1924: la prima donna al Giro d’Italia

L’annuncio: l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, il 9 maggio, presiederà nella magnifica cornice della basilica di Sant’Ambrogio la prima sessione pubblica della fase testimoniale per la causa di beatificazione e di canonizzazione di don Luigi Giussani. Si tratta di un passaggio fondamentale nel cammino verso il riconoscimento della sua santità da parte della Chiesa cattolica. Un buon cammino. Che certifica la passione di questo sacerdote ambrosiano per Cristo, la Chiesa, il popolo. Tutto, insomma. Laddove la dimensione culturale occupa una posizione primaria, soprattutto se viene alimentata dentro un’esperienza capace di incontrare e valorizzare tutte le espressività. E la storia del Centro Culturale di Milano origina proprio dal suo invito a mettersi in gioco per comunicare la cultura come gusto del vivere.


10 maggio 2024
La “corridora”
Conversazione con Simona Baldelli a cura di Angelo De Lorenzi

Simona Baldelli e Alfonsina Strada

La storia di Alfonsina Strada ci racconta di come siamo fatti per andare oltre il perimetro del già conosciuto”. Simona Baldelli – finalista al Premio Italo Calvino e vincitrice del Premio Letterario John Fante 2013 con Evelina e le fate (Giunti, 2013), il suo libro d’esordio, e del Premio Letterario Nazionale per la Donna Scrittrice per Il pozzo delle bambole (Sellerio, 2023) – è l’autrice anche di Alfonsina e la strada (Sellerio, 2021), romanzo biografico che ha per protagonista la prima e unica donna ad avere gareggiato insieme agli uomini sulle strade del Giro d’Italia, nel 1924, giusto un secolo fa.
Quest’anno, durante la corsa a tappe che ha preso avvio sabato 4 maggio da Venaria Reale, alle porte di Torino, non mancheranno le occasioni per ricordare la sua figura; mentre al Giro Women, in luglio, il Blockhaus, salita arcigna della Maiella, sarà proprio in suo onore la “Cima Alfonsina Strada”, che indica la vetta più alta inserita nel percorso. 
Nata nel 1891, come Alfonsa Rosa Morini, figlia di contadini di Riolo di Castelfranco Emilia, nel Reggiano, è ancora bambina quando scopre la passione per la bicicletta. Le sue prime gare a Torino, poi nel 1915 si trasferisce a Milano dove, due anni dopo, sposa Luigi Strada, del quale manterrà sempre il cognome. Nel 1924 Alfonsina corona il suo sogno di “corridora”: si iscrive al Giro d’Italia, lotta con gli uomini, non è mai ultima. Nella tappa di Perugia arriva fuori tempo massimo, ma l’organizzazione le consente di terminare la gara, anche se fuori dalla classifica ufficiale, sino al traguardo di Milano. Diventerà una star e poi un’icona celebrata da articoli, libri e molti spettacoli teatrali. Rimasta vedova, si risposò a Milano il 9 dicembre 1950 con Carlo Messori, ex ciclista sessantanovenne col quale aprì un negozio di biciclette in via Varesina che chiuse alla sua morte non sentendosela di gestirlo da sola.

Alfonsina Strada in bicicletta

Perché ha scritto un libro dedicato ad Alfonsina Strada?

Sono profondamente innamorata dello sport. Ogni disciplina incarna la sfida dell’uomo contro i suoi limiti, sia fisici, sia mentali. Quando un’atleta cerca di correre il più forte possibile, di attraversare un campo con la palla incollata al piede, tuffarsi da altezze impensabili, sta spostando un po’ più in là non solo i suoi propri confini, ma quelli di tutta l’umanità. Afferra uno spicchio di eternità, e tutto questo non smetterà mai di commuovermi profondamente.
Alfonsina Morini Strada oltrepassò doppiamente questi confini, come atleta e come donna, perché riuscì a squarciare la discriminazione più radicata (nello sport e non solo): prendere parte a una gara riservata solo agli uomini, il Giro d’Italia. Nel 1917 e nel 1918 aveva già partecipato a due edizioni del Giro di Lombardia, ma non bisogna dimenticare che, nel 1924, il governo Mussolini aveva vietato le competizioni sportive femminili, dunque Alfonsina sfidò molto di più della sola discriminazione di genere. Questo avvenne ben cento anni fa. Lei è quindi un personaggio che, da sempre, appartiene al mio bagaglio culturale ed emotivo.
Posso dire di aver avuto l’ispirazione per il romanzo da Margherita Hack, che ho avuto la fortuna di conoscere e con la quale ho parlato a lungo di Alfonsina. Ho deciso di scrivere un romanzo basato sulla vita della nostra amata corridora il giorno in cui vidi, per l’ennesima volta, il videoclip del brano “Alfonsina e la bici” dei Tête de Bois, in cui proprio Margherita Hack, in tuta da meccanico, insegna a una bambina molto somigliante ad Alfonsina ad aggiustare la catena della sua bicicletta.

Che cosa l’ha colpita maggiormente di questa figura?

La capacità di guardare sempre oltre l’orizzonte; e quindi la tenacia e il coraggio.

Le storie di sport offrono molto materiale a uno scrittore per lavorare. Lei come ha affrontato la scrittura di questo libro?

Mi sono basata sulla vita di personaggi realmente esistiti, tuttavia un romanzo, benché biografico, non consiste nell’inanellare solo aneddoti. Occorreva individuare una crepa in cui infilarsi e, pur nel rispetto dei fatti e dei personaggi, introdurre la voce dell’autore, e mantenere il filo del discorso, che era il confronto dell’essere umano con i suoi limiti.

Alfonsina Strada esce dal suo negozio aperto con Carlo Messori

Alfonsina rappresenta un’icona per molte donne che conoscono la sua storia. Per il coraggio e la determinazione nelle scelte operate è andata decisamente controcorrente rispetto ai canoni sociali della sua epoca. Lei che cosa ne pensa?

Non so se Alfonsina Strada sia andata effettivamente controcorrente. Io penso che abbia sicuramente cercato di seguire il suo destino, ovunque la conducesse. Con il suo agire ha cercato di rispondere a un bisogno interiore, voleva dare concretezza ai propri sogni. Non possiamo negare il fatto che, ora come allora, le donne debbano faticare infinitamente più di un uomo per raggiungere un risultato, ma io credo che la storia di Alfonsina insegni a tutti qualcosa di molto importante e universale e che si rivolga quindi anche agli uomini: siamo fatti per raggiungere orizzonti impensati fino a quel momento. C’è in tutta l’umanità il desiderio profondo, innegabile e commovente, di misurarsi con l’infinito.