Giuni Russo: un senso mistico e mendicante del divino
Il 14 settembre 2004 moriva un’artista di straordinario talento. Una voce personalissima con cui sapeva esprimere l’infinito cuore dell’universo. L’incontro con Franco Battiato, con le suore carmelitane, con gli scritti di Santa Teresa d’Avila ed Edith Stein. Una donna riservata, che ha cantato versi radicali e struggenti. Come questo: “Chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no”
20 settembre 2024
Ricercatrice spiazzante
di Walter Gatti

Cominciamo dalla fine: in questi giorni si ricorda la scomparsa di Giuni Russo avvenuta vent’anni fa, cantante di sfuggente, ma granitica qualità interpretativa. Per conoscerla, ricordarla e rinnovare l’attenzione verso il suo percorso artistico – che sicuramente ha avuto in “Un’estate al mare” il suo punto di maggior visibilità e successo discografico – vale la pena di iniziare proprio dalla fine, da un concerto epocale avvenuto alla Basilica di San Lorenzo a Milano del 1999. Solo da qui si può capire il tutto, esattamente come dal punto di arrivo, volgendosi, uno può cogliere il percorso compiuto. Un concerto che si può rivivere riascoltando “Las Moradas”, la registrazione di quella serata uscita postuma nel 2015, e compresa, almeno parzialmente, nel suo ultimo e vibrante album live, “Signorina Romeo Live”.
Irrequieta e ribollente di idee
Nata a Palermo nel 1951 con una voce fuori categoria e indefinibile secondo normali classificazioni, Giuni (all’anagrafe Giuseppina Romeo) ha vissuto tutta la vita in cerca di un equilibrio tra desiderio del tutto, richiamo profondo della musica e necessità di esprimere con la voce l’infinito cuore dell’universo.
Prima giovanissima interprete (vince il festival di Castrocaro a 17 anni), poi corista a Milano, poi ancora – questa volta con la sua compagna di vita e di ricerca musicale e religiosa Maria Antonietta Sisini – autrice e interprete in cerca di sbocchi discografici, Giuni è irrequieta, ribollente di idee e ondivaga. Ha una voce inaudita, capace di interpretazioni e registri apparentemente opposti, che può contaminare l’operistica con il pop. Come si fa sintesi di tutto questo casino? Bella domanda, rimasta sospesa per qualche anno. Fino a quando nel 1981, a trent’anni, l’incontro con Franco Battiato scombina le carte, i progetti e la vita della cantante siciliana. Escono “Energie” (il ‘33 giri), “Un’ estate al mare”(il ‘45 giri) e “Vox” (ancora ‘33 giri) e tutta l’Italia – che nel frattempo stava vivendo la stagione del successo di Battiato con “L’era del cinghiale bianco”, “Patriots” e “La voce del Padrone”, dischi battutissimi anche nei juke-box dove impazzavano “Cuccuruccu”, “Prospettiva Nevskij”, “Bandiera Bianca” e “Cerco un centro di gravità permanente” – scopre che si può cantare qualcosa di ‘leggero’, ma anche di differente, di intimo, potente e non banale.Scopre cioè che ci può essere una leggerezza colta e addirittura evocativa. “Un’estate al mare”, firmata da Battiato e da Giusto Pio e che contiene una sequenza di immagini vietate (è il sogno di vacanza di un gruppo di prostitute), è la consacrazione per Giuni Russo, che diviene famosa urbi et orbi.

L’incontro con Teresa d’Avila ed Edith Stein
Peccato che lei non sappia che farsene: è una ricercatrice viscerale. Lei ha una voce imparagonabile, è capace di interpretazioni spiazzanti, i suoi dischi coinvolgono i migliori musicisti italiani (da Alberto Radius alle chitarre a Paolo Donnarumma al basso) e i testi, suoi o della Sisini, ripercorrono temi della quotidianità intrecciati con suggestioni filosofiche e teologiche, da Gibran a Gurdjief, il pensatore armeno adorato da Battiato. Ma lei non si ferma, non sosta, non dorme sugli allori. Dopo il successo di “Mediterranea” (1984) mette a punto un album ibrido e contaminato, “A casa di Ida Rubinstein” (1988), un disco pazzesco in cui Giuni reinterpreta brani di Donizetti (inarrivabile la sua versione di“A Mezzanotte”), Bellini e Verdi in una veste in cui musica classica, progressive rock e jazz si inseguono fino a creare una fusione memorabile, sciorinando doti vocali non comuni. È di questo periodo l’incontro di Giuni e di Maria Antonietta con le suore Carmelitane del Monastero di via Colonna, a Milano, a due passi da Corso Sempione. E qui le cose prendono una nuova direzione, perché la ricerca mistica e spirituale di Giuni diviene il centro d’attrazione di tutta la sua produzione. I dischi successivi sono spesso delle antologie dei successi, e forse non rendono completamente ragione della ricerca umana e spirituale della Russo ed ecco che – a parte “Se fossi più simpatica sarei meno simpatica” disco datato 1994 – si immerge nella lettura di Teresa d’Avila, di mistici orientali e di figure della santità occidentale, soprattutto approfondendo gli scritti di Edith Stein.
Qui puoi ascoltare “Moro perché non moro”, testo di Teresa d’Avila
Fino a giungere a quel concerto del 29 dicembre del 1999, riportato soprattutto in“Las Moradas”, il live che citando il famoso testo di Santa Teresa “Il castello interiore” riporta per intero quella serata. Il concerto alla Basilica aveva proposto e interpretato il senso di una serata di sacralità artistica: difficile ricordare qualcosa di simile in tempi recenti sui palchi italiani. La Giuni Russo che interpreta “La sposa”, “L’addio”e “La sua figura”, che propone “Nada te turbe” (Niente ti turbi, niente ti spaventi; a colui che ha Dio, non manca nulla. Niente ti turbi, niente ti spaventi: solo Dio basta) e “Moro perché non moro”, tratta dal testo di Santa Teresa “Desiderio del cielo”, è un artista di fronte alla quale non ci sono parole di commento. Le ultime due canzoni citate, poi, erano state il punto di contatto tra la cantante e le carmelitane di Milano. Infatti, come ha già raccontato la priora del monastero milanese, Giuni aveva telefonato alle suore all’inizio degli anni ‘90 per poter avere integralmente il testo della santa, per lavorarci artisticamente. Ed ecco poi la nascita di quelle canzoni che sono inni, laudi, immersioni personalissime in un faccia a faccia con un senso mistico e mendicante del divino.

“Io nulla”
L’intero concerto e il conseguente album, sono un viaggio musicale, vocale e spirituale travolgente che passa dall’ “Adeste Fideles a “Nomadi”, il pezzo più celebre e perfetto di Juri Camisasca (musicista, pittore e monaco benedettino, altro personaggio da incontrare, scoprire e approfondire). E in questa serata, sublime, c’è una delle canzoni più sorprendenti tra quelle mai incise nel nostro paese, qualcosa che impone solo l’ascolto commosso: “Io nulla”, un brano che Giuni presentava (come altre, ad esempio “La sua figura”) come citazione dai pensieri di San Giovanni della Croce:
Primizia del mio tempo
Orlo del velo che copre la presenza
Dal vivo occhio mi penetra
Un raggio di pura luce
Fai cantare alla mia lingua
Melodie sconosciute
Dell’amore che buca l’opacità del mondo e crea
Io nulla, io nulla, io nulla, io nulla
Sciamano pensieri di pura luce
La via dell’assoluto rischiara
Primizia del mio tempo alla presenza
Io nulla, io nulla, io nulla, io nulla, io nulla
Oso fiorir
Sciamano pensieri di pura luce
La via dell’assoluto rischiara
Primizia del mio tempo
Alla tua presenza
Impressionante Giuni. Potente e innamorata di Dio e del tutto, travolta dal senso mistico dell’amore, delle forze eterne che guidano la vita e la storia. Forze che hanno preso sembianze terrene nella sua voce libera, geniale, creativa e imprevedibile. Con lei, con quel concerto – che riassume tutta la sua storia – si vive un’esperienza di immensità emozionante, che zittisce, che illumina attraverso la magia del suo sorriso e delle sue corde vocali.

“Morire d’amore”
A Giuni Russo viene diagnosticata una neoplasia nel 2001. Riesce a continuare ad esibirsi e a scrivere, ed infatti partecipa con “Morire d’Amore” al Festival di Sanremo del 2003. È il 14 settembre del 2004 quando Giuni si spegne a Milano. Sarebbe il caso di rioccuparci di lei, di riascoltarla, di re-incontrarla, di ripercorrere la sua mistica strada. Potrebbe essere una immersione potente nel mistero della vita che batte forte attraverso le sue canzoni e le sue interpretazioni. Sapendo che, quando interpretava “Il Carmelo di Echt”, canzone di Juri Camisasca, diceva: “Chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no”.