quell’infamia, dal 7 ottobre 2023 (conviene ripeterci la data non si sa mai che…) riecco il sempre perverso gioco della morte. La Terra Santa di nuovo calpestata, ogni minuto un affronto, un oltraggio, una deriva cadaverica. “Il sonno della ragione produce mostri”; tipi sepolcrali che fanno fuori i popoli. Un deragliamento nichilista. Vero, certo. Però certamente falso. Falso in tutto e per tutto. Perché quel che è successo, che succede è menzogna. Perché il sonno della ragione produce mostri che ci sguazzano nella melma menzognera.
La melma menzognera
Portare in piazza cartelli che sfregiano la senatrice a vita Liliana Segre è roba da melma menzognera. Come sostenere che quello di Hamas è un fenomeno di resistenza (please, leggere “Le lettere dei condannati a morte della resistenza” per capire che queste sono piazze dove il sonno della ragione detta la linea). Come chiedere e ottenere un minuto di silenzio in ricordo di Nasrallah, non proprio un Ghandi del XXI secolo. Insomma, il sonno della ragione è un problema molto serio che non è opportuno mettere da parte. Tanto è impossibile, perché è come ovosodo che non va né su né giù. E i conti con l’ovosodo tentatore che ti si piazza nello stomaco, in un modo o nell’altro, è esperienza che tocca a ciascuno.
Il 7 ottobre 2023 è come l’11 settembre 2001 è come… la data degli orrori della Storia che vogliamo aggiungere. Non per tenere insieme un doloroso elenco. E neppure per operare una gerarchia dei dolori strazianti che l’uomo afflitto dal “sonno della ragione che produce mostri” ha determinato nella Storia. Ma per… memorare.

La data che risveglia
Ma c’è un data che ridesta da quel sonno infame: il 4 ottobre. Già, il 4 ottobre si festeggia san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. E proprio quest’anno ricorrono gli 800 anni dalla scrittura del “Cantico delle creature”. Scrisse quella meraviglia due anni prima la sua morte. Un vero e proprio inno alla gioia perché inno alla vita. Versi che abbiamo incontrato fin da bambini. Limpidi, per nulla banali. Come ebbe a scrivere il grande critico letterario Gianfranco Contini: «Appannaggio dei testi gloriosissimi, e si dica pure incresciosa controparte della celebrità, è che essi, mandati a mente sin dall’infanzia, si fossilizzano e isteriliscono nel ricordo, finché un giorno, nel tornare a sfiorare uno di questi individui canonici, non si trasecola di ravvisarvi qualche contrassegno prima occultato dal bagliore della loro stessa familiarità».
Perciò facciamo nostro l’invito di Contini a trasecolare per dono del riavvio di attenzione al testo del santo di Assisi. Un modo concreto per destarci. Per mettere in circolo il tutto di ciascuno. Per svegliare la nostra ragione dall’insidia ingombrante del sonno più tragico.