Don Giacomo Tantardini, l’animo del bambino che corre incontro alla vita

Un prete del lecchese, coadiutore in Brianza, poi a Roma. Una fede così intensa, una vita spesa fino all’ultima goccia. L’amicizia con don Giussani e il cardinale Angelo Scola. L’esperienza vivace e intelligente in Comunione e Liberazione. L’incontro con Jorge Mario Bergoglio. Il Santo Padre ha voluto la pubblicazione integrale delle sue omelie, un vero e proprio tesoro di parole incarnate: “È bello lasciarsi andare tra le braccia del Signore” (Libreria Editrice Vaticana).  


5 luglio 2024
Eredità presente
di Alessandro Banfi

don Giacomo Tantardini lezione alla cattedra S. Agostino

Nel settembre del 1970, don Giacomo Tantardini viene inviato come coaudiutore del parroco don Dario Camporelli presso l’orato­rio di S. Maria Assunta in Santa Margherita, una frazione di Lissone, in Brianza. Dopo solo un mese, don Dario annoterà nel suo diario, che poi sarà dato ad alcuni della sua Parrocchia: «Mi accorgo sempre di più che don Giacomo è veramente un profeta di valore. Ha moltissime conoscenze: riceve e fa decine di telefonate al giorno. (…) Passa ore e ore a parlare nel suo studio con studenti e studentesse di Desio, Seregno, Carate…». Nel gennaio del 1971 osserverà, con una punta di umorismo: «Abbiamo cercato la pioggia e il Signore ci ha mandato l’uragano». Ecco un’istantanea perfetta di questo prete lombardo che Massimo Borghesi ci regala nella sua post-fazione biografica del libro, appena uscito per la Libreria Editrice Vaticana, “È bello lasciarsi andare tra le braccia del figlio di Dio”, pagine 526, che raccoglie le omelie pronunciate fra il 2007 e il 2012, stampate seguendo la scansione dell’anno liturgico, e che ha una bella prefazione di papa Francesco.
Don Giacomo Tantardini, classe 1946, da Barzio, provincia di Lecco, è davvero sempre stato un uragano. Ne ha generati molti e ne ha anche attraversati non pochi. Perché don Giacomo è stata una di quelle persone per cui l’esistenza stessa è stata intensa, quasi imparagonabile a tante vite normali. Destino di chi crede davvero e in modo radicale, non banale, mai tranquillo. Tempeste esistenziali, sociali e finanche politiche, sempre affrontate con l’animo del bambino che corre incontro alla vita. Dice una delle sue prediche riportate nel libro, che finisce per essere un tesoro di meditazioni: «Come mi ha voluto bene il Signore, facendomi camminare sempre sulla strada giusta. Perché si può cadere e si cade, e il Signore solleva chi è caduto, diceva il salmo dei vespri di oggi. Si cade, come dice Tommaso d’Aquino: “È meglio cadere tante volte sulla strada giusta, che correre sulla strada sbagliata”» (23 giugno 2007).

Don Giacomo Tantardini e Papa Francesco

Predice poetiche che ricordano “le ripetizioni” di Peguy

E un uragano sono state queste sue omelie, pronunciate nella Basilica di San Lorenzo fuori le mura a Roma, anche per chi le ascoltava. Come scrive nella Prefazione papa Francesco, che di don Giacomo fu amico ed estimatore quando era ancora arcivescovo di Buenos Aires: «Nessuno si distraeva quando predicava: ogni parola restava nel cuore e illuminava la vita». È stato proprio papa Francesco a volere questo volume, consapevole che l’eredità di don Giacomo non dovesse andare perduta, come racconta nell’Introduzione il professor Massimo Borghesi, ordinario di Filosofia Morale a Perugia, quando riferisce di un colloquio diretto col Santo Padre. «Il Papa», scrive Borghesi, «ha chiesto espressamente che le omelie romane di don Giacomo fossero pubblicate integralmente».
Sono prediche che ricordano le ripetizioni poetiche di Charles Péguy dove il ritornare della stessa parola ne fa emergere la profondità di significato. Ad esempio, in una di essa, si intuisce che cosa significa il cielo: «Nel suo commento al Padre nostro san Tommaso d’Aquino si domanda che cosa voglia dire ‘venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra’, che cosa voglia dire come in cielo. E risponde: ‘Sì, come in cielo: nella dimora di Dio’, ma poi aggiunge: “Come in cielo: il cielo è il cuore dei santi”. E com’è bello chiedere che anche qui in terra si possa sperimentare quella gioia che è nel cuore dei santi: “Come in cielo, così in terra”» (1 novembre 2010).

Intensa pietà eucaristica

Accostarsi alle parole di don Giacomo è anche ricordare la sua persona. E bene ha fatto Borghesi a raccogliere tante testimonianze sulla sua vita, a cominciare da quella del cardinale Angelo Scola, oggi Arcivescovo emerito di Milano, che in seminario gli fece incontrare il Movimento di Comunione e Liberazione: «Il giovane seminarista Giacomo, di vivace intelligenza, acuta sensibilità e intensa pietà eucaristica, ne fu attratto: fu l’inizio di un’amicizia che avrebbe trasformato le nostre vite e che non si sarebbe più interrotta. Nonostante la comune radice geografica (Giacomo era nato a Barzio, tra i monti che circondano Lecco e io a Malgrate, sul lago su cui si affaccia) le nostre personalità erano molto diverse, ma accomunate da capacità critica e da altrettanta determinazione. L’itinerario con cui vivemmo l’appartenenza al Movimento e alla paternità di don Giussani fu differente e a volte, soprattutto negli anni dell’impegno pubblico fino alle prese di posizioni politiche, sembrò metterci in opposizione. Eppure, come un diamante che non si scalfisce neanche davanti ai colpi più aggressivi, la nostra amicizia resistette, generata da una stima a-priori e dalla sconfinata gratitudine per la radicale appartenenza di entrambi alla stessa storia, alla stessa paternità. Una fraternità di cui don Giacomo già contempla la pienezza e verso la quale io sono incamminato, aiutato anche dalla sua intercessione».

La rugiada e la sorgente

Don Giacomo, come il titolo del libro suggerisce, si è lasciato “andare tra le braccia del Figlio di Dio”. È morto prematuramente per una malattia che gli ha tolto fiato e voce, offrendo la sua sofferenza per il bene della Chiesa universale. Non diede mai l’impressione di possedere la verità, pur essendone evidente tramite per molti, ma di averla incontrata come una fortuna inaspettata, di cui era sempre stupito. Noi, che lo abbiamo conosciuto e amato, gli abbiamo sentito ripetere più di tutte due parole: Gesù e grazia. In lui hanno avuto un riscontro storico, esistenziale, carnale per dirla con l’amato Charles Péguy. Un riscontro che ha pochi paragoni, vero anticipo di paradiso.
Dice don Giacomo Tantardini nell’omelia del Natale del 2010: «Sant’Agostino ha un’immagine così bella: parla della speran­za come della rugiada della vita. E la rugiada, dice, non è la sorgente. In paradiso berremo alla sorgente. In paradiso nessu­no, nessuno ci strapperà più questa vita in abbondanza. Qui la vita in abbondanza, la vita della grazia, è solo come rugiada, è come gocce di felicità nel deserto della vita, eppure com’è piena di felicità questa rugiada! Allora, dice Agostino, se è già così felice, se è già così stupenda la rugiada di questa vita, pensate come sarà la sorgente, pensate come sarà felice la sorgente, pen­sate come sarà pienezza di felicità il paradiso se già qui solo la rugiada, solo gocce di rugiada di questa vita in abbondanza, se già qui quando si sperimenta solo gocce di questa felicità, solo la sorpresa e lo stupore di questa felicità, se già qui è così bella, è così bella questa rugiada, se già qui è così bello essere portati in braccio da Lui, se già qui è così bello essere custoditi da Lui, se già qui è così pieno di felicità l’essere abbracciati da Lui, pensate, pensate che cosa sarà il paradiso quando saremo ab­bracciati dalla sorgente stessa, quando la sorgente della grazia ci abbraccerà per sempre».