Il rapporto fra criptovaluta ed economia: fuga dalla polis

Il piccolo El Salvador potrebbe essere il primo stato sovrano a dichiarare il criptodefault. Dal settembre 2021 in quello Stato il bitcoin ha affiancato il dollaro statunitense quale moneta a corso legale. Segnali dal nuovo mondo della finanziarizzazione dell’economia.
Che si vada verso una nuova frontiera è ormai una certezza.
Si tratta di capire quali implicazioni avrà l’utilizzo di strumenti virtuali sull’economia reale. La tecnologia, in questo delicatissimo campo (impatta su ciascuno di noi), morde il freno. Ed è destinata ad incidere sempre più nella costruzione di una nuova globalizzazione. Ma la posta in gioco è troppo alta?
Quali i rischi? Chi ci guadagnerà? Chi ci perderà? Domande incalzanti che valgono come moneta sonante


13 gennaio 2023
di Walter Ottolenghi

El Salvador, piccolo stato centroamericano a suo tempo al centro dell’attenzione per la sanguinosa lotta civile, la feroce repressione e il martirio del vescovo Oscar Romero, sta muovendo da alcuni anni i suoi incerti passi su un terreno più prossimo a quella che può essere definita normalità in quella particolare regione del mondo.
La novità di questi giorni è che si stanno accendendo i fari degli ambienti finanziari sulle voci di un possibile default del paese. Trattandosi di Latinoamerica la notizia sembrerebbe di normale amministrazione.
Ha invece, sempre che si verifichi effettivamente entro i prossimi mesi, i connotati di una primizia assoluta: si tratterebbe del primo criptodefault di uno stato sovrano.

La capitale di San Salvador collocata nella Boquerón Volcano Valley

Guadagnare nel mondo virtuale

El Salvador ha rinunciato da anni, come altri piccoli paesi, ad avere una propria moneta nazionale, utilizzando a tutti gli effetti il dollaro americano. Dal settembre ’21 il bitcoin ha affiancato il dollaro USA come moneta a corso legale nel paese. In termini pratici, come moneta che ognuno è obbligato ad accettare per i pagamenti o i crediti a lui dovuti.
Allo stesso tempo il tesoro dello stato acquistava gradualmente ingenti quantità di bitcoin.
Il problema è che da allora ad oggi la criptovaluta ha perso circa due terzi del proprio valore e si mette ora in dubbio la capacità del paese di onorare i propri impegni internazionali, naturalmente in dollari sonanti. Sarebbe un gran brutto colpo per i salvadoregni, che non navigano certo nell’oro.
Non sono molto chiari i motivi della mossa fatta lo scorso anno dal presidente Nayib Bukele, nonostante gli ammonimenti della Banca Mondiale nei riguardi dell’iniziativa. Si parla di una volontà di risparmiare sulle commissioni bancarie applicate ai trasferimenti delle rimesse degli emigrati dall’estero ma, in questo caso, il rischio dell’operazione è certamente sproporzionato rispetto alla posta in gioco. Si potrebbe forse ipotizzare la volontà, da parte di un giovane e dinamico presidente già impegnato in diverse iniziative imprenditoriali personali, di immettere il suo paese in un circuito iperinnovativo, tentando di guadagnare nel mondo virtuale quello spazio di indipendenza e sovranità monetaria che gli era precluso nel mondo reale.
Il sistema di una criptovaluta, semplificando al massimo, consiste nel bypassare la creazione di moneta operata dalle banche centrali, che avviene sulla base di calcoli di correlazione tra la moneta emessa e il reddito prodotto dall’area economica di riferimento (gli Stati Uniti per il dollaro, l’Unione Monetaria Europea per l’euro ecc.).
Questa correlazione di base viene in genere “aggiustata” dalle banche centrali secondo quelli che sono gli orientamenti contingenti, tipo, anche qui semplificando al massimo, il controllo dell’inflazione e/o il sostegno all’economia, tramite quella che si può definire “politica monetaria”.
È una delle forme insieme più sofisticate ed efficaci, nel bene come nel male, del governo della polis. Ricordiamo il famoso whatever it takes di Mario Draghi: tre semplici parole sulla direzione della politica monetaria furono in grado di rovesciare una prospettiva di disgregazione dell’Unione Europea che sembrava ad un passo dall’irreversibilità.
Implicazioni di una corretta politica monetaria sono, tra le altre, stimoli di equità sociale nei confronti dei governi e di collaborazione con i poteri degli stati nella prevenzione e nella repressione del riciclaggio e, in genere, della criminalità finanziaria.
La correttezza e l’efficacia della politica monetaria sono in genere direttamente proporzionali al grado di democrazia sostanziale degli ambiti di riferimento, democrazia della quale essa stessa dovrebbe costituire una colonna portante di garanzia e stabilità delle istituzioni.

Dorothea Lange, San Francisco – Disoccupati

Il metaverso monetario

Allo stesso modo l’efficienza di una politica monetaria può essere condizionata dal grado di sviluppo o arretratezza del sistema paese cui fa riferimento, non soltanto in termini esclusivamente economici, ma anche riguardo il funzionamento delle istituzioni, il livello culturale e l’onestà intellettuale di legislatori e governanti, la competenza, imparzialità e indipendenza della magistratura, l’equilibrio delle relazioni sociali e molte altre cose, come il sistema di governance delle imprese, la trasparenza dei mercati locali, la professionalità degli operatori della comunicazione ecc. 
Nel metaverso monetario queste correlazioni e queste forme di politeia non esistono.
La moneta, in questo caso la criptovaluta, viene creata tramite una tecnologia condivisa che pone in relazione i partecipanti al sistema per mezzo di un intreccio di validazioni e controlli reciproci la cui neutralità non è garantita da un’istituzione che si suppone tuteli gli interessi generali di una comunità, nazionale o sovranazionale, ma dalla tecnologia del blockchain applicata alla procedura e dal numero molto elevato di partecipanti che rendono in qualche modo, si passi il termine improprio, democratico e non influenzabile il sistema che tiene in piedi la creazione e la circolazione di moneta.
Il blockchain è, in sintesi, un sistema che garantisce la non modificabilità degli input immessi e, quindi, altamente affidabile per quanto riguarda la circolarità dei controlli sulla creazione e scambio di valuta.

Tutto bene? Il possibile substrato ideologico del sistema sarebbe che in questo modo ci si sottrae al dominio delle banche centrali e dei sistemi di pagamento interbancari.
Come minimo questo significherebbe risparmiare i costi di mantenimento di questi apparati.
Un obiettivo più strategico potrebbe essere quello di svuotare gradualmente di significato e di utilità un sistema monetario che si ritiene asservito a un disegno mondiale di dominio da parte delle aree economicamente più forti.
Tutto questo, peraltro, controbilanciato nei fatti dalla perfetta funzionalità del “criptoverso” alle transazioni “in nero” legate al mondo dell’evasione fiscale, della criminalità, della pedofilia, del traffico di droga, di armi, di organi ecc., in una potenziale alleanza di ferro con il dark web, lo spazio virtuale d’incontro di tutte queste attività oscure.
Parallelamente si è sviluppata un’attività assolutamente lecita e legale di speculazione e trading di criptovalute, attività praticamente a somma zero a livello sistemico perché nulla di vero né si crea né si distrugge, tranne il consumo di tempo, di energia e di memoria elettronica, ma creatrice di commissioni  e posti  di lavoro per nuovi professionisti dell’intermediazione o foriera di perdite per chi, come i poveri cittadini salvadoregni, pur  estraneo al giro rischia di ritrovarsi spolpato senza essersi nemmeno seduto al tavolo da gioco.
Qualcuno ha certamente guadagnato sulla loro pelle, ma è praticamente impossibile stabilire chi. Perché una conseguenza strutturale dello svincolo assoluto di un’unità monetaria dall’economia reale è l’estrema variabilità del suo valore, determinata sia dall’intensa attività speculativa che viene incoraggiata dalla sua stessa natura sia dalla aleatorietà delle attività che vi ricorrono come strumento di transazioni prevalentemente non identificabili e non controllabili.
In fondo siamo di fronte a un’estensione del metaverso, dove possiamo immergerci senza i condizionamenti della forza di gravità, dei limiti della forza fisica, del caldo e del freddo, della distanza e della fatica, dei batteri e dei virus, del sapore della birra e delle bistecche ecc.
Attività potenzialmente funzionale al nostro otium, intendendo con questo non solo uno spazio ludico ma anche una possibilità di estendere le nostre capacità cognitive e percettive, come avviene in certe forme di arte, e di aprirci a possibilità di progettazione svincolate dai limiti della fisicità, tanto per fare qualche esempio.
Potenzialmente disfunzionale, però, al nostro negotium, cioè quando la nostra umanità esige e pretende di stabilire relazioni impegnative con l’altro da sé.

Conviene comprare per affittare

Quale connessione

Fabrice Hadjadj ha parlato dei metaversi in un’ottica di relazione tra individuo e comunità durante un recente incontro al Centro Culturale di Milano (21 novembre 2022).
La cosa meriterebbe considerazioni ben più ampie di quelle possibili in questa sede, dove dobbiamo accontentarci di qualche accenno utile ad un inquadramento del nostro argomento.
In una fase introduttiva dell’incontro veniva posta l’antitesi di solitudine-comunità vs. isolamento-connessione, intendendo per connessione quella alle c.d. realtà virtuali.
Questo tipo di connessione dell’individuo sostanzialmente preclude la possibilità dell’avvenimento, perché nelle sue forme ormai più avanzate la connessione non è più soltanto mediata dalla tecnologia con altre individualità ugualmente connesse, ma è immediatamente immessa in una metarealtà, il cosiddetto metaverso, creato dal sistema e dai suoi programmatori.
L’individuo ne risulta pienamente connesso tanto quanto pienamente isolato. Ci può essere, per contro, una solitudine non isolata, ma piena di tensione verso il rapporto, direi piena di attesa, riempita dalla consapevolezza di essere “il solo” che può compiere un passo verso l’altro.
E un’immersione nella realtà reale che ci offre un universo di opportunità di scelte e di azioni, che siamo “i soli” e da soli a poter compiere, e che in quanto destinate a dar vita a un avvenimento, a un’interazione e a una relazione con l’altro, ci proiettano in un orizzonte vasto, in un mare largo, in una comunità, in una polis.
La connessione dell’isolato, invece, sostanzialmente mortifica questa chance di crescita dell’umano.
Ed analogo è, alla fine, il rapporto di una criptovaluta con l’economia. Più che un grado superiore di libertà, ecco una dissociazione pressoché assoluta dal valore del lavoro e dell’impegno, dalla produzione, dalla correttezza delle scelte politiche e dall’equilibrio e, possibilmente, dall’equità nelle relazioni internazionali.
Una fuga dalla polis.