ChatGPT: il piacere irrefrenabile della nuova Nutella

Viviamo l’esperienza della grande abbuffata tecnologica verso un nuovo modello di linguaggio. Lo stiamo mettendo alla prova in una sfida quotidiana elettrizzante. Ma si tratta di un fenomeno che riusciremo comunque a governare? Una cosa è certa: Per l’uomo pensante è una sfida aperta contro questa nuova formula di “banalità del male” come dice Noam Chomsky.


21 aprile 2023
Editoriale

©Jan Tichy – Ladies running across the street – Sony alpha 7M2

Con il perentorio ingresso sulla scena globale di ChatGPT, nuovo fenomeno di intelligenza artificiale nel campo dell’elaborazione dei nostri pensieri, è come se all’improvviso fossimo tornati bambini una volta scoperta la Nutella: un piacere irrefrenabile. Perché piace metterlo alla prova il ChatGPT per verificarne come se la caverà questa volta davanti alla nostra ennesima sollecitazione. E, constatiamo, che se la cava piuttosto egregiamente. La Nutella raramente tradisce le aspettative.

Non è un gioco

L’uomo è goloso di tecnologia. Comprensibile ed è anche sacrosanto che lo sia. Il progresso tecnologico fa il suo corso, mettergli i bastoni fra le ruote è sconveniente, realisticamente non serve. Questa volta l’impressione è che la sfida portata da ChatGPT e suoi fratelli si spinga molto in là. Per il momento la stiamo vivendo più che altro come un gioco; ma già sappiamo perfettamente che non lo è. I genitori davanti all’assalto continuo dei figli al barattolo di Nutella a un certo punto lo fanno sparire dalle loro grinfie. Un metodo di resistenza umana per salvaguardare la salute dei più piccoli. Ma lo stesso metodo si può applicare per contenere l’invadenza di questa nuovo modello di linguaggio? Lo sappiamo, le misure di contenimento difficilmente riescono a centrare l’obiettivo, soprattutto quando nella partita vi sono in gioco interessi giganteschi e colossi informatici che, quasi per definizione, non conoscono l’arte di rallentare.

©Cocu Liu – iPhone – Fotografo di Chicago, un maestro della luce, capace di catturare sagome affascinanti, ombre e riflessi

L’intelligenza naturale

E altresì vero che l’uomo, quale soggetto pensante in natura (visto che il contrario di artificiale rimane per definizione il termine naturale: suona ancora bene intelligenza naturale?), non è che possa farsi da parte e subire solamente l’affermazione delle tecniche di apprendimento automatico capaci di mettere insieme testi e discorsi e quant’altro con le parole.  Insomma, a farla breve: il cervello umano ha ancora una chance di rimanere protagonista della Storia? Può continuare a dire la sua con una certa autorevolezza? Questioni che appartengono più al campo della filosofia che della tecnologia. Seppur l’intelligenza artificiale vorrebbe assestare la definitiva spallata tracimando anche lì.

Le macchine rimangono macchine

Menti illuminati che non da oggi si interrogano su questa vicenda così dirimente non la liquidano con un’alzata di spalle. Trattano la materia dal solo punto di vista ragionevole, quello dell’io che pensa. Nella pratica: le tecnologie in ogni epoca hanno lasciato traccia e inciso (ad esempio, i vantaggi apportati dall’invenzione del telescopio sono evidenti a tutti); pertanto non sono in discussione in sé e dunque sarebbe stolto agitarsi in nome di una difesa d’ufficio contro il nuovo demone. D’altro canto, se permane indiscutibile la presenza sulla scena del mondo dell’io pensante, il compito (difficile, eh) è quello di adoperarsi per governarla. Appunto, non subirla passivamente o solleticarla per vedere l’effetto che fa. Le invenzioni vanno sempre governate, soprattutto questa che vorrebbe ambire sopra qualsiasi ambizione. Laicamente dovremmo riuscire a ribadire con convinzione un concetto essenziale: le macchine rimangono macchine. Punto. Realizzano performance vieppiù sorprendenti, che ci lasciano anche a bocca aperta. Però, non sfugga che restano macchine. Se perdessimo di vista tale consapevolezza vorrebbe dire la resa. Una trappola per topi. Una pantagruelica abbuffata nella Nutella con conseguenze glicemiche irreparabili. 

©Jan Tichy – Busy street – Sony alpha 7M2

L’assenza di moralità

Noam Chomsky, quello che viene definitivo il padre della linguistica generativa (vale a dire, uno studioso che s’intende della materia), vede il problema, mancherebbe altro, ma lo tratta senza cedere ad alcuna frenesia (come a dire: ne ho viste così cosa volete che sia). Ne ha dato conto recentemente sul “New York Times”. In quello scritto riconosce i notevoli balzi in avanti compiuti dall’intelligenza artificiale ma a suo dire essa non risolve (e meno male!) il problema dell’assenza moralità che è proprio l’handicap strutturale della macchina. Per Chomsky ChatGPT è un esempio calzante di banalità del male: l’immagine coglie nel segno. Efficace, pensante, morale. E aggiunge: «La mente umana è un sistema sorprendentemente efficiente e persino elegante che opera con piccole quantità di informazioni».

La mente umana in campo

Il professore sembrerebbe rassicurarci in forza di una rara competenza in materia. Resta da capire – e qui la mente umana non può esimersi dal dimostrarsi competitiva e vincente anche davanti all’attacco della macchina artificiale oggi più sofisticata – come l’uomo è in grado di governare la presenza di una “banalità del male” particolarmente insidiosa. Che certo avrà già risposto, nella formula che ritiene più esaustiva, alle considerazioni umane di Chomsky. La Nutella, anche quando viene nascosta, è sempre una magnifica tentazione. This is the problem… 

Alfred Hitchcock, regista cinematografico