“Vi racconto Marco Pantani, il migliore”

Vent’anni fa la drammatica morte del fuoriclasse della bicicletta che nello stesso anno, il 1998, trionfa al Giro d’Italia e al Tour de France. Un’impresa indimenticabile. Questo ciclista di Cesenatico è nella galleria dei campioni dello sport, un vero pirata come veniva chiamato. Un pirata che quando saliva sui pedali e iniziava a scattare in salita per gli avversari erano solo dolori. E distacchi incolmabili.
C’è un documentario che racconta il Pantani inedito. Le sue gioie, le sue amarezze, le sue amicizie. E le vicende che ne hanno interrotto la carriera: troppe ombre pochissime certezze. Intervista a Paolo Santolini, autore del prezioso filmato disponibile su Raiplay.


23 febbraio 2024
Idolo di tutti
Conversazione con Paolo Santolini a cura di Angelo De Lorenzi

IL MIGLIORE Marco Pantani Okta Film 12

Credo nei valori, credo negli uomini, quindi essere ferito nei sentimenti è più importante che nel fisico”. Queste parole di Marco Pantani, a vent’anni dalla sua scomparsa misteriosa e drammatica avvenuta il 14 febbraio 2004, giorno di San Valentino, in una camera di un residence a Rimini, ancora ci interrogano.
Il campione di Cesenatico è stato idolo di un Paese intero, ultimo campione terragno nel quale gli italiani si sono identificati, sul quale si sono spesi fiumi di inchiostro nei giornali, scritte montagne di libri, si è ricostruito la sua storia epica e drammatica all’infinito.
Eppure sono forse mancati fino ad oggi una certa sensibilità, un pudore e la chiave giusta per raccontare Marco Pantani, non solo fuoriclasse della bicicletta.
Ci ha provato un autore e regista Paolo Santolini, documentarista, filmaker autodidatta, nato a Cesena nel 1968, una lunga carriera nel settore audiovisivo: fra i suoi lavori anche “Così in terra” (2018), un documentario sulla figura di don Luigi Ciotti. Ci voleva, insomma, un professionista bravo e fuori dal coro per incontrare veramente il “Pirata”, portando sullo schermo documenti, immagini e dialoghi intimi e inediti.
Dopo mesi di lavoro nasce “Il Migliore”, realizzato da Okta Film, coprodotto da Rai Cinema, uscito al cinema nel 2018 e ancora visibile on line su Raiplay; un prodotto sartoriale, scaturito dalle viscere e dall’intimità di un sentimento, come si evince sin dalle prime sequenze: “Ho voluto raccontare Marco Pantani attraverso il punto di vista degli amici e dei suoi familiari. Cesenatico è una città che si riempie di persone e di turisti durante l’estate, ma in inverno è una piccola comunità, un villaggio.
Io sono di Cesena e conosco molto bene Jumbo che è stato uno dei più cari amici Marco. Mi sono fatto raccontare da lui chi era Pantani e mi ha introdotto nella cerchia dei suoi amici, il gruppo storico di compagni con i quali si divertiva, ‘faceva baracca’, come si dice dalle nostre parti”. Jumbo di Pantani a certo punto del film dice: “Era un patacca carismatico”…

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“Marco faceva parte di una comunità”

“Non si può capire la vicenda di Pantani nella sua complessità e interezza se non si sceglie di entrare in questa dimensione. Marco faceva parte di una comunità, gente semplice, magari dalla cultura basica, elementare, ma vera. Persone autentiche e leali. Marco Pantani era fatto di questa pasta: visse l’esclusione dal Giro nella tappa di Madonna di Campiglio il 5 giugno del 1999, come un autentico tradimento.
Si sentì come pugnalato al cuore da tutto l’ambiente, in particolare dalla stampa e dagli organizzatori del Giro. Chi prima lo aveva esaltato e posto sul piedistallo ora lo accusava senza diritto di replica, dando per scontata la sua colpevolezza, senza esibire uno straccio di prova e con un atteggiamento un po’ bacchettone perché si voleva dimostrare di voler far pulizia nell’ambiente.
Dissero: Marco ci ha tradito. Allora, però, ci fu solo l’esito di un controllo che diceva di un valore alto di ematocrito, sopra la regola, ma non era la prova automatica di colpevolezza. Qualche ora più tardi, lasciata Madonna di Campiglio, Pantani si recò all’ospedale di Imola  per un controllo e risultò avere un valore di 48%, sotto il 50% e quindi perfettamente in regola. Anche il valore delle piastrine del sangue era regolare. Eppure furono in pochi, allora, sui giornali a riportare la notizia. È lecito quindi avanzare seri dubbi sulla regolarità dei controlli effettuati a Madonna di Campiglio”.
“Diciamocela tutta: Pantani dava fastidio. Aveva rifiutato di andare in un grande  team, si era costruito una squadra da sé con compagni che si era scelto personalmente e con uno sponsor locale, la Mercatone Uno.
Prima di essere fermato a Madonna di Campiglio in quel Giro aveva fatto incetta di maglie, aveva vinto ben quattro tappe e si stava avviando verso la conquista del podio. Quell’anno voleva vincere tutto perché per molto tempo era stato perseguitato dalla sfortuna, da vari incidenti che ne avevano condizionato fortemente la carriera. Lui veramente si sentiva il migliore, ma sino al 1998 non ebbe la possibilità di dimostrarlo pienamente. Il suo primo allenatore sosteneva che se avesse avuto solo un pizzico di fortuna avrebbe conquistato quattro o cinque Giri d’Italia e altrettanti Tour de France. Fin da giovanissimo aveva grandi potenzialità”.

Mamma Tonina: “Ho rivisto mio figlio”

Per realizzare “Il Migliore” Paolo Santolini ha trascorso quattro mesi a Cesenatico, con Jumbo, gli altri amici e i familiari di Marco: “Non è stato facile essere accettato, soprattutto all’inizio, ma poi sono riuscito a parlare con tutti. Era comprensibile, si sentivano assediati e non compresi. Mamma Tonina quando ha visto il film prima che uscisse nelle sale cinematografiche al termine della proiezione si è girata dalla mia parte e mi ha detto: ‘Questa sera ho rivisto mio figlio’. Ha apprezzato il lavoro, si è trovata in sintonia rispetto a ciò che è stato raccontato”.

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Amava le sfide


Che idea si è fatta Paolo Santolini di Pantani dal punto di vista sportivo e caratteriale? “Fin da piccolo amava le sfide ed è per questo motivo che vinceva in quel modo che tutti sappiamo e piaceva ai tifosi”.
Nel documentario c’è anche lo spezzone dell’intervista che il giornalista Gianni Minà fece a casa di Pantani dopo i fatti di Campiglio: “Quello, si può dire, è il punto di svolta del documentario dove si capisce chi è stato veramente Marco Pantani”.
Capitolo cocaina. “Marco dopo i fatti di Madonna di Campiglio si era rinchiuso in stesso, si era sentito tradito e aveva deciso di rompere con il mondo intero. Aveva perso i suoi punti di riferimento ed era entrato in panico. Nella cocaina trovò un rifugio, un modo per resistere e continuare in qualche modo a vivere”.
Capitolo doping. Era praticato, lo utilizzavano quasi tutti nel ciclismo professionistico, ma anche in tanti altri sport: “Pantani era comunque il migliore. Se tutti fossero andati a pane e acqua sarebbe stato di gran lunga il più forte di tutti”.
Lealtà. Le immagini della rincorsa sulla salita di Oropa al Giro d’Italia del 1999: “Appiedato da una foratura, nessuno lo aspettò e, anzi, gli avversari cercarono di approfittarne. Lui fece quella rimonta pazzesca per rivincita, per orgoglio. Voleva dimostrare di essere il migliore. In un’altra tappa quando Ullrich forò, lui si fermò ad aspettarlo. Era fatto così. Un personaggio chiave è il suo primo allenatore, Pino Roncucci, direttore sportivo della Giacobazzi, che racconta di come quanto Marco, fin da piccolo, era una spalla sopra tutti. Un fuoriclasse. Insomma, era il migliore”.

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“La morte di un amico lo aveva profondamente interrogato”

Il mare d’inverno a Cesenatico, la neve sulla spiaggia, le uscite con la moto. C’è questo ed altro ancora nel film documentario di Santolini:
“Con questo lavoro ho voluto semplicemente raccontare Marco attraverso la voce e gli incontri di chi lo ha conosciuto, senza il filtro e le mediazioni dei giornalisti o degli addetti ai lavori. Non ci sono scene di gare e ho evitato le immagini più cruente di quando hanno trovato Marco morto nella camera del residence. Quelle scene non avrebbero aggiunto niente alla storia che mi premeva raccontare”.  
Ne “Il migliore” c’è anche un Pantani da riscoprire e il film presenta un caleidoscopio di sfumature, tanto che rivederlo più volte rivela nuovi aspetti e verità: “Ho scoperto che Marco era stato particolarmente colpito dalla morte prematura di Jader in un incidente automobilistico mentre andava a pescare, uno di quegli amici con i quali usciva spesso. L’ho raccontato nel film, mi sembrava importante”.
Un frammento della scena finale con un bambino che va a pescare con il padre (a Pantani piaceva molto pescare e spesso ci andava con Jader) pare una citazione di Andrej Tarkosvkij, autore che ha profondamente segnato la vocazione professionale di Santolini.

Per le foto: copyright Okta Film

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